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Il giardino pensile seconda parte


Come già detto in passato il giardino pensile è un’utile sistema per migliorare le prestazioni termiche di una casa, come per migliorare l’assorbimento d’acqua di un ambiente impermeabilizzato, come per migliorare le prestazioni acustiche ed abbattere l’isola di calore urbano; insomma il giardino pensile sarebbe la panacea di tanti mali che assillano il nostro bistrattato mondo. Ha un lato negativo, se così lo vogliamo chiamare: la manutenzione. Ebbene, vi sono sistemi a bassa manutenzione che non impegnano minimamente chi se lo installa sul tetto.

Detto questo la successiva obiezione è che moltissime delle nostre case hanno il tetto pendente. Neanche questo è un problema; esistono delle strutture che sono pensate per avere il tetto giardino a bassa manutezione anche sulle case con tetto a falda.

giardino pensile su tetto a falda
creazione di un giardino pensile su tetto a falda

Lo strato più importante, per la sicurezza di chi vive in casa, è lo strato a tenuta d’acqua. Come già detto  può essere di varia natura. Quello che è importante sapere sulla tecnologia utilizzata è quanto durerà nell’espletamento delle sue funzioni.

Facciamo una carrellata di quale sia il lavoro dello strato impermeabile:

  1. trattenere l’acqua al di fuori della casa;
  2. evitare che le radici lo danneggino insinuandosi sotto di esso
  3. durare il più a lungo possibile sapendo che la legge italiana prevede una garanzia di soli 10 anni.
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Sistema di accumulo idrico in pannelli in fibra di cocco agugliati con tnt sintetici e riempiti di perlite espansa

Sopra di esso dovrà essere messo un sistema di drenaggio delle acque meteoriche in modo che scolino dentro le grondaie; successivamente deve essere inserito un substrato per permettere la vegetazione delle piante che andremo ad inserire nel tetto giardino. Questo, difficilmente in un tetto a falda, può essere uno strato di accumulo classico (ad esempio i vasetti in HDPE), ma dovrà svolgere sia la funzione di accumulo, sia quella di trattenuta delle sostanze nutritive, sia di aggrappaggio degli apparati radicali. Esistono vari prodotti che si differenziano per forma e prezzo, quello che ho potuto valutare come ottimo è uno strato che permetta di essere agganciato al colmo del tetto e che sia fatto di materiale difficilmente imputrescibile di origine naturale. Per migliorare l’accumulo idrico si inserisce (ma esiste anche già fatto) della perlite espansa idrofila che tratterrà l’acqua necessaria alle piante.

Per ultimo lo strato di cultura: questo è differente a seconda di cosa decideremo di mettere nel tetto giardino.

Visto che tecnicamente è fattibile possiamo cominciare a valutare l’impatto che avrà questo tetto giardino sulle nostre tasche e sull’ambiente circostante.

Ovviamente sulle nostre tasche peserà abbastanza, ma mai troppo rispetto al rifacimento di un tetto normale. Bisogna pensare ad alcuni dati:

Tetto giardino pendente a coltura estensiva a bassa manutenzione
Tetto giardino pendente a coltura estensiva a bassa manutenzione
  • un tetto giardino non ha bisogno di manutenzione del manto di tegole;
  • un tetto giardino ha maggiore resistenza agli agenti atmosferici;
  • un tetto giardino non intaserà mai i canali di scolo;
  • un tetto giardino non avrà mai la formazione di ghiaccio vicino al sistema impermeabile;
  • un tetto giardino è naturalmente coibentato;
  • un tetto giardino è il miglior fotocatalita esistente in quanto non si degrada nel tempo ma si rigenera continuamente.

Insomma un tetto giardino ha un costo iniziale più alto di un tetto normale, ma ha un costo manutentivo bassissimo; inoltre un tetto giardino può essere installato su qualsiasi genere di copertura basta tener presente che ha un peso diverso da quello classico.

Si è pensato anche a come concimare il terreno senza dover salire sul tetto: il sistema di materassini che viene utilizzato come substrato di aggancio e di accumulo idrico può essere fatto in fibra di cocco. Questo genere di materiali è di lunghissima durata ma lentamente tende a marcire donando alle radici delle piante il nutrimento di cui hanno bisogno. Essendo agugliata in un tnt sintetico non si perderanno mai le prestazioni meccaniche. Non solo, essendo riempito di perlite espansa ha anche la caratteristica di mantenere le radici in un range di temperature più ristretto evitando alle piante di subire degli choc termici che potrebbero farle morire.

Tetto giardino su copertura a falda coltivato a sedum
Tetto giardino su copertura a falda coltivato a sedum

A questo punto scegliamo le piante da mettere su questo fantastico tetto giardino. Qui abbiamo una scelta limitata, se vogliamo che la manutenzione sia bassa: erba o sedum. Si posso avere sia in rotoli già pronti che in semi da spargere sul tetto.

Sconsiglio vivamente piante che possano diventare troppo grandi in quanto andrebbero ad influire sulla staticità della casa e sulla tenuta dello strato impermeabile.

Ed ora la notizia ancora più bella: lo scorso ottobre il Consiglio dei Ministri ha varato la Legge di Stabilità dove proroga i bonus edili (risparmio ed efficienza energetica e ristrutturazioni) fino alla fine del 2015; Con la circolare 29/E del 18/09/2013 dell’Agenzia delle Entrate si stabilisce che rientrano tra gli Ecobonus qualsiasi intervento, o insieme sistematico di interventi, che incida sulla prestazione energetica dell’edificio” . Creare un giardino pensile ci darà l’opportunità di detrarre il 65% della spesa dalle tasse aumentando la quota di bonus del 15% rispetto al solo rifacimento del tetto.

Per i più attenti alla durata ed alla sostenibilità dei lavori che vengono eseguiti nei propri stabili sappiate che vi è anche un’altra opportunità: con la creazione di un giardino pensile si può ottenere più facilmente la certificazione LEED.

Il giardino pensile è un’opportunità che deve essere colta per portare vantaggi alla nostra vita e a quella dei nostri figli. Non è la solita campana ambientalista. I recenti problemi di inondazioni, di sconvolgimenti nelle nostre città o di siccità prolungata in altre zone si risolverebbero parzialmente con l’aiuto dell’aumento della zona verde con capacità di assorbimento d’acqua. Se, poi, aiutiamo i giardini pensili con la creazione di vasche di contenimento o di regimazione delle acque meteoriche avremmo acqua disponibile sempre a costi molto limitati e, soprattutto, accumuleremmo quell’eccesso che devasta tante zone del nostro pianeta.
Fare qualcosa di piccolo da soli equivale ad una goccia nel mare, ma ricordiamoci che il mare è fatto di tante gocce messe insieme! Tutti insieme possiamo fare qualcosa ed ora abbiamo gli strumenti per farlo.

Per avere riferimenti normativi si può consultare la norma UNI 11235:2007.
Articolo scritto in collaborazione con Perlite Italiana


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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose – membrane flessibili per impermeabilizzazione – UNI EN 113707-2013

La norma in questione, la EN 13707:2013, è piuttosto lunga e complessa, ci descrive come e cosa sono le coperture continue ed, in particolare, come devono essere fatte e controllate le guaine bituminose per le coperture continue.

In questo resoconto saranno molti i dati riportati, ma ognuno di loro è importante e può essere utilizzato al meglio per fare il massimo per dare le migliori garanzie a coloro per cui lavoriamo.

Partiamo dalla definizione di

  1. IMPERMEABILIZZAZIONE: Azione per prevenire il passaggio d’acqua da un piano all’altro.
  2. SISTEMA DI IMPERMEABILIZZAZIONE: Assemblaggio di uno o più strati di membrana per coperture applicati e collegati tra loro, che hanno particolari caratteristiche di prestazione, da valutare insieme.
    • nota 1: quando si utilizza un solo strato si parla generalmente di monostrato
    • nota 2: un sistema di impermeabilizzzazione bituminosa è realizzato in sito unendo e sigillando uno o più strati di membrana bituminosa sovrapposti per formare un singolo strato impermeabilizzante composito da utilizzare su superfici piane, inclinate o verticali secondo i requisiti costruttivi di applicazione.
  3. COPERTURA: impermeabilizzazione utilizzata nel tetto di una costruzione, compresi tetti utilizzati per parcheggio di veicoli e tetti giardino.
  4. MEMBRANA DI COPERTURA: Membrana flessibile prefabbricata comprendente armatura, rivestimenti, trattamento superficiale e/o finitura superficiale
  5. ARMATURA: materiale incorporato nella membrana bituminosa di copertura prefabbricata o sopra di essa per assicurare la sua stabilità e/o resistenza meccanica. – le armature più utilizzate sono in poliestere in filo continuo, poliestere da fiocco stabilizzato, velo di vetro, rete di vetro.
  6. FINITURA SUPERFICIALE: Materiale incorporato sulla membrana di copertura prefabbricata senza una funzione meccanica permanente – ardesia o tessuti superficiali per far aderire le vernici o usati come trattamenti antiscivolo
  7. RIVESTIMENTO SUPERFICIALE: Materiale applicato su una o due facce della membrana di copertura sia come leggera protezione permanente di superficie contro gli agenti atmosferici sulla superficie superiore sia come sostanza anti-adesivo delle membrane di copertura. – Per quanto riguarda le finiture sulla faccia superficiale si fa riferimento all’armatura in velo di vetro delle guaine biarmate.
  8. LOTTO: quantità di prodotto fabbricata con la stessa specifica entro un periodo massimo di 24 ore.
  9. VALORE LIMITE DEL FABBRICANTE, MLV: Valore stabilito dal fabbricante che deve essere raggiunto durante le prove e che può essere un valore minimo o massimo secondo le dichiarazioni fatte per le caratteristiche di prodotto della norma in oggetto.
  10. VALORE DICHIARATO DAL FABBRICANTE – MDV: Valore dichiarato dal fabbricante associato ad una tolleranza dichiarata.
  11. MEMBRANA BITUMINOSA ARMATA: Membrana prefabbricata bituminosa flessibile con all’interno o all’esterno una o più armature fornita in forma di rotolo pronta per l’utilizzo – sembra una definizione scontata ma nei mercati esterni, soprattutto in quello francese, esistono membrane bituminose non armate.
  12. BITUME OSSIDATO: Bitume di petrolio grezzo di prima distillazione o bitume flussato per è indurito e reso meno sensibile alla temperatura insuflando aria ad alta temperatura con o senza l’utilizzo di catalizzatore.
  13. BITUME ELASTOMERICO: Bitume di petrolio e/o Bitume ossidato modificato con l’aggiunta di gomme termoplastiche
  14. BITUME PLASTOMERICO: Bitume di petrolio e/o Bitume ossidato modificato con l’aggiunta di poliolefine o mescole di copolimeri poliolefinici. – come si può notare nella norma non si fa riferimento a nessun tipo di mescole ELASTOPLASTOMERICHE. E’ una definizione puramente commerciale per definire quelle membrane plastomeriche che hanno una flessibilità a freddo piuttosto bassa. Essendo una definizione non normata ogni produttore decide quali prodotti inserire in questa classificazione, generalmente si parla di membrana che partono da una flessibilità a freddo massima di -15° fino a -25°
  15. CAMPIONAMENTO: Procedimento utilizzato per selezionare o costruire un campione.
  16. CAMPIONE: Membrana dalla quale si preleva un pezzo da sottoporre a prova.
  17. PEZZO DI PROVA: Parte del campione dal quale si prelevano i provini.
  18. PROVINO: Pezzo di precise dimensioni predo dal Pezzo di Prova.

Quando una tolleranza è limitata dalla norma non deve essere indicata. Questa particolare definizione ci fa capire come sia importante conoscere le norme di riferimento sulle membrane bituminose. Nel caso non sia data una tolleranza è il caso di andare a vedere quale sia quella stabilita dalla norma specifica.

Vengono specificati anche i valori che possono entrare nelle schede tecniche che si possono leggere qui. oltre a questi, nella nuova versione della norma è stato aggiunta la presenza di SOSTANZE PERICOLOSE: non devono contenere amiantocatrame (da non confondersi con bitume) se ci sono additivi considerati pericolosi il fabbricante deve dichiararlo sull’imballaggio e sulla scheda tecnica e di sicurezza. Questa forte restrizione permette sia ai posatori, sia ai clienti finali di rendersi conto dell’eventuale pericolosità del materiale.

Parte fondamentale della norma è il CONTROLLO DI PRODUZIONE DI FABBRICA (FPC): la norma richiede che il produttore DEVE stabilire, documentare e mantenere un FPC (ISO 9001). Essendo tutti i documenti tratti da una certificazione ISO 9001 sono sempre ispezionabili da una persona addetta (auditor interno o esterno) ai controlli anche se nominato da una persona esterna… il posatore o il cliente finale. La sorveglianza dell’FPC deve essere fatta una volta all’anno. Ecco perchè è fondamentale che quando si trovano difetti o problemi, vengano segnalati con una NON CONFORMITA’ o un RECLAMO scritti. Questo serve alle aziende produttrici a migliorare sempre il prodotto e ai clienti di poter stabilire il danno causato dal difetto.

Nella norma è stato inserito anche un valore per la RESISTENZA CHIMICA delle membrane bituminose. La inserisco in quanto potrebbe essere utile conoscerne il contenuto nel caso ci si trovasse di fronte a particolare inquinanti chimici o lavorazioni interne.

 

Sostanza Concentrazione T ≤ 30° T ≤ 65°
Acido solforico < 25 + +
Tra 25 e 95 + O
> 95
Oleum – miscela di triossido di zolfo in acido solforico
Acido Nitrico < 10 + O
Tra 10 e 65 O O
> 65
Acido Cloridrico < 25 + +
Tra 25 e 36 + O
> 36 O
Acido Formico 40 + O
Acido Benzoico +
Acido Butirrico
Acido Acetico 25 + +
Acido Oleico
Acido Ossalico + +
Acido Ftalico +
Acido Tartarico < 25 + +
25 +
Acido Citrico + +
Idrossido di Ammonio + +
Idrossido di Potassio + O
Idrossido di Sodio + O
Piridina e derivati
Trietanolammina +
Cloruri + +
Nitrati + +
Solfati + +
Acqua potabile + +
Birra +
Glicoli + +
Melasse + +
Zucchero + +
Soluzioni saponate + +
Liquame +
Acque reflue O O

Periodo di reazione di 30gg

  • + stabile
  • – instabile
  • o non stabile in tutti i casi

Potrebbe sembrare inutile e una perdita di tempo leggere questa tabella, ma se pensate che ogni tipo di stabilimento, di capannone, di casa è soggetta ad aggressivi chimici durante la sua vita, è meglio conoscere come reagirà la membrana bituminosa. Facciamo degli esempi ricordandoci sempre che i test fanno riferimento ad un periodo di reazione di 30 gg.

  1. Giardino pensile: durante le concimazioni si inseriscono spesso Cloruri e Nitrati che potrebbero aggredire il sistema impermeabilizzante;
  2. Acetaia: se l’impianto di aspirazione non è perfettamente funzionante si sviluppano vapori di acido acetico che potrebbero, attraverso i giunti di dilatazione o il calcestruzzo, aggredire lo strato impermeabilizzante;
  3. Conceria: vengono utilizzati svariati acidi che potrebbero aggredire lo strato impermeabilizzante
  4. Tintoria: spesso vengono usati acido solforico e acido nitrico che, se non funziona perfettamente l’impianto di aspirazione, diventano volatili e passano attraverso il solaio fino all’impermeabilizzazione
  5. mangimificio: viene utilizzato acido formico come antibatterico contro la salmonella
  6. Aziende alimentari: E210 è la siglia dell’acido Benzoico come additivo alimentare
  7. Depositi Alimentari: Quando un prodotto organico va in putrefazione, l’odore acre che si sente è l’Acido Butirrico, non è un caso che non si possano utilizzare le guaine bituminose come impermeabilizzanti nelle discariche.
  8. Acido Ossalico: viene utilizzato in numerose industrie: detersivi, prodotti per il legno purificante per pelli e tessuti, inchiostri e gomme.

Come si può vedere, conoscere le reazioni delle membrane bituminose ci può porre davanti ad una facile soluzione circa le impermeabilizzazioni in determinate circostanze inoltre chiunque abbia una produzione che utilizzi queste sostanze è in grado di definire chi, tra gli applicatori interpellati, saprà fornirgli le giuste garanzie.

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I tessuti non tessuti

Quante volte ci siamo trovati a guardare un capitolato dove vi è scritto: “TNT da 200 gr”. Ma di cosa si tratta? A cosa serve? E’ corretta la dicitura? Come possiamo prenderci la responsabilità di montare ciò che non conosciamo?… beh quest’ultima domanda di solito me la faccio solo io…… ma penso che i miei dubbi e le risposte che ho trovato possano servire a tanti per capire un mondo sconosciuto (tranne per i pochi addetti ai lavori) che siamo costretti ad utilizzare.

Grazie all’incontro avuto con l’ing. Bianchini ho scoperto, innanzitutto, a cosa servono i TNT: per prima cosa sono dei separatori tra strati! Il loro maggior uso è nel mondo agricolo e stradale, ma hanno anche uno scopo di antipunzonamento e protezione.

In base al loro utilizzo dobbiamo renderci conto che dobbiamo andare a ricercare alcune caratteristiche che sono peculiari e fondamentali per la realizzazione del lavoro.

Separazione: ha lo scopo di separare due strati di materiali facendo sì che l’acqua penetri attraverso la stratigrafia senza portarsi dietro i materiali di ogni singolo strato; in questo caso dobbiamo cercare la permeabilità verticale, ossia la possibilità di far passare l’acqua verso il basso e l’ Apertura dei pori, ossia quale diametro di materiale riesce a trattenere. Nel primo caso la scelta è facile: più è leggero il TNT più acqua passa e in scheda tecnica dobbiamo cercare il materiale con il valore più alto, nel secondo caso dobbiamo sceglierlo in base a ciò che dobbiamo trattenere e più piccolo è il valore migliore è il sistema di filtraggio! Ovviamente la scelta deve ricadere nel prodotto che mi assolve meglio il problema principale o il miglior compromesso tra il primo e il secondo dato! Notare che scrivere 200g non ha scopo in questo caso! Quindi è sbagliato!

Antipunzonamento: In questo caso abbiamo un TNT che ha lo scopo di proteggere ciò che abbiamo messo sotto di esso da un’azione puntuale; esempio tipico è il TNT utilizzato come antiradice. In questo caso abbiamo un dato che troviamo in scheda tecnica da utilizzare: la Resistenza al punzonamento. Questo valore ci dice quanti chili riesce a resistere il materiale prima che il punzone passi! il punzone che spesso troviamo sono le radici delle piante! Attenzione: le radici hanno la cattiva abitudine di non spingere solo verticalmente, ma di arrendersi quando la resistenza è troppa e cercare un punto debole! Dobbiamo allora ricordarci di saldare il TNT in sormonta per evitare che ciò avvenga. In questo specifico settore abbiamo anche una importante caratteristica che il TNT ha e crea nel tempo di esercizio: facendo passare l’acqua attraverso le sue fibre, ma trattenendo il terriccio al di sopra crea uno strato, detto “Cake“, che funge da filtro, trattenendo ciò che deve rimanere nello strato superiore! Ecco il motivo per cui è necessario che la stratigrafia di filtraggio e coltura dei giardini pensili sia studiata con i materiali opportuni.

Protezione: Questo è il campo in cui i TNT  vengono usati a totale protezione della stratigrafia sottostante, spesso e volentieri un sistema impermeabile come una guaina sintetica o bituminosa. Lo troviamo nel caso di tetto zavorrato, di tetto rovescio, di copertura pesante. Nel tetto zavorrato e nella copertura pesante, spesso, il TNT ha la funzione di proteggere l’impermeabilità della struttura. Quale dato dovremmo considerare allora? Sicuramente non ci interessa la permeabilità verticale, sicuramente non ci interessa l’apertura dei pori e neanche la resistenza al punzonamento (prima di gridare allo scandalo continuate a leggere), ma ci interessa l’Efficienza protettiva. Si tratta di un test che dimostra come quel dato TNT sia in grado di proteggere lo strato sottostante dalle deformazioni dovute alla pressione dello strato sovrastante! In soldoni: se sopra una guaina bituminosa metto un massetto che spinge con un suo peso, dobbiamo impedire che questo deformi la guaina fino a romperla; così come se usiamo una guaina in un tetto zavorrato con ghiaia, dobbiamo scegliere un TNT che impedisca alla ghiaia di rompere la guaina sottostante. Nei sistemi sintetici abbiamo anche l’utilizzo di un TNT che funge da strato di scorrimento sotto il telo impermeabilizzante: in questo caso non abbiamo necessità di altro dato che lo spessore! questo serve solo ad impedire che la guaina venga deformata o rotta da eventuali ostacoli posti nel piano di posa.

I TNT vengono utilizzati come strato drenante anche nelle massicciate dei canali, dove vengono, spesso, ricoperti gli argini da sassi. In questo caso ci interessa utilizzare un dato particolare: il Test a caduta: possiamo così sapere come si deformerà il TNT dopo avergli scaricato dall’alto i sassi di copertura.

Non dimentichiamo mai  che le schede tecniche devono essere complete e dichiarare con quale materiale è fatto il TNT (PP, PE, a fiocco, in filo continuo, etc.) e che in base a questo sappiamo anche quanto durerà nel tempo integro e funzionante.

In ogni caso dobbiamo ricordare che i TNT vengono utilizzati per uno scopo e ne abbiamo di tante forme, colori e materiali, ma sempre hanno bisogno di avere un dato che li accomuna e che ci dice quali sono i suoi valori importanti. Quindi quando vi diranno che dovrete usare un TNT da 200g ricordate al progettista che si deve informare bene su cosa vuole, perchè detto così non ha detto proprio nulla.

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Quanto vale una buona coibentazione del tetto e cosa conviene fare

Spesso, parlando con la gente, mi accorgo che nessuno ha un’idea vera, seria, e soprattutto reale di come fare per risparmiare combustibile o migliorare le condizioni abitative di casa propria o di un altro locale in cui passa la maggior parte del tempo (uffici, magazzini, negozi, ecc…). Faccio un esempio per spiegarmi meglio: molti pensano che se si ha freddo in inverno o caldo in estate in un edificio di vetro la colpa è dell’impianto che non fa abbastanza caldo o freddo quando dovrebbe essere ovvio che un edificio di vetro è e sempre sarà un edificio energivoro. Oppure mi si dice spesso che il costo delle bollette dipende dagli “spifferi” che vengono dalle finestre… mentre in realtà gli spifferi non incidono più del 1 o 2% (e spesso meno dell’1%) sul consumo di energia per scaldare casa.
Il problema è proprio questo: molte persone si fidano delle chiacchiere da bar con soluzioni consigliate da persone che spesso non sanno nemmeno cosa voglia dire isolamento termico, ne tantomeno conoscono le proprietà (positive e negative) dei materiali.

Nel nostro mestiere la cosa migliore è prima isolare la cassa (l’edificio, che sia una casa o un capannone), poi migliorare gli impianti. Migliorare la cassa dell’edificio vuol dire isolare termicamente, ma da dove si deve iniziare?? Io innanzitutto consiglio di iniziare dal “bersaglio grosso”, ovvero cercare quel componente che ha i maggiori metri quadrati… e generalmente non sono i vetri. Questo perché se lavoro su una superficie molto grande isolerò una zona molto più grande e quindi con vantaggi molto più grandi, e il lavoro costerà sempre un po’ meno grazie alle “economie di scala” (il ponteggio è sempre uno, il sopralluogo è sempre uno, la contabilità è sempre una, ecc…).

Parliamo del tetto. Perché e come isolare i tetti.
Il perché è semplice ma innanzitutto bisogna capire di cosa stiamo parlando: di case o uffici (e quindi edifici di piccola metratura) o di capannoni e magazzini (ovvero edifici di grande metratura). Nel secondo caso il tetto è una delle aree maggiori, nel primo caso il tetto è una delle maggiori cause del riscaldamento estivo.

Il come dipende. Se il vostro problema è solo il periodo invernale l’isolamento termico che fa per voi è quello classico: fatto con un materiale isolante o a base plastica o a base naturale che abbia una buon coefficiente di isolamento termico (per i capannoni può essere interessate pensare ad isolamenti a spruzzo). Ma se il vostro problema è anche estivo allora quanto appena detto non va più bene; in caso di problema anche estivo dovrete utilizzare un materiale che lavori bene sia in inverno che in estate e le soluzioni sono sostanzialmente 2:
1) Usare un isolante “classico” abbastanza pesante, con un peso superiore ai 120kg/m2 (pannelli in perlite, in lana di roccia o di vetro, lana di pecora se volete un materiale veramente ecologico, lana di legno ma solo per i tetti in legno) che permetta un buon isolamento termico in inverno ed una buona massa per il periodo estivo, facendo così in modo che il calore ricevuto durante il giorno non entri in casa vostra ma stia sul tetto fino all’avvento della notte.
2) Usare un isolante riflettente. Questo isolante lavora con le onde elettromagnetiche. In inverno il calore che viene dalla casa e vuole uscire viene fatto rimbalzare verso l’interno. In estate il procedimento si inverte e l’onda termica che viene dal sole colpisce l’isolante che funziona come uno specchio e lo fa rimbalzare verso l’esterno.
Come vedete entrambe le soluzioni non sono quelle consigliate al bar sottocasa dal sempre presente “so tutto io”, ma sono soluzioni articolate che debbono esser prese conoscendo i pregi ed i difetti di ogni materiale.

Personalmente trovo entrambe le due tipologie di intervento utili e versatili in qualunque stagione; e le preferisco a soluzioni dove viene usato solamente un isolante plastico ed ho avuto esperienze molto interessanti sia sull’uso di isolanti riflettenti che sull’uso di materiali ad alta massa come la perlite.

Articolo redatto da Enrico Gradellini

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Il giardino pensile – prima parte

Oramai il risparmio energetico sta diventando, per me, una vera mania, quasi un’ossessione e non posso fermarmi davanti ai limiti fisici che le città e la società ci impongono; devo studiare, devo andare avanti, devo cercare di capire cosa si può fare per migliorare questo piccolo mondo che abbiamo devastato cercando, automaticamente, di migliorare il comfort per noi stessi.

Proprio per questo ho deciso di cominciare a studiare in modo più approfondito un sistema originale ed antico come l’uomo di vivere la natura in città: il giardino pensile.
Apprezzato e demonizzato, facile e difficile il giardino pensile è uno dei metodi per migliorare l’efficienza energetica dei nostri locali, di migliorare la difesa acustica, l’assorbimento degli inquinanti, migliorare la diffusione dell’evaporazione e il raccoglimento dell’acqua più diffusi dai tempi di Babilonia ad oggi; il bello è che nel mondo moderno e visionario dei grandi architetti il giardino pensile è uno strumento quasi indispensabile!

Per partire con un giardino pensile dobbiamo pensare ad un oggetto classico: il terrazzo o il lastricato sopra i garage.

Per scrivere ciò che leggerete di seguito e che scriverò in futuro ho preso contatti con un professionista del settore (il buon Fabio Cerè titolare della N.P. Srl è stato disponibilissimo nell’istruirmi) e ho fatto una splendida visita alla biblioteca universitaria della facoltà di Agraria di Bologna.

I vantaggi di avere il verde pensile sono innumerevoli: innanzitutto abbiamo una capacità naturale del terreno di trattenere acqua che viene rilasciata nell’ambiente mediante l’evaporazione in loco, evitando di avere zone esageratamente secche (città) e sono troppo umide (zone di raccolta delle acque); inoltre sono un vero e proprio toccasana per quanto riguarda la pulizia dell’aria perché i giardini pensili hanno la grande capacità di frenare le polveri sottili, di assorbire i più comuni inquinanti facendoci respirare decisamente meglio; i giardini pensili hanno anche la grande capacità di isolare termicamente ed acusticamente i solai su cui poggiano creando uno strato di separazione tra il mondo esterno e migliorando in comfort abitativo ed il risparmio energetico.

Riconosciuto unanimemente dal mondo di chi tratta i giardini pensili è il valore fondamentale dello strato impermeabile: “Nella progettazione e realizzazione di una copertura a verde pensile occorre ricordare che lo strato di impermeabilizzazione riveste un’importanza fondamentale” (Giardini Pensili – Paolo Abram – Pag. 80 – Gruppo editoriale Esselibri-Simone) e “Fino ad oggi, purtroppo, l’argomento impermeabilizzazione nel progettare verde pensile è stato spesso superficialmente sottovalutato” (idem – Pag. 81); ho deciso di citare queste due frasi perché portatrici di un disagio da parte del mondo della progettazione verso coloro che rendono difficile la costruzione di un giardino pensile a causa di una forte ignoranza in materia di impermeabilizzazione che diventa ostativa nella realizzazione del giardino.

Come si può realizzare un giardino pensile: chiaramente non mi arrogo il diritto di scegliere i materiali idonei, soprattutto per quanto riguarda la stratigrafia vegetativa, ma per quanto riguarda lo strato a tenuta posso dire la mia.

innanzitutto la scelta del materiale impermeabile: possiamo utilizzare i più svariati materiali impermeabili, dalle guaine bituminose, alle resine poliuretaniche o epossidiche.

L’ostacolo più importante che deve affrontare lo strato impermeabile è il propagarsi delle radici che, con il loro elevato potere punzonante, possono bucare il più resistente dei calcestruzzi! Per ovviare questo problema è necessario che l’impermeabilizzazione sia studiata nel dettaglio valutando pro e contro di ogni sistema utilizzabile e scartando quelli che renderebbero lo strato a tenuta deteriorabile nel breve periodo.

Un grande problema riscontrabile, come già detto, è l’effetto punzonante delle radici che si possono insinuare sia nello strato impermeabile, ma più facilmente nelle giunte che si possono presentare con alcuni materiali prefabbricati (guaine bituminose o poliolefiniche ad esempio): proprio le giunzioni tra i teli sono un punto delicatissimo, come un punto molto delicato è la resistenza al punzonamento statico: la capacità di un materiale di resistere alla penetrazione di un corpo: questo valore viene migliorato notevolmente dalle armature in quei prodotti che non ce l’anno naturalmente. Altro grosso ostacolo è la capacità di un materiale di fornire nutrimento alle radici, oltre a tutte le problematiche che normalmente dobbiamo affrontare in una copertura.

La scelta può essere semplice se non si tiene presente tutto questo e altrettanto sbagliata con gravi conseguenze economiche per coloro che progettano o eseguono il lavoro.

Per poter scegliere il miglior sistema impermeabilizzante è necessario conoscere le caratteristiche che deve avere in assoluto:

  • Stabilità dimensionale (max < 0,5%);
  • Resistenza al carico statico (alberi, muretti, etc.);
  • Flessibilità a freddo (più è bassa meglio è);
  • Lento invecchiamento;
  • Tenuta all’acqua (lo so che sembra una battuta, ma controllerei i dati di permeabilità prima di scegliere);
  • Protezione dalle radici.

La guaina bituminosa: esistono specifiche guaine bituminose per i giardini pensili dette “guaine antiradice” ciò grazie ad un additivo della Bayer: il “preventol”… usato da tutti indistintamente in quanto il miglior repellente per radici utilizzabile nella produzione di guaine bituminose; altra caratteristica che deve avere una guaina antiradice è un’armatura importante, spesso si usano quelle per i ponti, ed una stabilità dimensionale elevatissima per poter garantire che lo strato a tenuta non si muova nel tempo; gli svantaggi sono evidenti: chiaramente il bitume è necessario addittivarlo in quanto è in gran parte composto da carbonio che attira come una calamita le radici delle piante; inoltre se le saldature non sono effettuate a regola d’arte sono facilmente punzonabili dalle radici che non trovano l’ulteriore ostacolo dell’armatura in quella zona.

Malte elastiche ed additivi cementizi: personalmente le sconsiglio in questo campo in quanto hanno bassissime resistenze alla lacerazione ed al punzonamento, oltre ad un basso spessore di materiale presente a lavoro finito ed ad un’inesistente elasticità; d’altro canto non presentano materiali nutrenti per le radici e sono esenti da sormonte in quanto parliamo di impermeabilizzazioni continue fabbricate in loco.

Guaine sintetiche poliolefiniche o PVC: sono sicuramente membrane che migliorano l’approccio dell’impermeabilizzazione rispetto a quelle bituminose e non hanno necessità di avere additivi specifici per allontanare le radici, il loro valore di opposizione al punzonamento è valido, anche se qualche perplessità la riscontro sulle metodologie di sormonta: in questi materiali i sormonti vengono eseguiti puntualmente facendo aderire i due teli in due punti tra di loro e lasciando un piccolo “tunnel” d’aria tra una zona di saldatura e l’altra; per carità, questo tipo di saldatura è addirittura certificabile… ma come ben sappiamo alle radici delle certificazioni interessa poco e possono, nel lungo periodo, arrivare a bucarle.

Guaine sintetiche EPDM: sicuramente sono le più resistenti in quanto completamente inerti, con alti valori sia al punzonamento, sia alla lacerazione e con il grande vantaggio di poter avere un telo unico per la costituzione dello strato a tenuta; anche nel caso si utilizzino più teli è necessario ricordare che i teli EPDM si saldano per vulcanizzazione che rende i due teli saldati un unico telo con tutte le caratteristiche del telo originario; grazie a queste caratteristiche è possibile avere, addirittura, un telo tridimensionale prefabbricato che può essere creato direttamente sul disegno del giardino pensile; gli svantaggi sono facilmente ammortizzati dai vantaggi e si tratta semplicemente di un costo un po’ più elevato rispetto alle poliolefine o ai prodotti bituminosi.

Le resine: chiaramente senza entrare nello specifico delle caratteristiche di ogni resina presente sul mercato (quello fatelo voi leggendovi le schede tecniche) ricordo che le resine sono un ottimo sistema impermeabilizzante in quanto naturalmente antiradice, armabili con armature di diverso calibro, addirittura con armature raddoppiabili per migliorarne decisamente la resistenza al punzonamento; inoltre non hanno alcun tipo di sormonto in quanto vengono posate prima della polimerizzazione che avviene direttamente sul solaio da impermeabilizzare; sicuramente sono la scelta più onerosa che si possa fare.

Come al solito la miglior scelta, probabilmente, è quella di prendere il meglio dai materiali mischiando i sistemi tra di loro: ad esempio possiamo utilizzare un sistema prefabbricato per il piano e i risvolti verticali (bituminoso, poliolefine, PVC, EPDM) ed effettuare le sigillature verticali con l’utilizzo di una resina compatibile con il sistema principale: questo garantisce di contenere i costi sui materiali e di avere il meglio dai prodotti usati.

Ma una stratigrafia non può essere completa se non si pensa anche all’evacuazione dell’acqua: sopra lo strato a tenuta è necessario creare uno strato drenante che permetta all’acqua in eccesso, di evacuare verso gli scarichi predisposti e il miglior materiale in commercio è sicuramente un geocomposito formato da uno o due strati di TNT con in mezzo una rete di HDPE che permette di avere una camera d’aria sufficiente a trasportare liberamente l’acqua.

Chiaramente non finisce qui: approfondiremo il discorso giardini pensili proprio partendo dallo strato drenante.

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Impermeabilizzare un massetto alleggerito

E’ notorio a chi tratta impermeabilizzazioni continue che i massetti alleggeriti sono difficili da trattare; non solo con i bituminosi, ma anche con i sintetici, con le resine e con i cementizi: problemi di ancoraggio, di compatibilità, di rifiuto di resistenza alla compressione etc.

La cosa che difficilmente si riesce a capire è cosa realmente non permette di ancorare bene in manto impermeabile al massetto alleggerito.

Premettiamo che il miglior sistema è appoggiare un massetto sabbia/cemento di circa 5 cm sopra l’alleggerito o un pannello coibente e abbiamo risolto il problema, ma penso che andare a fondo della situazione sia importante per capire come difendere la nostra impermeabilizzazione da responsabilità altrui difficilmente comprovabili dopo due o tre anni.

Durante la mia indagine (nata, guarda caso, da un problema su un cantiere) mi sono trovato di fronte ad una grossa ignoranza relativa al problema ed una grande reticenza da parte di produttori di massetti alleggeriti (ringrazio fin d’ora il dott. Stefano Zuliani della Laston Italiana che è stato l’unico a dare risposte alle mie domande); con grande difficoltà ho analizzato il problema ricostruendo dati dalle schede tecniche reperite e dalle esperienze delle persone interpellate.

Partiamo da una definizione: massetto in cemento alleggerito è un massetto all’interno dei quale è stata fatta un’azione di alleggerimento che può consistere nell’introduzione di inerti leggeri (polistirene, argilla, pomice) o mediante l’azione di inglobamento di aria data da schiumogeni che, reagendo durante l’impasto, sigillano l’aria all’interno del massetto.

Il primo tipo di massetto ha la problematica base di essere meno coerente di un massetto normale e quindi può non permettere la massima adesione dello strato impermeabilizzante, mentre il secondo tipo ha problematiche di tipo chimico: gli schiumogeni utilizzati (per quello che ho potuto verificare di persona) sono quasi tutti a base di tensioattivi (a parte quello della Laston… che, stranamente, è stata l’unica a rispondermi); i tensioattivi, per spiegarlo a chi non è nel settore igienico, servono a pulire (scusate la semplicità, per chi vuole maggiori informazioni ecco il link di wikipedia: tensioattivi ).

-Qual’è il problema?-, mi chiederete: è molto semplice: i tensioattivi fungono da detergente sulle impermeabilizzazioni, ossia tendono a ridurre la coerenza molecolare delle sostanze organiche o di origine organica delle impermeabilizzazioni con l’effetto di avere un invecchiamento precoce dello strato impermeabilizzante.

Gli effetti sui manti bituminosi e sintetici (pvc, poliolefine ed EPDM) sono di velocissimo invecchiamento con conseguente creazioni di crepe e perdita di plastificanti; sulle resine incapacità di mantenere una coerenza molecolare e quindi la formazione di microcrepe che rendono permeabile la superficie; con i cementizi una totale incoerenza del manto sul massetto in breve tempo.

Attenzione: questo è un rischio, non è detto che succeda per forza!

Come possiamo evitare questo fenomeno: è molto semplice: leggendo la scheda tecnica del massetto alleggerito e lasciandolo asciugare nei tempi prescritti dal produttore; questo è determinante perché permette all’acqua del massetto di evaporare e di lasciare i tensioattivi in forma solida e quindi non corrosiva; altro consiglio spassionato è quello di utilizzare, nei bituminosi, un doppio strato di guaina o un pannello coibente che faccia da strato separatore.

Da considerarsi la migliore soluzione è sicuramente un tetto caldo (coibente a contatto con il massetto ancorato meccanicamente e strato impermeabilizzante in superficie) o un tetto caldo zavorrato (coibente a contatto con il massetto e strato impermeabilizzante in superficie con uno strato di zavorra a dare stabilità); eviterei di utilizzare prodotti liquidi o in pasta o in polvere se non debitamente protetti dall’azione corrosiva dei tensioattivi presenti nel massetto alleggerito.

In conclusione: se vi trovate a dover impermeabilizzare un massetto alleggerito state attenti a controllare l’asciugatura dello stesso e pretendetela, perché nel futuro danno (quasi certo) non potrete mai provare che il massetto non era giunto a giusta maturazione.

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La barriera al vapore

Vista la brutta stagione, come tutti, sto facendo una valanga di preventivi (speriamo ne vadano in porto il più possibile) e mi imbatto sempre di più in una casistica di guaine bituminose che si usano sempre meno: la barriera al vapore!

La barriera al vapore ha il compito di non far passare il vapore acqueo attraverso la struttura del tetto fermandolo e lasciandolo allo stato gassoso (se il coibente è stato ben calibrato).

Spesso mi sento dire che basta una guaina normalissima o un telo traspirante, in fondo perchè spendere tanti soldi per una guaina che ha un foglio di alluminio al suo interno?

Bene la risposta dovrebbe darla in automatico il termotecnico (oggi sempre più importante nella scelta dei materiali): per preservare il coibente nel tempo evitando che il vapore acqueo si condensi al suo interno rovinando il pannello termico.

Nonostante ciò molti termotecnici neanche sanno che esiste la barriera al vapore o com’è fatta; per questo faccio un piccolo elenco di materiali che normalmente vengono chiamati, spesso impropiamente, barriera al vapore:

Barriera al vapore: guaina bituminosa con un foglio di alluminio al suo interno accoppiato all’armatura (spesso velo vetro); potrebbe non avere l’alluminio ma comunque deve avere un “mu” (scusate ma non trovo la lettera greca sulla tastiera) di almeno 90.000; chiaramente più questo valore è alto meglio è il prodotto!

Freno vapore: tutti quei materiali bituminosi o sintetici che hanno un “mu” inferiore a 90.000;

Traspirante: esattamente il contrario della barriera al vapore; in questo caso il “mu” è bassissimo e il suo compito è proprio quello di far passare il vapore acqueo; si usa spesso nelle strutture in legno.

Dato per certo che la barriera al vapore è indispensabile quando posizioniamo un coibente nasce una diattriba sull’utilizzo del materiale con le fibre naturali: personalmente penso che non sia il caso di usare un prodotto bituminoso, semplicemente perchè è difficilmente accoppiabile con le fibre naturali, ma un prodotto similare sintetico lo metterei sicuramente proprio per evitare che le fibre, di cui è composto il coibente, si possano impregnare d’acqua nel tempo e, quindi, degradarsi non funzionando più!

Tra i materiali attualmente sostitutivi la barriera al vapore bituminosa ci sono dei teli sintetici in Polietilene, in PVC e i coibenti radianti ( o riflettenti) in quanto sono rivestiti d’alluminio.

Spero di aver fatto un po’ di chiarezza sull’argomento, nel quale ci sarebbe da discutere per un giorno intero; nel caso abbia fatto più confusione postate che cercherò di rimediare! Se avete, invece, da aggiungere fate tranquillamente! siamo quì per discutere dell’argomento!