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Cristo è morto dal freddo

Immagine presa dal web (http://www.ourfreetime.it/orwell/)

Non passa giorno che non arrivi qualche richiesta strana, non passa giorno dove non si sentano cose ancora più assurde e i social non fanno altro che amplificare la distrazione di massa. Come possiamo pensare di fare informazione se ognuno ha l’autorità di scrivere ciò che vuole e farlo passare per vero?

Ovviamente non voglio parlarvi di COVID-19, di vaccini, di terapie intensive ma semplicemente di impermeabilizzazioni. Possibile che crediate a tutto ciò che chiunque scrive? Possibile che non si riesca a pensare che le soluzioni miracolose sono delle truffe? Che i materiali più incredibili esistano solo nei cartoni animati? Eppure ogni giorno si vedono video di persone che spruzzano liquidi colorati spacciandoli per la panacea a tutti i mali o applicando i materiali tradizionali come fossero un pilota di rally nel mezzo di un duello.

Le impermeabilizzazioni sono una cosa seria, difficile da fare, richiedono lavoro costante, formazione continuativa e “sono 40 che faccio così e non ho mai avuto un problema” non vale per nessuno! Chi deve dichiarare la propria competenza in modo così assurdo dovrebbe essere cacciato a calci nel sedere. Eppure, ogni giorno, andando a vedere i disastri che sono stati fatti sulle coperture impermeabilizzate, sento dire le stesse cose. Ma non solo una volta. Molte e molte e molte altre ancora; e sempre dalle stesse persone.

Ma cosa c’è di così strano da dover pensare che le impermeabilizzazioni siano una cosa seria?

Perché non si riesce a vedere la professionalità in chi vi assiste? Questa non ha bisogno di prove curricolari, gli basta la semplice presenza in cantiere. Avete mai visto Renzo Piano andare in cantiere e dire “sono 40 anni che faccio così e non ho mai avuto un problema?”. Ma sul serio ci credete ancora?

Beh, sapete cosa vi dico: Cristo è morto dal freddo, che ci crediate o meno, più o meno in quel periodo, più o meno da quelle parti faceva freddo e lui era più o meno nudo. Sulla croce non c’è mai salito (perché faceva più o meno freddo) ed è rimasto come un barbone a dormire su una panchina alla stazione terminal di Gerusalemme coperto dai cartoni di Amazon.

Vi piace così la storia? Perché è questo che continuate a fare, cari committenti. E’ così che voi credete ad ogni panzana che vi viene propinata, basta che si aggiunga la frase “sono 40 anni che faccio così e non ho mai avuto un problema”.

Un professionista affermato, un professionista serio non ha tempo da perdere nel continuare, una, cento, mille volte a difendere la propria competenza. Un professionista serio vi dà la soluzione, vi dice come metterla in pratica e vi segue… ah, e vi chiede anche una parcella salata! Perché sapete, non tutti vivono d’aria e studiare costa fatica, tempo e denaro.

Ad aggiungere peso a queste mie parole ci sono coloro che pretendono il riconoscimento della propria professionalità nel proprio campo ma non si sognano minimamente di darla agli altri. Beh, cari signori, mi spiace essere così duro ma non mi lasciate alcun appiglio: o Cristo è morto dal freddo o voi dovete smetterla di comportarvi come persone di poco intelletto e cominciare a capire che i miracoli non esistono.

Mi ripeto e non mi spiace per questo: le impermeabilizzazioni sono una cosa seria. Se poi non vedete i calcoli estremi che gli ingegneri fanno per le strutture, se non vedete i fantasmagorici disegni che gli architetti fanno per i loro progetti o i dettagli incredibili che vengono sfornati da studi tecnici con scale 1:100 è perché non avete mai chiamato un tecnico serio. Uno specialista nelle impermeabilizzazioni vi disegna il dettaglio di ciò che deve essere impermeabilizzato. Non essendovi una normativa uniformata sull’argomento, non esiste una procedura univoca. C’è chi li disegna in scala, c’è chi li fa in 3D, che chi (come il sottoscritto) non li fa in scala per evidenziale la parte della stratigrafia impermeabile in mezzo a stratigrafie complesse. In ogni caso, i dettagli applicativi devono essere prodotti se volete che la copertura venga impermeabilizzata correttamente.

Quindi, vi prego, basta con la carta catramata, basta con il prAimer (si scrive primer), basta con i materiali che con una passata fanno il miracolo, basta con l’approssimazione.

Ricordate, anche se non vi sembra, la copertura che vi difende dall’esterno e dagli agenti atmosferici, difende anche la struttura dentro la quale state e se non la impermeabilizzate correttamente, prima o poi vi cadrà sulla testa. E se vi viene da dire “ma tanto cosa vuoi che succeda, chissà quanti anni ci vorranno”, chiedetelo ai parenti delle vittime di Ponte Morandi (già…. l’acqua è veicolo di degrado, di carbonatazione, è solvente per i sali che corrodono i ferri di armatura, è degradante primario quando si congela, etc.).

L’acqua è vita ma è anche morte. Sta a noi decidere come si dovrà comportare. Basta scuse e basta continuare a buttare via soldi in soluzioni inutili. Piuttosto che fare un pessimo lavoro, non fate nulla, perlomeno avrete risparmiato soldi.

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La Pulizia come preparazione del supporto da impermeabilizzare

Come ben sappiamo la preparazione del supporto è un momento fondamentale nella realizzazione di un sistema impermeabile che possa durare nel tempo al pari dello strato di protezione meccanica finale.

Troppo spesso viene ignorato che una delle preparazioni del supporto è la pulizia delle superfici, perché, in base al tipo di materiale utilizzato ed al supporto preparato, la presenza di componenti estranei potrebbe creare difficoltà sia nella posa sia nella successiva manutenzione.

Ad esempio: se trovassi tracce di olio minerale su un supporto in cemento e lo impermeabilizzo con una guaina bituminosa, non avrò molti problemi, ma se devo utilizzare un prodotto liquido, allora mi troverò di fronte ad un guaio piuttosto serio, quell’olio fungerà da distaccante per il manto impermeabile causando debolezza all’intero sistema.

Fin quando si tratta di una macchia i problemi sono pochi, il danno creato è limitato, ma quando lo sporco è diffuso? In questo caso dobbiamo per forza utilizzare un sistema di pulizia, esattamente come se trovassimo le superfici inquinate da efflorescenze di varia natura. Se non puliamo non potremo avere un sistema impermeabile che duri più di pochi giorni (in modo particolare con i sistemi non bituminosi).

Vediamo quindi quali sono le indicazioni che vengono normalmente dettate dai produttori. Le immagini che seguono sono tratte dalle schede tecniche di produttori di materiali liquidi per impermeabilizzazioni, noterete come diano prescrizioni generiche. L’unica cosa su cui sono sempre d’accordo è che il supporto deve essere perfettamente pulito, ogni altra indicazione sulle metodologie deve essere data da chi produce i detergenti.

Immagine 1

Nella prima immagine la richiesta è quella di lavare il supporto da impermeabilizzare con Soda Caustica e risciacquare abbondantemente.

L’argomento soda caustica lo tratteremo in seguito, per ora poniamo l’accento solo sulla richiesta del risciacquo dove si vuole ottenere la totale eliminazione di qualsiasi residuo di soda caustica.

Immagine 2

Nella seconda, oltre alla mancanza di tracce di sporco, viene consigliato di eseguire un lavaggio con detergenti specifici e acqua in pressione. In questo caso viene prescritto anche l’uso di macchinari specifici, si richiede l’uso di un’idropulitrice, e successivamente di rimuovere ogni residuo di acqua di lavaggio.

Immagine 3

Nel caso della terza immagine il produttore specifica, come gli altri, che le superfici debbano essere sgrassate e, visto che lo vende, inserisce anche il nome di un prodotto. Interessante il fatto che l’alternativa a quel prodotto sia un’abrasione meccanica ed una pulizia con “apposito aspiratore industriale” ma non definisce cosa sia questo aspiratore “industriale”.

Immagine 4

La quarta ed ultima immagine (sono solo una piccola selezione di tutte le raccomandazioni che potreste trovare sul mercato) specifica che la pulizia deve essere fatta mediante idrolavaggio, idrosabbiatura o leggera bocciardatura indicando tre sistemi molto diversi tra loro.

Per capire cosa si intenda per pulizia, è il caso di dare alcune definizioni di processo: la parola lavaggio non ha sempre lo stesso significato nei diversi settori in cui si lavora. Per questo motivo, di seguito inseriamo un piccolo elenco di operazioni e a cosa servono, oltre a quali attrezzature sono necessarie per eseguirle:

  • Spazzatura: si tratta di togliere tutto ciò che si può rimuovere con mezzi manuali (scopa, spazzoloni, etc.) in modo sommario, di solito si tratta di residui grossolani e sabbie;
  • Depolveratura: è un approfondimento della spazzatura, dove oltre ai residui grossolani, bisogna rimuovere totalmente anche la polvere e gli elementi sfarinati. Per questa operazione si possono usare due strumenti: l’idropulitrice o l’aspirapolvere;
  • Lavaggio: lo scopo non è togliere ciò che è appoggiato sul supporto ma ciò che si è ancorato al supporto; lo si può eseguire a secco o ad acqua e spesso riguarda l’asportazione di macchie di elementi minerali (cemento), di grassi (minerali o organici), rivestimenti sottili (macchie di vernice, etc.);
  • Levigatura: si tratta di rimuovere meccanicamente uno strato molto sottile di supporto ed in base all’abrasivo che si usa si può ottenere una superficie più o meno scabrosa. Si possono usare sia sabbiatrici, sia pallinatrici, sia monospazzole, sia spazzole abrasive. In questo genere di pulizia spesso si rimuovono anche le parti incoerenti del supporto o le parti ossidate dei metalli.
  • Asportazione strato corticale: richiede un’approfondita lavorazione sul supporto, dove viene richiesto non di lavare ma di asportare uno strato con uno spessore dichiarato del supporto. Normalmente lo si usa per la rimozione di vecchi trattamenti che non sono diluibili con acqua e/o altri solventi. Si usano le bocciardatrici, mole di vario genere, spazzole abrasive in acciaio di spessori diversi.

Dopo aver letto queste definizioni vi chiederei se adesso avete capito come operare secondo le indicazioni dei produttori come quelle riportate sopra. La risposta, immagino, è che se prima c’era confusione adesso è aumentata.

I detergenti

Parliamo allora di detergenti, chiedo scusa se useremo dei termini impropri ma lo scopo è quello di spiegare come eseguire una pulizia e non fare una lezione di chimica.

I detergenti sono dei prodotti chimici che hanno lo scopo di rimuovere chimicamente le sostanze ancorate chimicamente o meccanicamente su un supporto. Senza entrare nella loro composizione, li divideremo arbitrariamente in due categorie: acidi e basi, in base al loro pH.

Gli acidi servono principalmente a rimuovere elementi minerali come il cemento, la calce e tutti i prodotti da essi derivati; le basi, invece, si usano come sgrassanti e secondo la loro formulazione sono più adatte ai grassi minerali (olio motore) o quelli alimentari (olio, strutto, burro, etc.). A differenziarsi da questi ci sono i solventi e i prodotti alcolici che però hanno degli utilizzi specifici ben dichiarati.

La prima cosa che dobbiamo individuare è la concentrazione del nostro prodotto detergente. Per sua natura è sempre diluito con l’acqua (salvo i solventi ed i prodotti alcolici) ed è proprio la sua quantità che ne determina l’efficacia, la modalità d’uso ed il costo del prodotto.

La seconda è leggere attentamente sia la scheda tecnica, sia quella di sicurezza. I detergenti, specie quelli più aggressivi, sono sempre pericolosi ed è necessario proteggersi adeguatamente prima di utilizzarli, come vanno protette le superfici da non trattare.

Nella scheda tecnica, inoltre, scopriamo esattamente come usarlo, come diluirlo per l’uso, a che temperatura deve essere l’acqua di diluizione, quali temperature d’esercizio sono necessarie per il loro funzionamento corretto.

Le attrezzature

I problemi veri e propri iniziano quando dobbiamo decidere che tipo di lavaggio fare perché si sciolgano i grassi (ricordiamo che l’inquinamento porta a depositarsi grassi sulle superfici) e si possano anche pulire i residui cementizi. Per ovvi motivi non faremo due lavaggi distinti con due detergenti diversi, e scordatevi di pensare che esistano prodotti che possano funzionare perfettamente in ambo le situazioni. Semplicemente adotteremo delle attrezzature che ci permetteranno di sciogliere la parte grassa ed abradere quella minerale. Per farlo ci sono diverse tecniche e attrezzature. Vediamo le principali.

La più semplice e sempre praticissima è la spugna abrasiva.

Oggi la troviamo con un supporto plastico con il quale si può scegliere l’abrasivo che più si adatta alle nostre esigenze da applicare. Si trovano nei magazzini edili o nelle ferramenta, sono molto pratiche per esercitare forti pressioni puntuali. Forti perché il braccio di un operatore edile riesce a scaricare a terra svariati KN, cosa che nessuna macchina potrà fare su un punto specifico.

Bella, facile ma da usarsi per piccolissime superfici o per punti delicati come gli angoli dei pavimenti.

Non provate ad usarla per fare più di un metro quadrato, il lavoro verrebbe fatto male, approssimativo e vi stanchereste oltre modo.

Per le operazioni di piccola media dimensione esiste la monospazzola, con la quale si può usare la stessa tipologia di abrasivo che useremmo con il supporto plastico. Di particolare utilità, per determinati tipi di pavimentazione, vi è la possibilità di usare una spazzola che può essere sintetica, naturale o metallica.

Con alcuni modelli esistono accessori che sono formati da spazzole in cui filamenti sono dei tondini del 6. (l’ho usata, vi posso garantire che è pesante e la schiena ne subisce gli effetti negativi se non si sa usare).

Se le superfici sono enormi, immaginatevi i capannoni da trattare con resine, è il caso di adoperare delle vere e proprie vetture. Si tratta di lavasciuga o lava-asciuga.

Sono macchine che combinano l’abrasione con l’aspirazione lasciando il pavimento perfettamente asciutto, pronto per i trattamenti (beh, quasi perfettamente asciutto, un po’ bisogna aspettare).

Se escludiamo l’uso di questa macchina, dobbiamo sempre ricorrere ad un altro strumento: l’aspiraliquidi. Si tratta di un aspiratore capace di inglobare liquidi.

In base alla soluzione detergente usata, dovete avere l’accortezza di avere un aspiraliquidi che sia in grado di sopportarla. Ad esempio non ne useremo mai uno metallico se operiamo con acidi molto forti, mentre va benissimo nel caso della soda caustica.

Vediamo quali sono le corrette procedure per eseguire le due tipologie più comuni di pulizia, a mano e con monospazzola: queste coprono circa il 70/80% delle casistiche che vi troverete ad affrontare.

Lavaggio a mano

Come detto viene fatto per piccolissime aree: si può trattare di angoli di pavimenti o cimose di teli sintetici da pulire prima della saldatura. Per eseguirla correttamente è necessario avere un secchio con la soluzione detergente, già preparata perfettamente, ed un secchio con acqua pulita per il lavaggio della spugna/spazzola, tra uno strofinamento e l’altro.

Il pericolo maggiore che si corre con questo metodo di lavaggio è quello di spostare lo sporco da un punto ad un altro o di non eseguire un risciacquo accurato lasciando una patina continua di sporco o di detergente. Ciò potrebbe portare a distacchi del manto in un immediato futuro.

Lavaggio a macchina

Se usiamo un macchinario, invece, il pericolo è quello di non riuscire ad approfondire il lavaggio.

Useremo quindi la tecnica dell’ammollo.

Esattamente come faceva la nonna con le lenzuola bianche, si mette il supporto a bagno. Si stende la soluzione di acqua e detergente e la si lascia agire. Prima che si asciughi, si passa la monospazzola diluendo leggermente la soluzione a terra con acqua. Successivamente, con buona lena ed organizzazione, la soluzione a terra, che a questo punto contiene anche lo sporco, deve essere aspirata velocemente.

Punti particolari

Come avete visto prima, le macchine possono essere usate con abrasivi, spazzole, fino a veri e propri ferri d’armatura, ma la scelta dipende da cosa vogliamo pulire e perché. Uno dei punti critici è, nelle pavimentazioni piastrellate, la fugatura sporca di grasso. In questo caso non possiamo lavorare manualmente perché non servirebbe a nulla abradere uno sporco penetrato all’interno dello stucco, non è superficiale. Allo stesso tempo non possiamo lasciarlo lì perché potrebbe staccare il nostro manto fatto con un impermeabilizzante liquido. Useremo una spazzola realizzata con ferri sottilissimi (filamenti) ed un detergente fortemente sgrassante. Con la monospazzola, il detergente ed il successivo aspiraliquidi saremo in grado di pulire anche queste zone in modo accurato.

Un altro punto particolare che non viene mai preso in considerazione è l’angolo che si forma tra i muri. Tutte le macchine hanno problemi ad arrivarci in quanto o utilizzano dei dischi, che notoriamente sono tondi, o diventa pericoloso arrivarci con acqua a pressione. Per pulirli si può ricorrere ad operazioni manuali, se sono pochi, altrimenti dovremo adottare delle apparecchiature puntuali che ci permettano di lavorare bene ed in sicurezza in queste zone di differenza geometrica.

La soda caustica

E’ una questione da non sottovalutare. La soda caustica è un potente sgrassante e depolimerizzante, tanto che si usa all’interno dei detergenti per i forni, è in grado di sciogliere il grasso bruciato uno dei più difficili da pulire. Però è pericolosissima, non possiamo sottovalutare il rischio per l’operatore e per tutto quello che toccherà durante le lavorazioni. Inoltre è molto difficile da sciacquare e, in fase di asciugatura, facilmente ne rimarrà aderente alle superfici dove si appoggia rischiando di creare danni anche in futuro sia alle cose sia alle persone (ricordiamo che è fortemente corrosiva per tutto ciò che è organico).

Se possibile è sempre meglio evitare prodotti quali la soda caustica, l’acido cloridrico e l’acido solforico.

Esistono dei preparati, che hanno le giuste caratteristiche, studiati per svolgere il lavoro che vi serve e, per rintracciarli, dovete uscire dal vostro settore ed entrare in quello delle pulizie. In questo mondo i rappresentanti sono anche i rivenditori (sono quasi tutti agenti con deposito) e possono dare le giuste risposte alle vostre esigenze.

Il risciacquo

Che voi usiate un detergente o un altro cambia poco, è necessario che venga perfettamente risciacquata la superficie da trattare. Per farlo si deve operare con la stessa strumentazione che si è usata per il lavaggio ma cambiando la parte abrasiva (se era presente), utilizzandone una nuova o perfettamente pulita. Il risultato da ottenere è la totale eliminazione di ogni traccia di sporco e di detergente.

Se si usa acqua ad alta pressione è piuttosto facile, si fa una seconda passata senza l’aggiunta di detergente nell’idropulitrice e si ottiene il risciacquo (attenzione che il getto di acqua non generi ristagni o controflussi); se si usano le monospazzole, invece, è necessario ripassare con la stessa ma cambiando il disco abrasivo ed utilizzandone uno nuovo; stessa cosa se si fa a mano.

Dal momento che il risultato si ottiene con abbondante spargimento di acqua, si consiglia di operare sempre in due: uno che distribuisce acqua pulita (il più puro possibile) e l’altro che, con stivali in gomma, ripassa completamente tutte le superfici. Questa tecnica si usa anche con le lavasciuga, perché l’aspirazione potrebbe non aver asportato tutto il residuo di detergente.

Per il risciacquo a mano, consiglio di utilizzare acqua distillata o demineralizzata. Questa ci velocizzerà le operazioni di sciacquatura e ci darà la certezza della pulizia desiderata. Prima che diciate che lanciamo proposte impossibili da utilizzare, vi ricordiamo che potete raccogliere la condensa dei condizionatori ed avrete un’acqua molto pura e gratuita.

Se le procedure così descritte vi sembrano eccessive, ricordate che chi fa pulizie professionali le usa quotidianamente, soprattutto se devono fare trattamenti ai pavimenti (cere, resine epossidiche, PMMA, poliuretaniche, etc.).

Si tratta solo di entrare in un’ottica diversa ma non lontana dal lavoro che ognuno fa: accuratezza e cura dei dettagli in ogni operazione.

Speriamo di avervi chiarito qualche idea e di avervi fatto capire che la pulizia del supporto non può essere considerata una mera operazione opzionale ma è qualche cosa di estremamente importante.

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La scelta – i documenti

Gli ultimi periodi sono stati abbastanza convulsi, tra problemi lavorativi e personali, e non sono riuscito a scrivere molto sul blog, mi dispiace. Nonostante questo, mi continuano ad arrivare richieste nella trattazione di temi importanti, che spesso, se decontestualizzati, vanno bene per tutto il mondo dell’edilizia e non solo per quello delle impermeabilizzazioni.

Quello che tratto in questo articolo riguarda la scelta dei materiali; non si tratta di una disamina di una tecnologia piuttosto che di un’altra, sapete benissimo che io non mi lego a prodotti o marche, ma di come arrivare alla consapevolezza che effettivamente il materiale scelto (o i materiali scelti) sia quello perfetto per le nostre esigenze.

Infatti la cosa più difficile da fare è sempre scegliere. In qualsiasi cosa facciamo dobbiamo porci delle domande che porteranno conseguentemente a risposte che ci permetteranno di fare scelte.

COME FACCIAMO LE SCELTE

Spesso se non siamo preparati chiamiamo l’amico, il collega; più raramente chiediamo a qualcuno con cui abbiamo avuto a che fare in passato ma che riteniamo competente; se si tratta di lavoro, prima cerchiamo tra le nostre amicizie su Facebook o, se siamo veramente professionali, su LinkedIn e poniamo il quesito sperando che ci diano una risposta seria, professionale ma soprattutto gratuita.

Insomma, il problema della scelta è un labirinto di Cnosso dentro il quale dobbiamo orientarci ed evitare di incontrare il minotauro. Per questo siamo sempre più propensi ad affidarci ai blog (anche voi lo state facendo in questo momento) di influencer (non il sottoscritto che ha solo 15 lettori) che riteniamo… o meglio che altri ritengono essere il più tosto che ci sia nel settore.

Non importa che età ha (e di questo ve ne rendo merito) ma non importa neanche quale sia il suo curriculum, i suoi studi, le sue attività; l’importante è che abbia almeno 5 stelle nelle recensioni, perché noi oramai viviamo di recensioni e il nostro giudizio critico è affidato agli altri.

Eppure esiste un altro modo per scegliere: studiare!

Lo so, avete ragione, non è possibile studiare ogni cosa, sapere tutto e saperlo subito! Eppure è fondamentale, soprattutto se di quelle scelte sarete poi i responsabili.

Se restringiamo il campo ai soliti progettisti o applicatori o imprese, chiederemo a chi siamo sicuri che la materia la conosca: il rappresentante! (oggi vengono chiamati anche tecnici commerciali o in altri coloriti modi ma sempre venditori sono). Nulla di male, chi vi scrive l’ha fatto per svariati anni. Eppure il rappresentante ha dei fortissimi limiti: gli ordini aziendali ed il proprio listino.

Quando decidiamo di fare un lavoro dobbiamo documentarci e studiare

Quando decidiamo di fare un lavoro dobbiamo documentarci e studiare ciò che ci viene messo a disposizione per poterlo eseguire: in primis, è vero, chiamiamo i rappresentanti di una determinata tecnologia e facciamoci consigliare i prodotti idonei (se non li conosciamo già) e facciamoci dare la documentazione a riguardo; secondo, prendiamo la documentazione e la studiamo attentamente, cercando di trovare il prodotto, o i prodotti, che meglio si integrano nella struttura che stiamo costruendo e che meglio si adattano agli sforzi che dovranno sopportare. Tutto questo perché finalmente si possa avere un lavoro a regola d’arte.

Ah, dimenticavo: leggete anche i blog di quelli veramente competenti (ci sono, basta cercarli) e imparate da questi; se poi dovete contattarli, ricordatevi che per loro questo è il lavoro, quindi evitate di chiedere consigli gratuiti, soprattutto se poi voi ci guadagnate su quel consiglio.

Ok, abbiamo capito quale potrebbe essere la procedura decisionale: non il vil denaro ma le caratteristiche tecniche del prodotto!

I DOCUMENTI NECESSARI

A questo punto dove troviamo i dati necessari per capire quale sia questo benedetto prodotto: beh, i produttori sono obbligati a creare tre documenti che devono mettervi a disposizione: DEVONO! Alcuni verranno consegnati su richiesta, altri devono assolutamente seguire il prodotto.

LA SCHEDA TECNICA (o ST detta anche Technical Sheet – TS)

LA SCHEDA DI SICUREZZA (Safety Data Sheet … questa volta l’acronimo inglese ed italiano è lo stesso)

LA DICHIARAZIONE DI PRESTAZIONE (DdP detta anche Declaration of Performance – DoP)

Si tratta di tre documenti che sono obbligatori per legge; non una norma volontaria (volgarmente detta UNI) ma in forza di Decreti Legge, Leggi, o Decreti Legislativi e che nascono per rispondere a direttive o regolamenti europei che si sono modificati nel tempo.

LA SCHEDA TECNICA

Si tratta di un documento che potremmo trovare diviso in due parti, una sul prodotto in veste di etichetta ed una cartacea; le aziende produttrici sono solite mettere in etichetta i dati necessari e di creare delle schede cartacee più complete; la normativa di riferimento su questo documento è il “Codice al Consumo” – D.Lgs. 206/2005 e ss.mm.

Questa scheda deve contenere i dati fondamentali del prodotto, tra cui il nome del produttore (o rivenditore), la sua sede ed il contatto tecnico per chiedere le informazioni necessarie; allo stesso tempo deve contenere tutte le prescrizioni per la posa corretta del prodotto e l’etichettatura di pericolo.

Quindi se trovate una scheda tecnica che non prevede le istruzioni di posa, diffidate o del prodotto o dell’azienda che lo vende.

La cosa particolare che troviamo spesso in queste schede è la dicitura finale identificata come “Note legali”: i dati forniti in questa scheda sono forniti in base all’esperienza … bla bla bla… e nessuno garanzia è data!

Se da una parte siamo d’accordo (ne ho già scritto svariate volte), perché il produttore non può essere responsabile di come l’acquirente lo usa – per intenderci se compriamo un sacco di cemento e lo tiriamo in testa ad una persona, il produttore nulla c’entra – dall’altro non è vero! La normativa prevede chiaramente che il produttore debba spiegare le metodologie d’uso in particolare “… istruzioni, precauzione e destinazione d’uso ove utili ai fini della fruizione e sicurezza del prodotto.” Mi sembra che sia molto chiara, il produttore mi deve dire come utilizzare il suo prodotto … e chi altri potrebbe dirmelo?

La questione che si pone non è tanto sulle istruzioni, che i produttori più seri o avveduti danno, ma circa l’incompatibilità con altri materiali o applicazioni. Sappiamo benissimo che ci sono prodotti che vengono proposti per qualsiasi tipo di applicazione, anche senza che questa abbia un senso… poi, con la dicitura finale della scheda tecnica, il produttore si lava le mani pilatamente.

LA SCHEDA DI SICUREZZA

Si tratta del più antico documento obbligatorio in Europa; nasce con la Direttiva 27/06/1967 n° 548, recepita con D. Lgs. 52/97 (sì, ci abbiamo messo solo trent’anni a recepirla, mi ricordo il momento in cui avvenne); questa Direttiva è stata poi modificata nel tempo con la DIR. 99/45/CE, poi il REG. 1272/2009/UE e con il REG. 453/2010/UE. In particolare vi consiglio di leggere l’articolo 14 nel quale viene spiegata nel dettaglio la scheda di sicurezza.

Si tratta di un documento fornito per la sicurezza degli operatori: vi sono compresi la composizione chimica del prodotto (salvo non sia provata la necessità di difesa di proprietà intellettuale), le frasi di rischio e sicurezza (le R e le S), le informazioni di primo soccorso, di stoccaggio, cosa fare in caso di diffusione nell’ambiente e tante altre utilissime informazioni.

Quelle che maggiormente ci interessano sono le informazioni riguardanti la composizione chimica ed i valori fisici (peso specifico, etc.). Da questi dati possiamo assolutamente valutare l’adeguatezza del prodotto e la corrispondenza della Scheda Tecnica alla realtà.

Inoltre nella SDS troviamo anche i riferimenti del centro antiveleni nei quali reperire tutte le informazioni in caso di ingestione del prodotto. Per questo motivo, questa scheda deve sempre seguire il malato in caso d’intervento al pronto soccorso, e quindi essere presente in cantiere.

Piccola nota per i responsabili della Sicurezza di Cantiere: io non ho mai visto un cantiere con una raccolta delle SDS, a mio parere è un’ovvia mancanza di quanto richiesto per la salvaguardia della salute sul posto di lavoro: questa contiene tutte le informazioni per valutare non solo la qualità del prodotto (analisi indiretta sui dati) ma anche la pericolosità degli stessi e per quale motivo sono pericolosi. Non affidiamoci solo alle etichette dei prodotti perché i sacchi, secchi e confezioni varie sono troppo spesso danneggiate.

DICHIARAZIONE DI PRESTAZIONE

Recentemente introdotta con il D. Lgs. 106/2017, a recepimento del REG 305/2017/UE che sostituisce la vecchia direttiva sui materiali da costruzione che aveva introdotto il marchio CE.

In particolare, per quanto ci riguarda, possiamo riassumerla in due punti cardine:

  1. vi è responsabilità del produttore sulla rispondenza del prodotto ai dati scritti e
  2. bisogna dare una descrizione in base alla “caratteristiche essenziali del prodotto”.

Il primo punto ci dichiara che se il prodotto non corrisponde al DoP allora chi deve pagare è il produttore (ma chi lo deve dimostrare è chi promuove la causa) perché il prodotto deve essere descritto, secondo punto, nelle sue caratteristiche essenziali nel documento.

Questo cosa vuol dire? Che il prodotto viene raccontato per punti essenziali (attenzione, solo quelli essenziali) e per numeri essenziali. Attenzione, questa parola, “essenziale”, è una ripetizione voluta; non si tratta di scrivere ciò che per noi è importante ma ciò che è il cuore del prodotto; spesso i dati che vogliamo dobbiamo cercarli da altri parti; inoltre non siamo noi a decidere ciò che è “essenziale” ma i produttori e non sempre c’è visione comune su questo.

Questo documento, unito agli altri due, deve dare un quadro esplicativo molto chiaro e capace di permetterci di capire a fondo il prodotto.

Ma quando ci sono dei problemi di compatibilità tra i dati? Beh, dobbiamo dare retta ai documenti in ordine inverso all’elenco qui proposto, quindi prima il DoP, poi la SDS e poi, per ultima, la ST.

Perché questo? Perché noi principalmente cerchiamo dati tecnici, che sono descritti nel DoP, e poi secondariamente quelli relativi alla sicurezza.

Il punto è che la Scheda Tecnica, il documento più usato nelle scelte, è quello nel quale è permesso raccontare balle! Non cose estreme ma le cosiddette “Verità Commerciali”, ossia il modo che hanno i venditori di imbonire l’acquirente perché acquisti il loro prodotto.

Alla fine di questo racconto quale insegnamento possiamo trarne?

Va bene rivolgersi alle conoscenze, va bene studiare su internet, va benissimo chiedere consiglio ai colleghi sui gruppi di Facebook, ma siamo noi e solo noi i responsabili delle nostre scelte, dobbiamo essere sicuri di quanto prescriviamo o proponiamo e l’unico modo è studiare; chi propone una tecnologia o un prodotto è responsabile per la scelta. Se ci viene proposta commercialmente, fate in modo che vi sia traccia scritta del consiglio, se vi viene imposta e la ritenete scorretta, ponete le vostre rimostranze per iscritto; in ogni caso, per la giurisprudenza il responsabile principale è sempre il posatore (indipendentemente da chi ha proposto il materiale o la tecnologia) ed in seconda battuta i professionisti. Quasi mai la committenza. Per questo motivo evitate che possano mettere bocca nelle vostre scelte; allo stesso tempo facciamo in modo che ognuno svolga il proprio compito senza che vi siano interferenze. In particolare mi rivolgo ai posatori o alle imprese: se scegliete, automaticamente progettate, state molto attenti a ciò che proponete e non abbiate paura di fare commenti scritti su quanto progettato; se non lo fate, automaticamente lo accettate e ve ne prendete la responsabilità.

Per concludere vi lascio con una riflessione: diffidate di quelli che “è il miglior prodotto del mondo” o “non ha mai fallito” … <<Cuiusvis hominis est errare: nullius nisi insipientis, in errore perseverare>> – Qualsiasi uomo può cadere in errore, solo l’insipiente persevera in essa. (Cicerone – Filippiche XII 2, 5)

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La guaina bituminosa, questa bistrattata (e sconosciuta?)

La guaina bituminosa, questa bistrattata (e sconosciuta?)

 

Quante volte avete sentito dire: <<ma non si preoccupi, noi usiamo altre tecnologie, mica la carta catramata, quella è vecchia e non funziona>>.

Si sente sempre più spesso. E’ vero? Ci sono davvero sistemi miracolosi? Davvero non è possibile avere un tetto che non perde con la cara e vecchia guaina?

 

Per prima cosa spieghiamo una regola vitale: non esiste un materiale panacea che va bene ovunque. Ci sono solo situazioni che vanno studiate. La cosa migliore è trovare qualcuno che sia in grado di discernere tra un materiale e l’altro. Se avrete la pazienza di leggere vi spiegherò quali sono i piccoli segreti dei materiali che comporranno il Sistema Impermeabile della vostra copertura, qualunque essa sia.

 

E’ vero che la guaina non funziona?

 

La risposta è NO! La guaina bituminosa funziona benissimo! Prima che vi dicano che non ci sono prove di quanto duri questo sistema di creare impermeabilizzazioni o che la guaina bituminosa faccia marcire il legno, sappiate che i testi più antichi spiegano come usare la pece di bitume per impermeabilizzare navi e tetti; tra questi vi è la Bibbia. Penso che una referenza migliore non possa esistere! Se poi siete tra coloro che non la considerano un libro degno di nota, ci sono le tavolette di argilla babilonesi che spiegano come realizzare i giardini pensili dell’antica Babilonia.

Insomma, il bitume è il più antico materiale usato per impermeabilizzare le strutture. Perché?

 

Perché il bitume funziona bene?

 

Il bitume è un materiale che ha vari punti a suo favore: innanzitutto è il rifiuto della raffinazione del petrolio; è l’ultima frazione che si ottiene dopo aver tolto tutto quanto possiamo togliere dal petrolio per gli usi più interessanti. E’ un modo per riciclare un materiale che altrimenti verrebbe buttato in chissà quali modi.

Il bitume è un materiale che cambia il suo comportamento in base alle temperature: quando fa molto caldo ha un comportamento particolarmente plastico, quando fa molto freddo è particolarmente elastico. Quindi quando lo scaldiamo lo possiamo modellare come ci pare (ma serve il fuoco), facendo sì che mantenga la forma data, e quando si raffredda tende a tornare sempre alla forma che gli è stata data.

Attenzione, tende…… non è sempre così ma se ci ricordiamo di progettare molto bene sia i dettagli sia la posa di questo materiale, possiamo dire che problemi non ce ne saranno.

Grazie a questa sua caratteristica, il bitume è prefabbricabile nelle forme più incredibili e che possono esserci utili! La più comune è quella del rotolo che viene scaldato con il fuoco sul tetto. Questo rotolo non è fatto solo di bitume (è l’ingrediente principale) ma contiene additivi che rendono il bitume più o meno reattivo, più o meno plastico, etc.; soprattutto possiamo dargli un rinforzo con caratteristiche di resistenza meccanica incredibile: l’armatura!

 

Esistono i sistemi miracolosi?

 

“Allora se queste caratteristiche sono così interessanti, perché ci sono persone che dicono che non funzionano?”

Mi spiace dirlo ma il motivo è che devono vendere il loro sistema, quello per cui hanno investito migliaia di Euro, e questo non è di tipo bituminoso.

Purtroppo non venendo scelto il sistema impermeabile da un progettista specializzato, spesso ci dobbiamo fidare di qualcuno che ha interesse ad usare solo quello che è il prodotto o la tecnologia posseduta.

Ogni tecnologia ha un suo indirizzo di utilizzo specifico; possono sovrapporsi ma ognuno ha le sue indicazioni di posa che vanno seguite rigorosamente. Tra queste vi è l’umidità del supporto che quasi mai viene rilevata prima della posa.

Come abbiamo detto non esiste un sistema panacea ed altrettanto non esiste un’azienda che è in grado di usare tutte le tecnologie! NON ESISTE! Inutile che il personaggio che avete di fronte si spertichi in spiegazioni di corsi fatti, si seminari seguiti, di anni e anni di test… semplicemente non è vero!

Ci sono applicatori che governano più sistemi. Tutti? Nessuno! Semplicemente perché è impossibile!

Quello che possiamo trovare è qualcuno che ci spieghi perché usare una tecnologia piuttosto che un’altra e sia in grado di progettare un sistema impermeabile che possa garantire la sua funzionalità nel tempo.

 

Quindi possiamo creare un sistema a tenuta con la guaina bituminosa?

 

Certamente! Ricordo che il sistema bituminoso è il più antico che abbiamo a disposizione! Se ha funzionato per circa 5000 anni, non vedo perché non dovrebbe funzionare oggi!

Di cosa abbiamo bisogno perché funzioni?

Senza entrare nel dettaglio tecnico (che è noioso, lasciatelo a noi) possiamo dire che per usare la guaina dobbiamo avere alcuni requisiti: un supporto liscio, asciutto, pulito e solido; una pendenza minima dell’1% (sapete, sono le stesse caratteristiche richiesta da qualsiasi materiale per impermeabilizzazione); un progetto che spieghi come usare la guaina e la scelga (anche questo vale per gli altri materiali); un prodotto realizzato con molto bitume, una buona armatura e dei polimeri di ottima qualità (anche questo vale per gli altri materiali); un applicatore che sappia leggere un dettaglio e lo sappia realizzare (anche questo vale per gli altri materiali).

Tutto questo non è difficile da trovare, soprattutto se il committente pretenda che quanto scritto nel progetto venga realizzato pedissequamente.

 

Come possiamo conoscere il buon posatore o il buon tecnico?

 

Lo scrissi già in un altro articolo: con la domanda più fastidiosa del mondo, <<Perché?>>.

Chi vi propone una tecnologia, un sistema, un dettaglio applicativo, una metodologia di posa, deve sapervi anche spiegare perché e deve spiegarvi il perché di tutto quanto sostiene a favore della sua tecnologia contro le altre.

Se poi non vi fidate del vostro giudizio, perché in fondo voi fate un altro mestiere, potete affidarvi ad uno dei pochissimi studi tecnici che ha le impermeabilizzazioni nel DNA.

Come trovarli?

Semplicemente controllate chi ha la parola IMPERMEABILIZZAZIONE nell’oggetto sociale e avete fatto tombola!

L’iper specializzazione nel mondo dell’edilizia è e deve essere il futuro! La consulenza specializzata è fondamentale per non dover rifare i lavori tante volte con perdite di tempo, costi ignoti, spese legali, etc.

 

Basta fare i lavori per essere a posto?

 

E con questo vi devo dare una brutta notizia: non esiste alcuna struttura che dura in eterno. Cosa vuol dire? Semplicemente che se non poniamo una piccola attenzione periodica al nostro coperto impermeabilizzato, prima o poi questo si rovinerà e ricomincerà a perdere. Dobbiamo fare manutenzione.

Per sistemare le cose basta avere un piano di manutenzione. Non è necessario avere una cosa estremamente tecnica e puntualizzata (se poi lo volete noi siamo qui per questo), a volte basta semplicemente mantenere pulita la copertura!

La pioggia aiuta molto ma bisogna ricordarsi di pulire i fori degli scarichi almeno un paio di volte l’anno (se abitate in un bosco di conifere molto più spesso), bisognerebbe non lasciare residui sulla copertura quando vengono fatti lavori, basterebbe controllare se nei punti nevralgici si sono create delle criticità. Se trovate problemi, chiamate il vostro applicatore di fiducia e fategli sistemare il problema! Spenderete meno e avrete un sistema impermeabile longevo e funzionante e smetterete di avere problemi ogni 10 anni!

 

Come fare per avere un buon lavoro?

 

Per avere tutte le informazioni necessarie ad avere un buon lavoro sul vostro tetto, dovete rivolgervi a chi fa di mestiere le scelte tecniche. Sembrerà di parte ma non sono vostri interlocutori iniziali gli impermeabilizzatori o i venditori. I primi sono quelli che potrebbero realizzare il lavoro progettato ed i secondi sono coloro che collaborano con i progettisti specializzati per dagli gli strumenti per eseguire le scelte.

Il rispetto dei ruoli permetterà un buon lavoro al prezzo giusto, senza spendere inutilmente i vostri soldi.

Voi spendete il giusto una sola volta, chi realizza i lavori li esegue correttamente dedicandosi solo al suo lavoro (che è piuttosto difficile), i progettisti progettano e scelgono solo il meglio per il cliente, i produttori si dedicano a prodotti performanti e non a quelli economici. Tutti vincono, nessuno perde.

 

Allora perché facciamo il contrario?

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L’impermeabilizzatore che uccise la musica

“the day the music died” – Il giorno in cui morì la musica, così recita il termine di ogni strofa di una celebre canzone di Don McLean, successivamente ripresa anche da Madonna: “Miss American Pie”.

Il 3 Febbraio 1959 avvenne un incidente aereo dove persero la vita Buddy Holly e Ritchie Valens e la canzone fu iniziata immediatamente dopo la tragedia.

Altri momenti hanno meritato dire: “la musica era morta”; la morte di John Lennon, ad esempio, la morte di Luciano Pavarotti e di tutti quelli che sono nel vostro cuore e non possono più cantare per voi.

Eppure c’è un momento in cui un impermeabilizzatore ha veramente ucciso la musica senza se e senza ma.

Nel 2008 un magazzino della Universal era in fase di ristrutturazione, stavano impermeabilizzando la copertura con guaine bituminose posate a fiamma.

Come da norma statunitense, gli operatori, che finirono alle 3 del mattino, rimasero fino alle 4 in attesa che il manto appena posato si raffreddasse e non ci potessero essere principi d’incendio.

Già, perché negli States ci sono delle regole particolarmente rigide per chi posa il Waterproofing layer che sia in bitume polimero o in resina o sintetico, mentre in Italia no!

Torniamo a quel tragico giorno: poco prima delle 5 del mattino la copertura del Building 6197 prese fuoco. C’erano vecchi fondali, set cinematografici (sembra anche uno di Ritorno al Futuro) e, in un angolo appartato di circa 200 mq, un enorme quantitativo di incisioni originali! I master delle canzoni più famose che tutti abbiamo amato: Billie Holiday, Chuck Berry, Muddy Waters, Bo Diddley, Etta James, John Lee Hooker e Buddy Guy. Andarono perdute – sempre per quello che sappiamo – i master delle prime registrazioni di Aretha Franklin, altri di Louis Armstrong, Duke Ellington, Ella Fitzgerald, e probabilmente tutti quelli di Buddy Holly.

Andarono perduti anche i master di John Coltrane, Count Basie, Dizzy Gillespie, Max Roach, Sonny Rollins, Charles Mingus, Ornette ColemanAlice Coltrane, Ray CharlesBenny Goodman, Cab Calloway, B.B. King, Joan Baez, i Mamas and the Papas, Joni Mitchell, Cat Stevens, Elton John, i Lynyrd Skynyrd, Eric Clapton, gli Eagles, gli Aerosmith, gli Steely Dan, Iggy Pop, i Police, i R.E.M., i Guns N’ Roses, Queen Latifah, Mary J. Blige, i Sonic Youth, i No Doubt, i Nine Inch Nails, Snoop Dogg, i Nirvana, Tupac Shakur, Eminem.

Mio personale gusto non piango l’ultimo ma tutto quanto distrutto non ha prezzo è un danno per l’intera cultura dell’umanità; un po’ come se avesse preso fuoco il Louvre o i Musei Vaticani. Per la musica quel luogo era il più grande museo del mondo.

Colpa della guaina posata a fiamma? No, non credo. Le responsabilità si sono rimpallate a destra e sinistra ma nessuno è stato accusato formalmente; sembra che si sia trattato proprio di un incidente.

Dove sta allora il problema? Il problema siamo noi! Noi che viviamo in questo mondo e non crediamo in noi stessi! Noi che impermeabilizziamo le coperture di musei, di ospedali, di ponti, di palazzi, di opere grandiose, case di persone e non crediamo nella nostra importanza e nella nostra preparazione

Noi siamo il problema del nostro settore! Basta continuare a lottare inutilmente contro i mulini a vento del prezzo basso, del portare via un lavoro al concorrente, di diffamare la concorrenza, della scelta del prodotto miracoloso, del voler fare in fretta.

Non funziona così!

Le impermeabilizzazioni sono importantissime sono una delle parti fondamentali delle costruzioni e sono le meno regolamentate in assoluto!

Ah, prima che venga detto: i libri, le raccolte sono dei mezzi utili per imparare ma non sono le regole! Perchè lo stato italiano non le ha dettate!

Ma anche impegnarsi a livello polito che senso avrebbe se prima non decidiamo di mettere un blocco all’entrata nel nostro settore a chi veramente fa ciò che deve essere fatto?

Oggi per diventare impermeabilizzatore bastano i 16 Euro che la Camera di Commercio chiede come bolli (più le spese che divergono da una CCIAA all’altra); poi con un cannello da 25,00 Euro ed un furgone sgangherato abbiamo fatto l’impermeabilizzatore perfetto.

Non ci credete? l’altro giorno mi ha chiamato un impermeabilizzatore (così si è definito lui) che non ha la casella e-mail! Ma se hai un’impresa è obbligatoria la PEC e per avere la PEC devi avere una casella e-mail….. Ah, Google la regala, non costa nulla!

Questo è il punto, chiunque può entrare in questo mondo, basta fare un prezzo leggermente più basso per prendere il lavoro a chi si organizza, studia e investe nella propria attività.

Ecco perché un titolo così provocante a questo articolo: forse il roofer americano non ha avuto colpa di quanto è successo ma se fosse successo in Italia la colpa ci sarebbe stata eccome!

Vi lascio dandovi un compito per i vostri momenti di relax: pensate a chi siete! Non siete l’ultima ruota del carro a meno che non lo vogliate voi!

Le immagini sono state prese dall’articolo sull’evento che trovate a questo indirizzo: https://www.ilpost.it/2019/06/15/incendio-universal-master-musica/

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Giardini pensili

Oggi si parla di giardini pensili per i grandi vantaggi che può dare, indubbi, grandiosi e permanenti. Purtroppo ci dimentichiamo che per funzionare il giardino pensile ha uno strato che è più importante di tutti gli altri: l’impermeabilizzazione.
Questa permette di vivere comodamente nei locali sottostanti il giardino, permette di proteggere la struttura portante dagli effetti disgregativi dell’acqua e convoglia tutte le acque in eccesso verso i punti di scarico progettati.

E’ pressoché ignorata, come sempre.

Ho trovato molti documenti sullo studio di giardini pensili, tutti fanno riferimento ad un sacco di norme UNI, studiate e scritte appositamente dai produttori dei terricci o degli strati intermedi, o a consuetudini, ho trovato anche una tesi di laurea datata 2011 (quindi piuttosto recente), tutti questi documenti hanno un’unica caratteristica in comune: si sbaglia sempre quando si parla dello strato impermeabilizzante.

Proviamo a chiarire qualche punto:

  • l’impermeabilizzazione può essere una qualsiasi di quelle che possono essere usate in copertura (bituminosa, sintetica, resina);
  • L’adesione al supporto non è necessaria, diciamo che è realizzata in base alle caratteristiche del sistema impermeabile scelto. E’ invece necessaria l’adesione totale nei risvolti verticali.
  • >L’additivazione antiradice serve solo per i manti bituminosi. E’ necessario controllare che ogni tipologia di saldatura sia eseguita correttamente;
  • Le tensioni che si possono verificare sono minimali (salvo la presenza di giunti di dilatazione… ma questi sono progettati appositamente e si sa esattamente come, quanto e quando si muoveranno) in quanto il manto non è sollecitato dalla radiazione solare se non nelle piccole parti esposte dei risvolti verticali.
  • La stratigrafia normata prevede vari strati di sbarramento che provvederanno a proteggere ulteriormente il manto impermeabile dall’attacco delle radici: tessuti di drenaggio, manufatti di raccolta d’acqua.
  • Il bocchettone di scarico deve essere ispezionabile anche quando il giardino pensile sarà finito, Quindi è necessario che fuoriesca dal giardino stesso. Per questo ci sono manufatti appositi che permettono lo scolo delle acque non solo in piano ma anche sul tubo verticale che esce dal giardino.
  • La capacità antiradice di un manto è relativa. Questa funziona se le essenze piantate non sono dotate di apparati radicali particolarmente profondi. E’ inutile piantare un Cedro del Libano (non preoccupatevi, l’hanno fatto in tanti) in un giardino pensile di 50/70 cm di profondità. Prima o poi le sue radici passeranno tutti gli strati, compreso il solaio in calcestruzzo armato.
  • >La manutenzione deve essere eseguita ugualmente, anche se il manto non è a vista.

Possiamo dividere i giardini pensili in due macrocategorie: quelli intensivi ed ornamentali, sono quelli che vediamo e viviamo all’interno delle costruzioni; quelli estensivi normalmente utilizzati in coperture non praticabili.

Una delle mode che riguardano la piantumazione è quella di usare il Sedum. Questa piantina, ne esistono centinaia di specie, si adatta quasi a qualsiasi situazione, fiorisce in tanti modi diversi, quindi regala un panorama veramente interessante.

Questa piantina, però, ha anche una caratteristica particolare: come dice un mio amico: ha tanta voglia di vivere. La porta a radicare in qualsiasi posizione, Gli basta una goccia d’acqua ed un pezzo della pianta e germoglia ovunque.

SEDUM. – Genere di piante Dicotiledoni Archiclamidee della famiglia Crassulacee. Sono erbe annue o perenni con o senza getti sterili, con foglie carnose piane o cilindriche. Fiori riuniti in cime o in corimbi più o meno addensati: calice di 4-9 sepali, corolla di 4-9 petali bianchi, gialli, rossi o verdi, stami in numero uguale o più spesso doppio dei petali, ovario apocarpo di 4-9 carpelli, ciascuno con numerosi ovuli biseriati. Frutti a follicolo. Comprende 140 specie delle regioni fredde e temperate dell’emisfero boreale e dell’America Centrale, 1 del Perù.

In Italia vivono una trentina di specie che abitano i vecchi muri, i luoghi sassosi e pietrosi dal mare ai monti. Alcune (come S. maximum, S. telephium, S. fabaria, S. anacampseros, rupestre, album, ecc.) furono usate come rinfrescanti, diuretiche e vulnearie. Il S. acre era usato come febbrifugo e contro l’epilessia e il cancro.

(Treccani, enciclopedia on-line)

Come potete vedere la piantina, tanto belle e tanto carina, potrebbe creare un serio problema alle nostre città nel prossimo futuro! Infatti questa pianta si attacca ovunque. Provate a guardare nelle crepe del manto d’asfalto, nelle pietre di rivestimento come il travertino, nei cordoli dei marciapiedi o nei gradini presenti nelle nostre città.

Perché, invece di usare piante come queste non facciamo dei giardini aromatici? Ci sono piante che sono adattissime a stare su giardini pensili… e se proprio dovranno invadere le nostre città, almeno ne avremo una pianta utile anche a profumare le nostre città puzzolenti!

In sostanza sollecito i nostri architetti, quelli più sensibili all’argomento, a non tralasciare lo strato impermeabile, se non sanno come fare a progettarlo chiedano ad un progettista specializzato (se proprio non ne trovate potete contattarmi) e, soprattutto, facciano dei tetti verdi dei veri giardini pensili e non una fucina d’infestazione.

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Ometti in canottiera con il cappello di carta di giornale

Avete mai letto le note legali di una scheda tecnica? Vi consiglio vivamente di farlo prima di utilizzare un qualsiasi prodotto. A dire il vero dovreste sempre leggere tutta la scheda tecnica, perché conoscere i dati di un prodotto è fondamentale affinché il lavoro venga eseguito o progettato correttamente.

oggi, però, vorrei soffermarmi sulla parte finale di quasi tutte le schede tecniche: le note legali.
Riporto di seguito una annotazione generica che si trova in tutte, o quasi, le schede dei prodotti impermeabilizzanti:

La ditta tal dei tali garantisce che le informazioni della presente scheda sono fornite al meglio della sua esperienza e delle sue conoscenze tecniche e scientifiche; tuttavia non può assumere alcuna responsabilità per i risultati ottenuti con il loro impiego in quanto le condizioni di applicazione sono al di fuori di ogni suo controllo. Si consiglia di verificare sempre l’effettiva idoneità del prodotto al singolo caso specifico. La presente annulla e sostituisce ogni scheda precedente.

Se la leggete accuratamente vedrete che è una semplice formula che vuole deviare ogni tipo di scarico di colpa improprio verso il produttore, o rivenditore, del materiale. Ci sta! Il produttore, o rivenditore, non può controllare tutto ciò che viene fatto e come viene usato esattamente il prodotto; può consigliarlo, può guidarlo ma, ovviamente, non può decidere in vece dell’utilizzatore.

Quindi la responsabilità è sempre del posatore. Se questi segue tutte le regole dettate dal produttore, o rivenditore, può stare tranquillo e dormire sereno.

Eppure c’è un’azienda che ha deciso di imputare al proprio cliente ogni tipo di responsabilità; anche sulla veridicità dei dati scritti in scheda tecnica. Si tratta di Sika e, per quanto mi è dato sapere, lo fa solo in Italia! Sapete perché? Lo spiega molto bene l’ing. Gorgati in uno dei suoi libri:

“Perché dunque agli impermeabilizzatori viene chiesto di più? Perché devono essere responsabili di errori di costruzione o progettazione (e produzione aggiungo io ndr) verificatisi al di fuori di ogni loro controllo? La risposta è semplice! L’impermeabilizzatore è sempre stato un ometto in canottiera, col secchio di bitume caldo nella mano sinistra e lo spazzolone nella destra, un cappello fatto con carta di cemento, completamente digiuno di qualsiasi nozione di sicurezza delle costruzioni o di diritto”

(“Dialogo dei massimi sistemi ovvero tutto quello che avreste voluto sapere sul tetto e non avete osato chiedere” – Romolo Gorgati – BE.MA. Editrice – 1983). Questo è l’impermeabilizzatore medio italiano! La descrizione calza a pennello. Ma se l’ing. Gorgati pubblicava questo libro all’inizio degli anni ’80, questo non giustifica che ancora oggi vi sia questa visione. Eppure gli stessi produttori, come vedremo tra poco, continuano a scherzare sulle loro teste e a cedere…. o meglio concedere, quasi fosse una benedizione, responsabilità ai poveri ometti in canottiera e cappello in carta di cemento.

Cosa scrive Sika nelle sue schede tecniche italiane:

I consigli tecnici relativi all’impiego, che noi forniamo verbalmente o per iscritto come assistenza al cliente o all’applicatore in base alle nostre esperienze, corrispondenti allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e pratiche, non sono impegnativi e non dimostrano alcuna relazione legale contrattuale né obbligo accessorio col contratto di compravendita. Essi non dispensano l’acquirente dalla propria responsabilità di provare personalmente i nostri prodotti per quanto concerne la loro idoneità relativamente all’uso previsto. Per il resto sono valide le nostre condizioni commerciali. Il contenuto della presente scheda si ritiene vincolante per quanto sopra ai fini della veridicità del contenuto, solo se corredata di apposito timbro e di controfirma apposti presso la ns. sede e da personale delegato a quanto sopra. Difformità dall’originale predetto per contenuto e/o utilizzo non implicherà alcuna responsabilità da parte della società Sika. Il cliente è inoltre tenuto a verificare che la presente scheda E GLI EVENTUALI VALORI RIPORTATI siano validi per la partita di prodotto di suo interesse e non siano superati in quanto sostituiti da edizioni successive E/O NUOVE FORMULAZIONI DEL PRODOTTO. Nel dubbio, contattare preventivamente il nostro Ufficio Tecnico.

Estratto della scheda tecnica del Sikalastic 152 edizione 13/06/2016

Analizziamo quanto c’è scritto frase per frase:

<<I consigli tecnici relativi all’impiego, che noi forniamo verbalmente o per iscritto come assistenza al cliente o all’applicatore in base alle nostre esperienze, corrispondenti allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e pratiche, non sono impegnativi e non dimostrano alcuna relazione legale contrattuale né obbligo accessorio col contratto di compravendita.>>

Ehhhh???????

Cioè, se un rappresentante di Sika (per rappresentante intendo una persona che abbia la capacità di rappresentarla giuridicamente parlando) mi scrive come usare un suo prodotto, questo non vale nulla?????????????????? COME NON VALE NULLA!!!!!!!!!!

Notate la NON sottile differenza con la dicitura che usano tutti! Qui si scaricano dalla responsabilità di aver risposto alle vostre domande! A questo punto chiunque usa un prodotto Sika si prende la totale responsabilità della scelta che ha fatto, indipendentemente da qualsiasi circolare, mail, lettera, raccomandata, perizia giurata che sia uscita da Sika.

<<Essi non dispensano l’acquirente dalla propria responsabilità di provare personalmente i nostri prodotti per quanto concerne la loro idoneità relativamente all’uso previsto. Per il resto sono valide le nostre condizioni commerciali.>>

Nulla questio: il progettista e l’applicatore devono capire che la responsabilità della scelta è solo in capo a loro!!!

<<Il contenuto della presente scheda si ritiene vincolante per quanto sopra ai fini della veridicità del contenuto, solo se corredata di apposito timbro e di controfirma apposti presso la ns. sede e da personale delegato a quanto sopra.>>

Partiamo bene e finiamo malissimo: la scheda tecnica che ho letto, scaricata proprio ora (Giovedì 13/04/2017 alle ore 08:50 circa) non ha alcun valore perché non riporta l’apposito timbro e la controfirma (“Controfirmare: Porre su un documento, un decreto, un atto pubblico, un titolo di credito, la propria firma accanto a quella di altra persona, per convalida o controllo” – Treccani vocabolario on-line) apposti presso la sede di Sika dal personale delegato. Quindi devo andare nella sede di Sika (quale? In Italia o la sede del gruppo? Non è specificato), chiedere di un rappresentante delegato alla firma delle schede tecniche, farmi mostrare sia le proprie credenziali, sia la delega che deve essere autenticata da un notaio (non vorrei che fosse un falso… no si sa mai), farmi stampare l’ultima versione della Scheda stessa, e farla controfirmare da questa persona. Ok, ma l’altra firma, quella principale, chi la deve mettere? Un altro delegato a rappresentare l’azienda. Insomma un agente di Equitalia non sarebbe così tenace da arrivarci in fondo.

<<Difformità dall’originale predetto per contenuto e/o utilizzo non implicherà alcuna responsabilità da parte della società Sika.>>

Teoricamente non ci sarebbero problemi su questa parte della nota se non fosse che è molto difficile arrivare ad avere una scheda tecnica valida vista la burocrazia esistente…. quindi “lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”.

Il cliente è inoltre tenuto a verificare che la presente scheda E GLI EVENTUALI VALORI RIPORTATI siano validi per la partita di prodotto di suo interesse e non siano superati in quanto sostituiti da edizioni successive E/O NUOVE FORMULAZIONI DEL PRODOTTO. Nel dubbio, contattare preventivamente il nostro Ufficio Tecnico.

Questa è una perla! Notare che i le parti in maiuscolo vogliono rafforzare il fatto che normalmente non dovreste avere queste responsabilità! Ovvio che queste note sanno tanto di clausole vessatorie, neanche tanto nascoste! Il testo ci dice che chiunque compri il prodotto Sika deve fare una serie di analisi che confermino che i dati riportati sono veri! Quindi, se volete comprare uno o due sacchi di Ceralastic o di Sikalastic 1K dovrete spendere qualche migliaio di Euro per andare in un laboratorio autorizzato (non basta quello che vi fate in cantina) e far eseguire tutta una serie di test per garantirVI che la LORO scheda tecnica sia corretta.

Ah, questo vale per ogni tipo di lavoro che i loro agenti vi passano! (loro vi fanno il prezzo con il cliente, loro decidono cosa usare, voi lo pagate…. e zitti!!!) Questo vale, soprattutto, per il solo cliente Sika! Il consiglio, a questo punto, è quello di comprare il prodotto in rivendita in modo da addossare tutta la responsabilità sul rivenditore. Eh, già! Perché il rivenditore ha degli obblighi verso il proprio cliente che, normalmente, non cerca di scaricargli addosso! Quindi, cari rivenditori o applicatori, che comprate direttamente da Sika, sappiate che ogni qual volta usate, vendete, posate, traslocate, gestire, pallettizzate, progettate etc, con i prodotti Sika vi verrà addossata ogni singola responsabilità su quanto LORO hanno fatto con il prodotto in questione.

Ma Sika è così ovunque?

Sapete, io ho sempre ritenuto che fosse un’azienda al top a livello mondiale! Infatti ho scoperto che questa dicitura è presente solo sulle schede italiane (per quanto ho potuto leggere sul loro sito). Ad esempio negli USA le note legali sono completamente diverse:

la traduzione dovrebbe essere questa:

“prima dell’utilizzo di ogni prodotto Sika, l’utilizzatore DEVE SEMPRE leggere e seguire le avvertenze e le istruzioni contenute nei documenti del produttore che sono disponibili on-line su …….. o chiamando il dipartimento del servizio tecnico di Sika al….. Nessun contenuto in qualsiasi materiale Sika (si intende documento, immagino) solleva l’utilizzatore dall’obbligazione di leggere e seguire le avvertenze e le istruzioni per ogni prodotto Sika come esposto nella presente Scheda Tecnica, etichetta di prodotto e Scheda di sicurezza prima dell’uso del prodotto”

Estratto scheda tecnica Sikalastic 390 USA.

Beh, sembra che siano note legali normalissime….. e soprattutto ben poste in evidenza e non scritte in caratteri minuscoli!

Quindi cari clienti Sika (perché negli USA siete utilizzatori, in Italia clienti) sappiate che per questi signori, ma solo quelli italiani, siete solo degli “ometti in canottiera con il cappello di carta di cemento”.

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Buono o cattivo?

Risolvere le problematiche lavorative non è sempre facile. Bisogna camminare su una corda molto sottile e sotto non c’è la rete di salvataggio ma l’inesorabile baratro del fallimento.

Noi italiani siamo stati sempre piuttosto bravi a barcamenarci in situazioni al limite anche se abbiamo scoperto che non eravamo noi bravi ma siamo stati guidati in un mondo dove l’etica doveva scomparire!

Mi ricordo, tanti anni fa, quando andai con mio padre a fare il preventivo per la pulizia di un capannone (eh, già, vivevo in un mondo diverso) vicino casa. Alla fine del sopralluogo il proprietario del capannone guardò in faccia a mio padre (di origine campana ma assolutamente senza accento) e gli disse “ho vissuto a Napoli per 20 anni. Mi ritengo un napoletano verace anche se sono nato a Bologna. Non ho bisogno di contratti. Se per lei va bene vorrei suggellare il contratto con una stretta di mano.”

Immediatamente le sensazioni di ragazzo erano di grande rispetto ma anche di grande paura…. oddio un napoletano… chissà che fregatura!

Mio padre si fidò, forse la sua innata capacità di capire le persone lo portò a prendere questa decisione.

Come finì? Bene, molto bene, il tizio pagò alla fine dei lavori, dette una mancia a tutti gli operai che erano stati da lui a lavorare e non lo vedemmo più. Una sorta di meteora che, però, ha cambiato radicalmente la mia vita! Non sono più stato capace di liberarmi di questo ricordo ed è compenetrato nella mia anima.

Io ci provo, con mille e mille difficoltà ma ci provo ad essere onesto al 100%. ed infatti trovo sempre troppe persone che se ne approfittano… però ho trovato anche tanti amici e tantissime collaborazioni aperte che vorrebbero essere in tutto e per tutto etiche!

Vi chiedo, a questo punto, ma voi sareste disposti a seguire un codice etico? Lo seguireste anche quando potrebbe farvi perdere un lavoro? Lo seguireste anche quando si tratterebbe di dire di NO ad un cliente? Lo fareste per il semplice motivo che è giusto farlo?

Io sono dell’idea che l’etica dovrebbe rientrare nel mondo del lavoro ed in particolare in quello dell’edilizia dove il sotterfugio e il compromesso instabile la fanno da padrone.

Vi chiedo, un’altra domanda: sareste disposti a firmare e rispettare un codice etico? Io l’ho già fatto in passato e lo rifarei oggi stesso. Non è facile da portare avanti ma da tante soddisfazioni…. ma crea anche delle preoccupazioni, soprattutto in coloro che vedono l’etica come un avversario, in coloro che fanno del clientelismo un sistema di vita e di reddito!

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Cos’è un sistema impermeabile?

Ogni qual volta dobbiamo pensare ad un sistema impermeabile dobbiamo lottare con domande e risposte che troppo spesso non esistono, o peggio, dobbiamo inventare: cos’è un sistema impermeabile, cosa vuol dire impermeabilizzare, cosa vuol dire sigillare.

Inutile che cerchiate in rete… non c’è nulla! (ci ho già guardato)

Sarebbe opportuno che queste domande avessero risposta in modo da poterle dare ai clienti o committenti.

Cominciamo dall’inizio: cosa intendiamo per impermeabile! L’unica risposta che ho trovato, degna di essere citata, è quella del dizionario enciclopedico Treccani: “Non permeabile, di corpo che non lascia passare un liquido attraverso le sue porosità” Si può notare che non è una definizione ma la negazione di un’altra. Non è cosa da poco! Questo vuol dire che di base non esiste una vera e propria esplicitazione del suo significato.

Di conseguenza sappiamo che stiamo facendo qualcosa di impedente. Bene, infatti non dobbiamo far passare l’acqua. Ma basta limitarsi a pensare all’acqua? In fondo quando progettiamo o montiamo un sistema impermeabile coibentato parliamo anche di vapore acqueo… che è sempre acqua ma in uno stato diverso, talvolta più subdolo e ancora meno comprensibile. Quindi quando applichiamo una barriera al vapore o una barriera al Radon continuiamo ad essere nel campo delle impermeabilizzazioni o stiamo varcando un confine che nessuno dichiara?

Sinceramente penso che si rientri nei limiti naturali delle impermeabilizzazioni. Il problema di base, però, rimane: la definizione non esiste e quindi possiamo trovarci a risolvere questioni che non ci competono o a prenderci delle responsabilità di cui non eravamo a conoscenza.

Urge che si cominci a discutere seriamente di questo e che lo si faccia sia nelle sedi competenti (UNI) sia nei più ampi spazi dei social networks, fra i professionisti del settore.

E’ questo lo scopo di questo articolo: sollecitare una presa di coscienza su una questione formale che porta con sé una serie di coinvolgimenti e grattacapi anche legali sul nostro lavoro; pensate ad un progettista che inserisce un sistema impermeabile in un capitolato senza specificarne i materiali di corollario per eseguire le sigillature in punti complicati. In questo caso è l’applicatore che si sostituisce al progettista arrogandosi il diritto di scelta e sobbarcandosi la responsabilità di averlo fatto!

Concludo spingendovi a discutere della questione nel modo più ampio e condiviso. Arriviamo alla soluzione e usiamola correttamente.

Perciò, cosa significa “Sistema Impermeabile”? A voi le risposte

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Il carotaggio ci rivela informazioni fondamentali

Questa volta l’articolo non l’ho scritto io, mi sono limitato a tradurlo. Mi ha colpito in modo particolare il fatto che sia in Italia sia negli Stati Uniti si parli delle stesse cose. Come fare una buona copertura, come realizzarla con i migliori materiali. Ma soprattutto è interessante il fatto che l’analisi di una copertura si fa esattamente nello stesso modo.

Ringrazio il sig. Michael Shultz della Jurin Roofing (Pennsylvania – USA) per avermi dato la possibilità di ripubblicare il suo articolo.

<< Fare coperture può sembrare piuttosto semplice. Intendo dire che non è astrofisica nucleare. Basta presentarsi, caricare il vostro materiale, cominciare il lavoro, vero? Che difficoltà c’è?

Non così veloci. Ci sono molte variabili che determinano come progettare e preventivare il ripristino della copertura. Ma come trovare queste variabili? Uno dei passi più critici che aiutano un impermeabilizzatore o un progettista specializzato a sviluppare un progetto di copertura è il carotaggio.

Che cos’è il carotaggio della copertura?

Il carotaggio è quando un’impresa o un progettista taglia una piccola sezione all’esterno della copertura per determinare la completa composizione della stessa.

Ma un carotaggio della copertura può sembrare una cattiva idea. Solitamente si evita di fare buchi sulla copertura. Ma, al pari di un medico, noi esperti sappiamo come eseguire un intervento chirurgico e suturare il paziente senza creare alcun danno.

I coperturisti usano speciali metodologie per estrarre una piccola area della copertura dal solaio del tetto. Una volta che la carota è stata estratta il risultato viene documentato. Poi questa viene rimessa al suo posto e il buco viene riparato.

Cosa ci dice il carotaggio della copertura?

Il campione del carotaggio è analizzato sulla copertura per:

  • Spessore Quanto è spesso l’attuale sistema di copertura?
  • Strati – Quanti strati di impermeabilizzazione ci sono in situ?
  • Composizione – Quali differenti strati ci sono e quali i loro pesi?
  • Pendenza – La pendenza della copertura è nell’isolamento o nella struttura?
  • Materiali pericolosi – Ci sono materiali potenzialmente pericolosi (amianto), nella stratigrafia, che richiedano maggiori test?
  • Struttura del tetto – Qual’è la struttura portante che sostiene la copertura?
  • Umidità – C’è acqua intrappolata nella stratigrafia del tetto?

Allora perchè sono importanti questi fattori?

Ok, quindi gli impermeabilizzatori professionisti e i progettisti specializzati raccolgono questi dati. Ma è veramente importante?”

Questi fattori sono quelli che determinano il prezzo finale del progetto della copertura. Senza questi fattori, un prezzo accurato della sostituzione del sistema tetto non può esistere.

Alcuni di questi fattori influenzano il prezzo come segue:

 

  • Regole di costruzione – Le costruzioni che hanno più di due sistemi di copertura nello stesso luogo, normalmente richiedono la rimozione dal tetto fino al solaio come da codice delle costruzioni (negli USA come in Italia vi sono normative legate alle coperture. Nel nostro caso sono legate principalmente al risparmio energetico). Inoltre l’unico modo per determinare se il sistema tetto è a più strati è fare un carotaggio completo.
  • Lunghezza dei fissaggi – Ogni fissaggio usato in una copertura deve penetrare nel tetto per una specifica profondità. E’ fondamentale conoscerne la struttura totale per poter ordinare la giusta lunghezza degli stessi. I fissaggi troppo lunghi possono, oltre ad incrementare il costo del progetto della copertura, causare danni all’intradosso del tetto (esempio bucare gli impianti)
  • Costi di Smaltimento – Le coperture con più strati sono composte da materiali diversi. Inoltre gli stessi materiali possono avere diversi pesi. Come risultato, il costo complessivo dello smaltimento della sistema di copertura che deve essere rimossa, sarà influenzato dalla composizione del tetto. Il carotaggio rivelerà il peso totale della stratigrafia del tetto e, quindi, il prezzo dello smaltimento.
  • Smaltimento dei materiali pericolosi  – La presenza di amianto o altri materiali nella stratigrafia influenzano il processo di rimozione e smaltimento. L’amianto, per esempio, ha speficiche procedure per la movimentazione e lo smaltimento. I costi associati a questo devono essere incorporati nel prezzo della ricostruzione della copertura.
  • Pendenza Molte norme sulle costruzioni e regole di progettazione richiedono un drenaggio positivo per la costruzione della copertura Il drenaggio positivo può essere eseguito o mediante la pendenza della copertura o con l’uso di coibenti intagliati ad hoc (pendenziati). La carota spesso ci dice se la pendenza è nella struttura della costruzione o se è stata creata con i pannelli isolanti. La progettazione e i costi circa il rifacimento della copertura sono particolarmente impattati da questo fattore.
  • Coibentazione con determinata Resistenza Termica richiesta – Il carotaggio ci dice anche quale sia la resistenza termica del pacchetto di copertura. In determinate situazioni potrebbe essere richiesto di integrare l’isolamento termico dalle norme costruttive (anche da noi, in Italia, è necessario che i valori termici delle coperture vengano integrati se si fa un rifacimento di copertura). Quindi il carotaggio è anche richiesto per determinare il tipo di materiale e la sua Resistenza Termica da inserire nella stratigrafia.
  • Tipo di copertura – Il tipo di copertura potrebbe essere rivelato da un’ispezione dell’intradosso. In altri casi la vista del solaio dal di sotto è ostruita da coperture di vario tipo (intonaco, cartongesso, etc.). Conoscere il tipo di struttura del tetto è fondamentale per la scelta del metodo di fissaggio dell’intera nuova stratigrafia. Senza questo fattore critico, il sistema tetto non può essere debitamente progettato.

L’analisi del carotaggio è un passo importantissimo per la progettazione del sistema di copertura Senza un’accurata progettazione l’impermeabilizzatore professionista non può fare un’offerta dettagliata. Basando il prezzo su assunti senza la conferma di specifiche informazioni raccolte, lascia l’impresa e il cliente aperti a progetti dove un contraente può tagliare i costi per rimanere nel prezzo o chiedere aggiunte allo stesso per le differenze di lavorazione all’atro.

Se i proprietari e gli acquirenti degli edifici sono alla ricerca di un prezzo certo per un progetto di copertura, è nel loro stesso interesse insistere che il contraente completi i passi necessari e che l’analisi del carotaggio porti sufficienti informazioni per la corretta progettazione e lo sviluppo del giusto prezzo.