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Cristo è morto dal freddo

Immagine presa dal web (http://www.ourfreetime.it/orwell/)

Non passa giorno che non arrivi qualche richiesta strana, non passa giorno dove non si sentano cose ancora più assurde e i social non fanno altro che amplificare la distrazione di massa. Come possiamo pensare di fare informazione se ognuno ha l’autorità di scrivere ciò che vuole e farlo passare per vero?

Ovviamente non voglio parlarvi di COVID-19, di vaccini, di terapie intensive ma semplicemente di impermeabilizzazioni. Possibile che crediate a tutto ciò che chiunque scrive? Possibile che non si riesca a pensare che le soluzioni miracolose sono delle truffe? Che i materiali più incredibili esistano solo nei cartoni animati? Eppure ogni giorno si vedono video di persone che spruzzano liquidi colorati spacciandoli per la panacea a tutti i mali o applicando i materiali tradizionali come fossero un pilota di rally nel mezzo di un duello.

Le impermeabilizzazioni sono una cosa seria, difficile da fare, richiedono lavoro costante, formazione continuativa e “sono 40 che faccio così e non ho mai avuto un problema” non vale per nessuno! Chi deve dichiarare la propria competenza in modo così assurdo dovrebbe essere cacciato a calci nel sedere. Eppure, ogni giorno, andando a vedere i disastri che sono stati fatti sulle coperture impermeabilizzate, sento dire le stesse cose. Ma non solo una volta. Molte e molte e molte altre ancora; e sempre dalle stesse persone.

Ma cosa c’è di così strano da dover pensare che le impermeabilizzazioni siano una cosa seria?

Perché non si riesce a vedere la professionalità in chi vi assiste? Questa non ha bisogno di prove curricolari, gli basta la semplice presenza in cantiere. Avete mai visto Renzo Piano andare in cantiere e dire “sono 40 anni che faccio così e non ho mai avuto un problema?”. Ma sul serio ci credete ancora?

Beh, sapete cosa vi dico: Cristo è morto dal freddo, che ci crediate o meno, più o meno in quel periodo, più o meno da quelle parti faceva freddo e lui era più o meno nudo. Sulla croce non c’è mai salito (perché faceva più o meno freddo) ed è rimasto come un barbone a dormire su una panchina alla stazione terminal di Gerusalemme coperto dai cartoni di Amazon.

Vi piace così la storia? Perché è questo che continuate a fare, cari committenti. E’ così che voi credete ad ogni panzana che vi viene propinata, basta che si aggiunga la frase “sono 40 anni che faccio così e non ho mai avuto un problema”.

Un professionista affermato, un professionista serio non ha tempo da perdere nel continuare, una, cento, mille volte a difendere la propria competenza. Un professionista serio vi dà la soluzione, vi dice come metterla in pratica e vi segue… ah, e vi chiede anche una parcella salata! Perché sapete, non tutti vivono d’aria e studiare costa fatica, tempo e denaro.

Ad aggiungere peso a queste mie parole ci sono coloro che pretendono il riconoscimento della propria professionalità nel proprio campo ma non si sognano minimamente di darla agli altri. Beh, cari signori, mi spiace essere così duro ma non mi lasciate alcun appiglio: o Cristo è morto dal freddo o voi dovete smetterla di comportarvi come persone di poco intelletto e cominciare a capire che i miracoli non esistono.

Mi ripeto e non mi spiace per questo: le impermeabilizzazioni sono una cosa seria. Se poi non vedete i calcoli estremi che gli ingegneri fanno per le strutture, se non vedete i fantasmagorici disegni che gli architetti fanno per i loro progetti o i dettagli incredibili che vengono sfornati da studi tecnici con scale 1:100 è perché non avete mai chiamato un tecnico serio. Uno specialista nelle impermeabilizzazioni vi disegna il dettaglio di ciò che deve essere impermeabilizzato. Non essendovi una normativa uniformata sull’argomento, non esiste una procedura univoca. C’è chi li disegna in scala, c’è chi li fa in 3D, che chi (come il sottoscritto) non li fa in scala per evidenziale la parte della stratigrafia impermeabile in mezzo a stratigrafie complesse. In ogni caso, i dettagli applicativi devono essere prodotti se volete che la copertura venga impermeabilizzata correttamente.

Quindi, vi prego, basta con la carta catramata, basta con il prAimer (si scrive primer), basta con i materiali che con una passata fanno il miracolo, basta con l’approssimazione.

Ricordate, anche se non vi sembra, la copertura che vi difende dall’esterno e dagli agenti atmosferici, difende anche la struttura dentro la quale state e se non la impermeabilizzate correttamente, prima o poi vi cadrà sulla testa. E se vi viene da dire “ma tanto cosa vuoi che succeda, chissà quanti anni ci vorranno”, chiedetelo ai parenti delle vittime di Ponte Morandi (già…. l’acqua è veicolo di degrado, di carbonatazione, è solvente per i sali che corrodono i ferri di armatura, è degradante primario quando si congela, etc.).

L’acqua è vita ma è anche morte. Sta a noi decidere come si dovrà comportare. Basta scuse e basta continuare a buttare via soldi in soluzioni inutili. Piuttosto che fare un pessimo lavoro, non fate nulla, perlomeno avrete risparmiato soldi.

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Liscia o ardesiata? questo è il problema.


La finitura delle guaine bituminose può essere, generalizzando, liscia o ardesiata. Ardesiata è quella con le scaglie d’ardesia di vario colore e liscia sono tutte le altre. Eh, già, perchè le guaine liscie sono quelle senza asperità. Ma liscio vuol dire tutto e niente; ci sono guaine liscie con finitura il polipropilene, in polietilene, in tnt, in lamina metallica, in strati colorati, in sabbia o in talco.

Voglio parlarvi solo delle applicazioni sui tetti a falda.

Normalmente viene usata, come impermeabilizzazione secondaria, una guaina bituminosa ardesiata, il cui scopo principale è impermeabilizzare ma anche evitare lo scivolamento degli operatori durante la posa, per proteggere la massa bituminosa della membrana e per migliorare l’adesione delle tegole che vengono fissate con schiume poliuretaniche o malte. Preciso che la malta cementizia sarebbe meglio non utilizzarla in quanto, nel tempo, verrà rifiutata dalla guaina.

Ma siamo sicuri che sia la scelta giusta! Certo l’applicatore che abbiamo contattato (che è l’amico del fratello del cognato del vicino di casa di uno che abbiamo conosciuto scivolando su una buccia di banana, non un professionista) ci avrà detto che la guaina giusta è quella ardesiata e noi, che non sappiamo nulla, non possiamo fare altro che fidarci. Beh, vi devo deludere: la guaina migliore per la posa sottotegola è quella liscia con finitura tnt (tessuto non tessuto) o tessuto tessuto. La guaina liscia con tnt accoglie molto meglio la schiuma rispetto alle scaglie d’ardesia, ma soprattutto, essendo attaccata in continuo sulla massa bituminosa (compound), non si staccherà con molta facilità cosa che succede con le scaglie d’ardesia.

Se dovete farvi fare un preventivo per reimpermeabilizzate il vostro tetto a falda con tegole o con lamiera ricordatevi questi piccoli parametri:

  1. utilizzate una guaina liscia con finitura superiore in tnt
  2. che sia una guaina di tipo plastomerico (APP o TPO) con valore di flessibilità a freddo non superiore a -10° (quindi -15 e -20 vanno benissimo). Non utilizzate guaine elastomeriche tipo SBS mentre vanno benissimo quelle in EPDM
  3. Se proprio non potete fare a meno di avere una guaina ardesiata controllate che il peso sia di 4,5 kg/mq ed abbia uno spessore non inferiore a 3mm
  4. La guaina dovrà essere posata ortogonalmente alla linea di gronda
  5. La guaina dovrà essere sfiammata su tutta la sua superficie
  6. E’ necessaria la posa del primer!

Se chiederete che venga utilizzato un materiale con finitura in tnt scoprirete chi, effettivamente, è un applicatore professionista e chi improvvisato! Inoltre pretendete che queste annotazioni vengano scritte in contratto e, prima della posa del manto di tegole, nominate qualcuno di vostra fiducia (un progettista o un esperto in impermeabilizzazioni) che vadano a fare un carotaggio sul tetto per capire se la guaina è stata posata correttamente. Nel caso non lo sia fate rifare il lavoro, perchè un tetto fatto male è un tetto pericoloso!

Probabilmente penserete che sia esagerato il lavoro di controllo che suggerisco, ma se pensate che quando si parla di tetti si parla sempre di migliaia di Euro, non vi dovrebbe sorprendere un tal consigio. Inoltre i posatori professionali mirano ad un lavoro di qualità e duraturo, come dovrebbe essere comunque, e non si scandalizzano o offendono mai se un committente vuole essere sicuro del lavoro eseguito; anzi sono ben contenti di poter dimostrare la qualità del loro lavoro.


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UNI 11540/2014 – Linee guida per la redazione e corretta attuazione del Piano di Manutenzione di coperture continue


L’evoluzione delle coperture sta compiendo un grande balzo in avanti aggiungendo alle normative sulla fabbricazione delle membrane flessibili, sulla creazione di coperture continue anche una norma sulla manutenzione, o meglio sull’attuazione di un piano di manutenzione. Piano complesso ed articolato che vede la sua realizzazione in una serie di progetti e documenti che tengono conto di tutte le possibilità che si potranno verificare su una copertura. Allo stesso tempo abbiamo un piano dinamico che si può modificare nel tempo in base alle esigenze mutate o al mutamento delle condizioni di utilizzo della copertura.

Analizziamo nel dettaglio la norma sperando che possa essere applicata nel più ampio caso possibile; come al solito sostengo che ogni committente dovrebbe essere supportato da un progettista che ne faccia le veci o che ne curi gli interessi sulla copertura. Con questo progettista l’applicatore, o l’esperto che lo segue, potrebbe creare il complesso articolato che sarà la manutenzione futura.

a) MANUALE D’USO per la fruizione della copertura anche in relazione alla presenza di impianti tecnologici
b) PIANO DI MANUTENZIONE che contiene le informazioni tecniche necessarie per la verifica e gli interventi durante la vita utile del sistema impermeabile
c) PROGRAMMA DI MANUTENZIONE che contiene le fasi e i tempi di controllo delle ispezioni per una corretta gestione della copertura

I riferimenti normativi che vanno considerati circa questa norma sono la: UNI 9307-1 (coperture continue – istruzioni per la progettazione – parte 1° – elemento di tenuta) e la UNI 11345 (Attività di controllo per le fasi di progetto esecuzione e gestione di coperture continue).

Definizioni:

Committente
Direttore dei Lavori
Durabilità: Attitudine del sistema di copertura e/o dei suoi elementi e strati a mantenere nel tempo i prori livelli prestazionali e funzionali al di sopra di un asoglia critica sotto la quale si manifesta un determinato guasto che comporta un processo irreversibile di obsolescenza.
Elemento di tenuta: strato impermeabile
Fruibilità: attitudine di un sistema di copertura ad essere correttamente utilizzato da parte degli utenti.
Funzionalità: Insieme delle condizioni tecniche che consentono il conseguimento delle finalità richieste al sistema di copertura.
Gestione della Manutenzione: Tutte le attività di gestione che fissano gli obiettivi, le strategie e le responsabilità afferenti alla manutenzione e che le attuano utilizzando strumenti quali la pianificazione, il controllo e la supervisione della stessa, nonché il miglioramento di attività di Manutenzione.
Impresa Generale: vedi UNI 11345
Impresa Specialistica: vedi UNI 11345 – nel caso in cui l’impresa specialistica si assuma direttamente l’esecuzione dell’opera, come nel caso di ripristini, essa si assume anche i compiti e le responsabilità dell’impresa generale
Ispezionabilità: attitudine a consentire/facilitare il controllo del sistema di copertura e/o dei suoi elementi e strati.
Ispezione
Manutenibilità: Attitudine di un sistema di copertura ad essere manutenuto o ripristinato in uno stato tale da conservare i requisiti funzionali previsti dal progetto, quando gli interventi possono essere effettuati in modo agevole o dettando le procedure e le risorse prescritte dal manuale di Manutenzione.
Manutenzione Correttiva: Manutenzione eseguita a seguito della rilevazione di un guasto funzionale e volta a riportare il sistema di copertura e/o i suoi elementi e strati i un ostato in cui essa possa riassumere le sue funzioni previste in progetto.
Manutenzione di un sistema di copertura: Combinazione di tutte le azioni tecniche, amministrative e gestionali durante il ciclo di vita del sistema di copertura e/o dei suoi elementi e strati, finalizzati a mantenere o riportare le stesse in uno stato in cui possa espletare le funzioni richieste.
Manutenzione preventiva o secondo condizione: Manutenzione eseguita secondo criteri prescritti e previsti per ridurre la probabilità di guasto o il non corretto funzionamento del sistema di copertura e/o dei suoi elementi e strati.
Manutenzione programmata: Manutenzione eseguita ad intervalli predeterminati, secondo un programma temporale stabilito
Modulo di controllo: Modulo preimpostato atto alla registrazione dei controlli da eseguirsi secondo il programma di manutenzione.
Modulo di Manutenzione: Modulo per la registrazione degl interventi di Manutenzione attuati.
Progettista del sistema di copertura: vedi UNI 11345
Registro di Manutenzione: raccolta delle registrazioni inerenti le attività di controllo e gli interventi di manutenzione effettuati.
Regola dell’arte: Insieme delle tecniche considerate corrette degli specialisti del settore per l’esecuzione di determinate lavorazioni del sistema di copertura. Le leggi dello Stato quale riferimento primario e le norme produtte da enti di normazione, quando disponibili, costituiscono un qudro di riferimento per valutare la rispondenza di un’opera alle regole dell’arte. In assenza completa o parziale di riferimenti normativi le linee guida promosse da associazioni professionali identificano e costituiscono interpretazione referenziale delle regole dell’arte. Le guide emesse dai singoli produttori costituiscono Regola dell’Arte per l’applicazione dei materiali prodotti dal produttore stesso.
Responsabile del servizio di manutenzione: responsabile delle attività di pianificazione organizzazione, esecuzione e controllo relativo alla Manutenzione del sistema di copertura.
Riparazione: Azione eseguita per ripristinare le funzioni di un sistema di copertura e/o dei suoi elementi e strati richieste.
Ripristino (del sistema di copertura o di un singolo elemento o strato costituente): Tutte le attività d’intervento necessarie per riportare il sistema di copertura, o il singolo elemento o strato, alle funzioni originarie.
Servizio di Manutenzione: Insieme organizzato delle attività necessarie alla Manutenzione del sistema di copertura.
Sistema di copertura: Insieme costituito da tutti gli elementi o strati primari e complementari costituenti la copertura.
Sistema di tenuta: Insieme costituito dall’elemento di tenuta e dagli elementi o strati accessori e complementari che concorrono nella tenuta idraulica della copertura stessa.
Strategia di manutenzione: Metodo gestionale utilizzato allo scopo di raggiungere gli obiettivi della Manutenzione.
Utente
Verifica di Funzionamento: Attività effettuata dopo un’azione di Manutenzione per verificare che il sistema di copertura e/o i suoi elementi o strati siano in grado di funzionare come previsto in progetto.
Vita Utile: Intervallo di tempo dalla fine dei lavori fino al momento in cui il sistema di copertura o un suo elemento o strato non può più svolgere la sua funzione senza interventi di Manutenzione straordinaria. Tale intervallo è convenzionalmente legato allo stato dell’arte maturato nel settore e all’evoluzione di materiali e prodotti presenti sul mercato.

Già così abbiamo molto da imparare, ma le definizioni sono sempre utili per evitare confusione sulla nomenclatura utilizzata. Le voci senza definizioni sono semplici e non ho copiato la norma!

RESPONSABILITA’ OPERATIVE

Per una costruzione nuova il Progettista deve redigere il Piano di Manutenzione e la Direzione Lavori deve verificare la correttezza di ciò che vi è scritto dentro. Nel caso di difformità dovrà proporre al progettista le variazioni che dovranno, da lui, essere autorizzate ed inserite nel piano di manutenzione. Al momento dell’ultimazione dell’opera il Piano deve essere consegnato al committente. La proprietà sarà responsabile e conserverà l’archivio con tutti i documenti allegati.
Il Gestore della Manutenzione, al momento della presa in carico, deve controllarne la correttezza. Nel caso in cui non la rilevi dovrà segnalare al progettista le modifiche da fare. Nel caso, invece di una vecchia costruzione la differenza statà nel fatto che il Gestore della manutenzione, nel caso di difformità del piano di Manutenzione o di assenza di tale piano, dovrà passare ad un progettista incaricato l’onere di costruirlo o di correggerlo; per farlo, il progettista, dovrà attuare tutte le azioni necessarie per ricostruire la documentazione e le attività svolte nel tempo passato. Se non si trova decumentazione o non è ricostruibile il progettista potrà arrivare a carotare l’impermeabilizzazione, per capire quali e quanti strati vi sono nel pacchetto, o addirittura portare in laboratorio i materiali carotati per sudiarli.

Questa sezione della norma è particolarmente importante in quanto autorizza il progettista ed il Gestore della manutenzione a costruire una documentazione completa per avere una fotografia attuale della situazione. In ogni copertura, dove vi sia la necessità di una manutenzione, è importante sapere su cosa si lavora e quale metodologia di posa sia stata utilizzata. Pensate ad un tetto piano dove vi sono 7 strati di guaina bituminosa e si richiede di porre termine alle infiltrazione: in questo caso è necessario che vi siano le figure investite dell’incarico di studiare lo stato dell’opera per avere la certezza che la manutenzione straordinaria possa funzionare veramente. Le due figure (il progettista ed il gestore della Manutenzione) devono essere nominati dalla proprietà e non dalle imprese incaricate.

REQUISITI MINIMI DEL PIANO DI MANUTENZIONE

Il piano di Manutenzione è composto da tre documenti: il Manuale d’Uso, il Manuale di Manutenzione e il Programma di Manutenzione. Il piano di Manutenzione può essere anche integrato al piano globale di Manutenzione dell’involucro edilizio.

Ci sono due livelli di manutenzione il Livello 1 (manutenzione normale per piccole coperture) e il Livello 2 (un piano ottimale per coperture complesse o grandi). Il Livello 2 è sempre obbligatorio nel caso di coperture superiori a 3000 mq.

Il Responsabile della Sistema di Manutenzione dovrà mantenere completa la raccolta dei documenti circa gli interventi ed, eventualmente, integrare tale raccolta con tutto ciò che reputa necessario. Tra le azioni che possono essere necessarie vi è la possibilità di sondare la copertura.

Come si può notare tutta questa norma sta portando una singola copertura ad avere azioni autonome molto simili a quella più complessa delle certificazioni di qualità! Ovviamente rispettare un piano di manutenzione mal creato o gestito male non porta certo ad avere una copertura continua longeva e perfetta; avere, d’altro canto, una gestione dettagliata, flessibile e precisa potrà portare la copertura ad avere una vita particolarmente lunga. Questo significa che il primo intervento di manutenzione lo si può ravvisare nella costruzione della copertura stessa. Usare materiali longevi e performanti farà calare vistosamente i costi manutentivi lasciando inalterate le caratteristiche di impermeabilità.

MANUALE D’USO

Lo scopo del Manuale d’uso è dare informazioni per:
conoscere le modalità per la migliore utilizzazione del sistema di copertura
conoscere gli elementi necessari per limitare quanto più possibile i danni derivanti da usi impropri
conoscere le operazioni ordinarie per mantenere in perfetta efficienza la copertura.
Da questo si evince che il manuale d’uso deve contenere almeno le seguenti informazioni:

  1. La collocazione delle coperture all’interno dell’involucro edilizio individuando le varie zone di copertura a cui fa riferimento il Piano di Manutenzione;
  2. La rappresentazione grafica planimetrica delle coperture dell’edificio con le indicazioni seguenti:
    1. Destinazione d’uso della copertura:
      1. Pedonabile solo per manutenzione del manto
      2. Pedonabile solo per manutenzione del manto e delle macchine poste sulla copertura
      3. Perdonabile per uso privato
      4. Perdonabile per uso pubblico
      5. Carrabile leggero (< 2t per asse)
      6. Carrabile pesante (> 2t per asse)
      7. Verde intensivo
      8. Verde estensivo
      9. altro
    2. Posizionamento degli impianti, lucernari, corpi emergenti, esalatori, bocchettoni di scarico, camini, e quanto altro potrebbe essere sulla copertura
    3. Sistema di raccolta delle acque meteoriche
    4. Disposizione degli accessi e apprestamenti di sicurezza (linea vita, percorsi segnalati, ringhiere perimetrali etc.)
  3. Composizione del sistema impermeabile comprensivo di schede tecniche, tipologia di posa (a colla, a secco, a fiamma, con fissaggio meccanico perforante e non perforante etc.), dati dei materiali utilizzati
  4. Individuazione di eventuali aggressivi sia nei materiali sia nelle vicinanze, sia in loco
  5. Incompatibilità e attenzioni circa i prodotti e le attrezzature da utilizzarsi nella Manutenzione Ordinaria
  6. Individuazione del Responsabile della Manutenzione, compresi i recapiti.

Il livello 1 e 2 hanno lo stesso contenuto.

A parte l’elencazione delle varie eventualità c’è una cosa importantissima che è stata inserita nel punto 4) ossia la ricerca di eventuali incompatibilità chimiche tra il manto di copertura e gli elementi ai quali sono stati agganciati o abbiano contatti. Come ricorderete spesso si presentano incompatibilità con i sottofondi alleggeriti, particolarmente basici, contenenti tensioattivi etc. In questo caso l’eventuale danno deve essere considerato nel Manuale d’uso; ma questo comporta che chi redige tale documentazione sia preparato e segua costantemente corsi d’aggiornamento; pertanto si rende necessario che il progettista incaricato della redazione sia affiancato da una figura professionale esperta nel settore che possa aiutarlo a prevedere ogni situazione si possa effettivamente verificare sulla copertura. Essendo il piano legato non alle garanzie legali, ma alla vita utile dello strato di copertura è essenziale che vengano presi in considerazioni eventi e danni che si possono realizzare anche nel lungo periodo. Per fare un esempio è fondamentale che vengano considerati gli shock termici di una copertura piana o di una conversa in una copertura discontinua (metallica) etc.

MANUALE DI MANUTENZIONE

Anche qui abbiamo una lunga elencazione di caratteri che devono essere compresi in un manuale; in particolare possiamo dire che il manuale deve contenere il corretto procedimento manutentivo e la possibilità di ricorso a manodopera specializzata.

Ricordiamo che la manutenzione è può essere di due livelli.

LIVELLO 1:
1) posizionamento dello strato a tenuta all’interno dell’involucro edilizio
2) individuazione degli scarichi e le altezze dei risvolti verticali perimetrali o dei corpi fissati sulla copertura
3) Azioni di manutenzione da far eseguire alla proprietà
4) Azione di manutenzione da far eseguire a personale specializzato

LIVELLO 2:
1) Posizionamento dello strato a tenuta all’interno dell’involucro edilizio
2) Rappresentazione grafica della stratigrafia con indicazione dettagliata dei materiali utilizzati e dei particolari esecutivi;
3) Schede tecniche dei materiali utilizzati
4) Informazioni dettagliate sullo smaltimento delle acque meteoriche oltre all’indicazione e misurazione dei risvolti verticali sui muri perimetrali.
5) Documentazione di garanzia, polizze assicurative rilasciate dall’impresa generalista, dall’applicatore o dal produttore dei materiali
6) Relazioni riguardanti le metodologie di vincolo dello strato a tenuta (zavorra, fissaggio meccanico, fissaggio ad induzione etc.) sia di tutta la stratigrafia, sia di eventuali singoli strati per contrastare l’azione del vento e della pioggia
7) Documenti di collaudo ed eventuali sistemi predisposti per la ricerca di eventuali perdite
8) Documenti di Non conformità venute in essere sia durante la costruzione, sia durante i collaudi da tutti i soggetti coinvolti.
9) Descrizioni delle risorse necessarie per l’intervengo manutentivo.
10) Livello minimo delle prestazioni della copertura
11) Anomalie riscontrabili
12) Manutenzione da farsi eseguire direttamente dalla proprietà
13) Operazioni di manutenzione da far eseguire a manodopera specializzata.

Il manuale deve continuamente essere aggiornato mediante la compilazione dei moduli, ma anche con la modifica del manuale stesso. Tutte le figure coinvolte devono partecipare alla redazione ed aggiornamento del manuale in modo che sia sempre prestazionale e possa garantire il massimo delle prestazioni dalla copertura continua.

Ovviamente deve contenere anche tutti i dati del responsabile delle manutenzioni.

La parte più innovativa direi che possiamo vederla nel punto 10 dove si parla di “Livello minimo delle prestazioni”. Finalmente viene dichiarato come deve funzionare e questa dichiarazione deve avvenire in fase di redazione della documentazione sulla copertura.
Il livello minimo delle prestazioni riguarda:
Tenuta all’acqua
Drenaggio delle acque meteoriche
Sicurezza sulla copertura
Consumi energetici
Condensa interstiziale
Coesistenza tra agenti biologici e chimici
Coesistenza meccanica
fruibilità
ispezionabilità manutenibilità
isolamento acustico
rumori aerei ed impattivi

Come si può notare i dati da inserire sono eterogenei e tendono a dare una visione completa che va oltre la normale concezione di copertura. Tra gli elementi si parla di fruibilità della copertura, si parla di sicurezza della copertura, ispezionabilità etc. Questi dati sono sempre stati utilizzati dai migliori progettisti, ma sono sempre stati evitati da coloro che vedono nella copertura un semplice confine del fabbricato.
Da quando vi è stato il boom delle energie rinnovabili, la copertura è divenuta una fonte di reddito che può avere una sua vita e delle sue regole specifiche. Se vediamo nella copertura non solo uno strumento per coprire l’edificio, ma anche per migliorare l’ambiente circostante mediante giardini pensili, o verniciature fotocatalitiche allora capiamo che non dobbiamo limitarci a capire quale garanzia possiamo avere o quali garanzie ci vengono concesse dalla legge ma dobbiamo far sì che la copertura sia sempre fatta con i migliori materiali, con la migliore manodopera e la migliore progettazione richiedendo ai tecnici che opereranno il meglio delle loro conoscenze. Non solo, passeremo dall’avere un centro di costo immediato ad un costo di vita della copertura dove il costo manutentivo (sia ordinario sia straordinario) diventa fondamentale per capire quale valutazione avrà per tutta la vita della copertura stessa.

E’ elencata, nella norma, anche una tabella circa le situazioni di rischio, cosa le causa e le conseguenze che vogliono dare un esempio ampio, ma non esaustivo, di cosa dovrebbe contenere un manuale di Manutenzione.

CORRELAZIONE TRA AGENTI, AZIONI, EFFETTI

  • Stati tensionali da carichi dinamici da agenti atmosferici, elementi correlati (Scossaline etc.) e elementi in copertura non correttamente fissati – vento, grandinePunzonamento con lesioni
  • Stati tensionali da carichi statici, dinamici per uso improprio della copertura – Scarpe non idonee, uso non previsto, deposito di detriti e/o oggetti – Affondamenti, lesioni, incisioni, punzonamenti, perdite immediate
  • Stati tensionali da carichi puntuali o lineari – Rivestimenti protettivi fessurati o rotti (quadrotti), attrezzature ed impianti direttamente posati sul manto impermeabile – Affondamenti, lesioni, incisioni ed eventuali infiltrazioni
  • Stati tensionali sotto carico del supporto – Pannelli isolanti non resistenti come da progetto, pannelli isolanti non resistenti perchè deteriorati a causa di infiltrazioni e/o condensa interstiziale – Affondamenti, lesioni, incisioni ed eventuali infiltrazioni
  • Stati tensionali dati da variazioni termiche 3/o umidità del supporto – Pannelli isolanti non fissati, instabili, giunti di dilatazioni non riportati sul manto impermeabile o non trattati – Corrugamento, lesioni, infiltrazioni
  • Stati tensionali dovuti ad escursioni termiche o da protezioni termiche fisse (massetti) – Mancanza di giunti di dilatazione o di tamponamento sui muri perimetrali che creano tensioni dovute al momento della protesione termica – Punzonamento, lesioni, incisioni con eventuali infiltrazioni
  • Stati tensionali in corrispondenza di elementi fissi della copertura – Contrazioni (termiche o da invecchiamento) impedite dovute alla connessione meccanica con elementi complementari – Stiramenti, lesioni vicini ai punti fissi, ondulazioni in angolo o superficiale, distacchi delle sovrapposizioni e/o degli strati presenti, deformazione e/o estrazione dei fissaggi, infiltrazioni
  • Stati tensionali in corrispondenza di elementi fissi – Vento, movimento o impedimenti – Stiramenti, lacerazioni, lesioni, ondulazioni in angolo e superficiali, dislocamento di elementi complementari e loro ricaduta, distacchi di sormonte e/o strati, deformazione e/o estrazione dei fissaggi meccanici
  • Esposizione alla radiazione solare, ombreggiamenti, concentrazione di irraggiamento solare, ristagni – Surriscaldamento naturale e aumentato da superfici riflettenti (vetri, lattoneria, coperture metalliche) , ombreggiamenti perenni (palazzi vicini, muretti), dinamiche di ombreggiamento – Invecchiamento precoce, perdita di massa ed esposizione di armature, reptazione, coccodrillatura, sfogliamento, sfarinamento e lesioni dell’elemento di protezione (pitture, etc.)
  • Alterazione chimico-fisica, meccanica dell’impermeabilizzazione – Depositi biologici sulla copertura (liquami, foglie, animali morti, etc.) con conseguente attacco batterico – Invecchiamento precoce, minore resistenza meccanica, perforazioni, radici, possibili infiltrazioni
  • Alterazioni chimico-fisiche, meccaniche dell’impermeabilizzazione – Presenza di depositi di sostanze chimiche aggressive sull’elemento di tenuta. Incompatibilità chimico fisica con strati contigui – Invecchiamento precoce, effetti variabili sulla reologia del compound in funzione della caratteristiche dell’aggressivo (diminuzione di volume)
  • Alterazione chimico/fisica di sigillature di elementi complementari (lattoneria, linee vita, etc.) – Elevata temperatura, escursioni termiche, irraggiamento, insabilità della mescola, azioni meccaniche da parte di animali – Distacchi, alterazioni meccaniche, asportazioni, infiltrazioni

Come detto sopra l’elenco non è esaustivo e può essere modificato, ampliato e corretto. Se, poi, vi sono delle coperture diverse, nello stesso edificio, con esigenze diverse allora bisognerà creare diverse sezioni nel Manuale di Manutenzione in modo che ogni singola copertura sia trattata analiticamente.

PROGRAMMA DI MANUTENZIONE

E’ il programma temporale prefissato dove vengono segnalati gli interventi da eseguirsi in ordine termpare; il programma è, per quanto possibile, organizzato anticipatamente in modo da avere uno scadenziario fisso e chiaro di ciò che deve essere effettuato. Ovviamente non è possibile prevedere ogni situazione e nel piano sappiamo che vengono comprese anche le manutenzioni straordinarie, pertanto è sempre possibile effettuare sopralluoghi ed interventi non previsti sia per urgenza sia per necessità e controlli.

Il contenuto è:
verifiche da effettuare;
risorse (sia della proprietà, sia dello specialista)
frequenza minima
modalità d’intervento.

Non esistono differenze tra il Livello 1 e il 2.

Il programma deve contenere la corretta cronologia degli interventi comprese le azioni correttive da impiegarsi e le eventuali modifiche apportate al Piano di Manutenzione (aggregato al registro di Manutenzione)
I ripristini devono sempre essere preceduti dall’analisi della situazione cogente; q uesto è semplice da capire: non basta mettere una pezza di guaina su una rottura, bisogna anche capire perchè c’è stata la rottura e, oltre a cancellare il sintomo, è necessario togliere anche le cause. Ovviamente l’attività diagnostica deve sempre essere quella massima per capire il problema.
Tutti gli interventi previsti devono essere eseguiti come da descrizione del Manuale di Manutenzione o dalle note dei produttori.
Tutti gli interventi si presumono sempre accettati e si pensa non esistano problemi originari (difetti di posa e difetti di progettazione) ma non si esclude che alcuni di questi difetti possano essere distanti nel tempo e si possano verificare in un futuro lontano dalla creazione della copertura. Il fatto che gli interventi siano valutati sempre perfetti dipende dal fatto che al momento della redazione della documentazione della manutenzione si sono dovute adottare tutte le capacità delle figure professionali incaricate perchè possano scoprire i difetti e porvi rimedio prima della consegna della copertura.
Ovviamente se avviene un problema di infiltrazione non previsto si può prevedere un intervento non programmato; altrettanto se vi sono eventi che possano causare modifiche nella vita della copertura il piano di manutenzione può essere modificato ed il Programma di Manutenzione variato fino ad aumentare gli interventi. A seguito di analisi e degli interventi il piano di manutenzione ed il suo programma sono organismi vivi e vitali che si sviluppano durante tutta la vita utile della copertura; tra i motivi di modifica del programma vi sono principalmente le condizioni climatiche della zona d’intervento.
Nel caso sia necessario un ripristino della copertura questi dovranno essere valutati in base alle cause dell’intervento, dal tipo di materiale usato per la copertura ed alla sua destinazione d’uso che può, nel tempo, variare da quella originaria.

CRITERI DI REGISTRAZIONE DELLE ATTIVITA’ E RINTRACCIABILITA’ DEI DOCUMENTI

La manutenzione della copertura va sempre dimostrata anche se non vi è un intervento correttivo. A questo scopo vi sono alcuni documenti, o moduli di controllo, che devono essere sempre compilati e firmati e devono contenere sempre almeno i seguenti dati:

Data
Durata dell’intervento
Manutentore ed altre persone presenti
Motivo (Programmata, straordinaria)
Situazione meteorologica durante l’intervento
Parti ispezionate (se non vi è tutta la copertura da controllare e se vi sono diverse coperture)
Stato della copertura continua
Rilievi e criticità osservate
Interventi consigliati e loro tempistiche – azione preventiva
Interventi necessari e loro tempistiche – azione correttiva
Interventi necessari e loro tempistiche – ripristini
Suggerimenti

Possono, ovviamente, essere previsti dei moduli dettagliati per le operazioni standard e dei moduli generici per gli interventi non previsti.
Nel registro della manutenzione è sempre utile inserire anche gli interventi eseguiti a ciò che è collegato alla copertura o posto sopra (macchine, antenne, canne fumarie, etc.).
La responsabilità della conservazione dei moduli e manuali è del Responsabile del Servizio di Manutenzione.

Queste pagine lunghissime sono ancora da sviscerare e da spiegare, ma una cosa la possiamo dire tranquillamente: la norma vuole far sì che le coperture continue siano progettate e gestite da professionisti delle impermeabilizzazioni, che i materiali vengano sempre scelti tra i più performanti e che la manodopera, sia in costruzione sia in manutenzione, sia sempre preparata ed organizzata. Si spinge in modo particolare la programmazione e progettazione facendo somigliare la manutenzione di una copertura continua ad un sistema di qualità ISO 9001. Il sistema può funzionare se tutti gli attori si organizzano, preparano ed aggiornano alle esigenze; ma soprattutto se le esigenze della copertura vengono viste con lungimiranza e in proporzione alla vita utile del sistema impermeabile ed alla costruzione su cui è posta.

La complessità della norma non mi da la possibilità di poter fare grandi commenti, pertanto verranno fatti in articoli correlati nei giorni a venire.


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Destinazione d’uso e marcatura CE delle membrane bituminose


Questo è l’ultimo articolo della serie “come leggere le schede tecniche delle membrane bituminose“. L’ho lasciata per ultima perchè è stato piuttosto difficile reperire le fonti. Per questo devo ringraziare pubblicamente Marcello Grigatti che mi ha seguito e documentato circa la marcatura CE!

Partiamo dalle fonti: non abbiamo una norma, o meglio, abbiamo la EN13707, ma le linee guida sui dettagli del prodotto sono state date da AISPEC-MBP, ossia dai produttori stessi di guaine bituminose. Si sono dati dei minimi standard per ogni tipo di applicazione, salvo che non fossero già previsti da normative già in vigore.

A questo punto continuiamo con le esclusioni da queste linee guida (perchè vi è già una normativa che ne parla):

  • le membrane destinate all’impiego sottotegola, in quanto ricadono sotto la Norma EN 13859-1 (attualmente vi è allo studio una normativa tecnica sulle stratigrafie e le tipologie di montaggio);
  • le membrane destinate all’accoppiamento con pannelli termoisolanti;
  • i materiali utilizzati per barriere o schermo vapore, che rientrano nella Norma EN 13970;
  • le membrane destinate all’impermeabilizzazione di ponti, viadotti ed altre aree carrabili,
  • applicate sotto i prodotti bituminosi posati a caldo, in quanto ricadono sotto la Norma prEN 14695;
  • le membrane destinate ad impedire la risalita di umidità dal suolo (Norma EN 13969)

Analizziamo ora le definizioni che le Linee Guida ci danno, ricordando che spesso sono prese dalle norme e, quindi, potrebbero essere ripetitive.

  • BOF. Membrane in bitume ossidato fillerizzato
  • BPE. Membrane in bitume-elastomero (anche note come SBS – Stirene-Butadiene-Stirene)
  • BPP. Membrane in bitume-plastomero (anche note come APP – Propilene atattico ed altri copolimeri poliolefinici )
  • Factory Production Control (FPC). Per sistema FPC si intende un sistema di controllo del processo di fabbrica atto ad assicurare che i prodotti immessi sul mercato siano conformi alle caratteristiche prestazionali dichiarate derivanti dai risultati dell’ITT.
  • Initial Type Testing (ITT). Per ITT si intendono le prove iniziali di tipo.
  • Membrana biarmata. Per membrana biarmata si intende il manufatto derivato dall’accoppiamento durante la fabbricazione di due armature distinte.
  • Protezioni superficiali permanenti. Per Protezioni Superficiali permanenti si intendono protezioni non removibili applicate durante il processo di fabbricazione che resistano durante l’intera durata del prodotto, quali granuli minerali e lamine metalliche.
  • Protezioni superficiali non permanenti. Per protezioni superficiali non permanenti si intendono finiture quali sabbia, tessuti e tessuti non tessuti, talco industriale, vernici.
  • Protezioni pesanti. Per protezioni pesanti si intendono le protezioni realizzate in situ con ghiaia, quadrotti prefabbricati, massetti cementizi, conglomerati bituminosi applicati a freddo.

Le guaine vengono divise e definite con alcuni parametri, di cui i più importanti sono il COMPOUND (ossia la mescola bituminosa) e l’ARMATURA; il primo si divide in BPP e BPE (plastomerico ed elastomerico) e la sua flessibilità a freddo è dichiarata con valori in gradini di 5°C; insomma se vi propongono un -18°C non è aderente alle Linee Guida.

Le armature sono caratterizzate dai seguenti parametri: tipo Minerale (velo di vetro) o Sintetica (Poliestere), Carico a Rottura e Massa Areica (con una tolleranza di ± 15%. Già qui cominciamo ad avere alcuni dati che, a mio modesto parere, non dovrebbero esserci: la tolleranza della massa areica delle armature è piuttosto generosa, tanto che permette ai produttori più spregiudicati di utilizzare materiali più leggeri, e quindi più economici, al posto di quelli che andrebbero utilizzati.

Le principali destinazioni d’uso sono:

  1. MONOSTRATO
  2. MULTISTRATO
    • STRATO A FINIRE
    • SOTTOSTRATO
  3. ALTRI SISTEMI DI COPERTURA
    • SOTTO COPERTURA PESANTE
    • ANTIRADICE

MONOSTRATO

  • Flessibilità a freddo ≤ -15°C (BPP), ≤ – 20°C (BPE)
  • Stabilità di forma a caldo ≥ 130°C (BPP); ≥ 100°C (BPE)
  • Flessibilità a freddo dopo invecchiamento con un delta T non superiore a 15°C tra il valore nominale del nuovo e dell’invecchiato
  • Stabilità di forma a caldo dopo invecchiamento con un delta T non superiore a 10°C tra il valore nominale del nuovo e dell’invecchiato
  • Stabilità dimensionale ≤ 0,3 %
  • Spessore minimo nominale 4 mm.(tolleranza ± 0,2), 4 mm. + ardesia (tolleranza ± 0,2)
  • Resistenza a trazione L/T 700/600 N/5cm (tolleranza – 20%)
  • Lacerazione 150 N (tolleranza – 30%)
  • Resistenza a trazione dei giunti ≥ 500 N/5cm o rottura fuori dal giunto
  • Per il monostrato non autoprotetto è necessario realizzare l’invecchiamento artificiale UV (EN 1297).
  • Per le membrane biarmate si indica una resistenza a trazione L/T di 600/500 N/5cm (tolleranza – 20%).

Si è ritenuto sottolineare che una guaina armata di solo velo di vetro non possa essere mai un MONOSTRATO. La motivazione è semplicissima: avremmo, certo, una stabilità dimensionale ottimale, ma la resistenza alla trazione sarebbe affidata al solo compound e, quindi, nulla. Notiamo anche altre piccole caratteristiche: si richiede, ad esempio, che solo le guaine lisce vengano sottoposte ad invecchiamento artificiale UV. Altro parametro è la specificità delle guaine biarmate; si può vedere che hanno una Resistenza alla Trazione più bassa rispetto alle altre. Questo perchè spesso si posano o con collanti che rimangono fluidi nel tempo, o con l’aiuto di guaine con particolari mescole adesive; inoltre le armature (ricontrollate nelle definizioni) sono applicate separatamente e, quindi, influenzano in modo diverso il comportamento della membrana bituminosa, lasciandone inalterate le caratteristiche pratiche.

MULTISTRATO (e qui le cose si fanno più complicate):

Cominciamo con quello che dovrebbe essere lo strato più importante perchè a diretto contatto con gli agenti atmosferici: lo

STRATO A FINIRE

Non autoprotetto

  • Flessibilità a freddo ≤ -5°C (BPP)
  • Stabilità di forma a caldo dopo invecchiamento con un delta T non superiore a 10°C tra il valore nominale del nuovo e dell’invecchiato
  • Spessore minimo nominale 4 mm. (tolleranza – 10%)
  • Stabilità dimensionale ≤ 0,5 %
  • Resistenza a trazione L/T 400/300 N/5cm (tolleranza – 20%)
  • Per lo strato a finire non autoprotetto è necessario realizzare l’invecchiamento artificiale UV (EN 1297).

Autoprotetto minerale armato poliestere e biarmato (BPP)

  • Flessibilità a freddo ≤ -5°C
  • Stabilità di forma a caldo dopo invecchiamento con un delta T non superiore a 10°C tra il valore nominale del nuovo e dell’invecchiato
  • Massa areica nominale 4,0 Kg/m2 (tolleranza – 10%)
  • Stabilità dimensionale ≤ 0,5 %
  • Resistenza a trazione L/T 400/300 N/5cm (tolleranza – 20%)

Autoprotetto minerale armato poliestere e biarmato (BPE)

  • Flessibilità a freddo ≤ -15°C
  • Flessibilità a freddo dopo invecchiamento con un delta T non superiore a 15°C tra il valore nominale del nuovo e dell’invecchiato
  • Massa areica nominale 4,0 Kg/m2 (tolleranza – 10%)
  • Stabilità dimensionale ≤ 0,5 %
  • Resistenza a trazione L/T 400/300 N/5cm (tolleranza – 20%)

Autoprotetto minerale armato Velo vetro (BPP)

  • Flessibilità a freddo ≤ -5°C (BPP)
  • Stabilità di forma a caldo dopo invecchiamento con un delta T non superiore a 10°C tra il valore nominale del nuovo e dell’invecchiato
  • Massa areica nominale 4,0 Kg/m2 (tolleranza -10%)
  • Resistenza a trazione L/T 200/120 N/5cm (tolleranza – 20%)

Autoprotetto minerale armato Velo vetro (BPE)

  • Flessibilità a freddo ≤ -15°C (BPE)
  • Flessibilità a freddo dopo invecchiamento con un delta T non superiore a 15°C tra il valore nominale del nuovo e dell’invecchiato
  • Massa areica nominale 4,0 Kg/m2 (tolleranza -10%)
  • Resistenza a trazione L/T 200/120 N/5cm (tolleranza – 20%)

Autoprotetto con lamina metallica armato

  • Stabilità di forma in condizioni di variazioni cicliche di temperatura ≤ 2 mm/m (EN 1108)

Si notano subito un’enormità di differenze tra un tipo di Strato a Finire e l’altro. In particolare con l’ultimo della lista, quello autoprotetto con lamina metallica. Innanzitutto non si fa riferimento a nessuna flessibilità a freddo, a nessuna massa areica, ma solo alla stabilità di forma. Perchè tutto questo? Normalmente le guaine laminate sono solo uno strato puramente estetico e, fino a poco tempo fa, decisamente in declino ma con l’avvento del cool roof si stanno riprendendo! Ovviamente le aziende che le producono, per ora, mirano ad avere una guaina di qualità perchè è un prodotto che può andare in monostrato, ma se pensiamo a come il mercato evolve normalmente, presto ci troveremo con membrane laminate bianche da multistrato con caratteristiche qualitative scarsissime proprio perchè non si fa cenno, nelle Linee Guida, nè nelle norme di riferimento, a dati concreti! Questa è un’interpretazione molto pessimistica, si potrebbe pensare anche che l’annotazione circa le guaine laminate sia solo un’aggiunta alle caratteristiche che devono avere anche le altre! Il problema è che non c’è scritto! nessun riferimento! mentre per tutte le altre guaine si ripetono le caratteristiche, anche se uguali, per quelle laminate non vi sono altre voci! Quindi: accorti a leggere tutte le caratteristiche della scheda tecnica.

SOTTOSTRATI

  • Flessibilità a freddo ≤ 0°C (BPP); ≤ – 10°C (BPE)
  • Massa areica nominale 3 Kg/m2 (tolleranza -10%); in alternativa spessore minimo nominale 2 mm. (tolleranza – 10%)

Come si può notare i dati richiesti per un sottostrato sono veramente minimali. Certo non è che servano prestazioni particolari, però se pensiamo che potremmo fare un doppio strato che in totale non raggiunge i 4mm ci sarebbe da rivedere tali definizioni, o meglio, specificarle inserendo la differenziazione tra guaina da saldare a fiamma e guaine auto o termoadesive, dove con spessori più bassi non si hanno perdite di mescola in quanto non si usa la fiamma per farle aderire, o la si usa al momento della posa dello strato a finire!

 SISTEMI SOTTO PROTEZIONE PESANTE

Per il sistema in MONOSTRATO si usano le indicazioni sopra riportate con l’esclusione delle prove ai raggi UV…. che per ovvi motivi non ha importanza, mentre per i sottostrati vi sono indicazioni particolareggiate:

  • Flessibilità a freddo ≤ -5°C (BPP), ≤ -15°C (BPE)
  • Spessore minimo nominale 4 mm. (tolleranza ± 0,2)
  • Stabilità dimensionale ≤ 0,5 %
  • Resistenza a trazione L/T 500/400 N/5cm (tolleranza – 20%)
  • Punzonamento statico “metodo A” ≥ 15Kg.
  • Punzonamento dinamico su supporto rigido ≥ 70 cm.

Ovviamente questi sono valori che devono appartenere ad “almeno uno dei due strati”. Certo ci sono moltissime tipologie di protezione pesante, ma continuo a domandarmi come mai i produttori abbiamo inserito nelle norme delle scappatoie grandi come gallerie autostradali. Infatti se andiamo a valutare come solo nello strato superiore il minimo dei parametri che sono soprascritti, per lo strato inferiore dobbiamo poter utilizzare parametri che dobbiamo cercare in queste linee guida e le troviamo solo nei sistemi multistrato per le coperture a vista, ossia una guaina da 0° con spessore di 2mm….

La norma di riferimento, che vale sopra ogni altra cosa è la EN 13707: norma alla quale fanno riferimento tutti i sistemi sotto protezione pesante, con l’esclusione di quelli con protezione stesa a caldo (binder stradale ad esempio)

SISTEMI ANTIRADICE

La norma di riferimento è la EN 13948 che determina i test e i risultati per la penetrazione delle radici, per i dati che non vengono inseriti nelle linee guida possiamo facilmente intuire che si seguiranno quelle relative alle coperture pesanti. Anche se in questo caso i materiali da utilizzarsi saranno decisamente più performanti se confrontati con un sistema multistrato e leggermente meno se confrontati con il sistema monostrato:

  • Flessibilità a freddo ≤ -10°C (BPP), ≤ -20°C (BPE)
  • Spessore minimo nominale 4 mm. (tolleranza ± 0,2)
  • Stabilità dimensionale ≤ 0,5 %
  • Resistenza a trazione L/T 500/400 N/5cm (tolleranza – 20%)
  • Punzonamento statico “metodo A” ≥ 15Kg
  • Punzonamento dinamico su supporto rigido ≥ 70 cm.
  • Resistenza alle radici secondo i test che verranno indicati dalla eventuale pubblicazione di
  • una Norma specifica (attualmente è in fase di progetto la Norma prEN 13948 – la norma è stata pubblicata nel 2007, mentre le linee guida sono del 2006).

In attesa di riferimenti normativi si indica una lista di prodotti che sono esonerati da tale prova:

  • o membrane bitume polimero contenenti un additivo antiradice tipo clorotolilossipropionato di poliglicole (Preventol B2 della Bayer) in quantità non inferiore a 0,5% sulla massa del bitume;
  • o membrane bitume polimero in doppio strato contenenti una armatura in film di poliestere con spessore minimo di 50 micron.

 

I redattori delle Linee Guida hanno fatto un grande lavoro armonizzando e categorizzando la grande confusione che c’era prima di esse; purtroppo produttori, rappresentanti, applicatori, clienti, rivenditori e progettisti hanno portato il mercato a scegliere sempre la soluzione minima garantita senza avere il ben che minimo margine di qualità a disposizione.

Quindi possiamo concludere dicendo che le Linee Guida ci danno i limiti minimi, non certo quelli massimi! sta a noi cercare di scegliere i materiali migliori per la singola applicazione piuttosto che quelli che costano meno.

Altro punto delicato è l’evoluzione del mondo edile: di solito è piuttosto lento, ma la tecnica edile evolve molto più velocemente! proprio per questo dobbiamo svincolarci dai minimi richiesti! proprio perchè chi scrive le Linee Guida non fa altro che fotografare l’attuale situazione e non può prevedere dove ci portarà l’evoluzione tecnica!

 

Unico consiglio sempre vero: leggete le schede tecniche attentamente! c’è tutto tra le cose scritte e anche tra quelle non scritte! In questa serie di articoli ho riportato una serie di noiosissimi dati che, alla fine, sono in grado di raccontarci tutto anche tra le righe!


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Glossario

Abbaino

Apertura con finestra, sporgente rispetto allo spiovente della copertura, destinato all’illuminazione del sottotetto od anche per accedere al tetto stesso.

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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose – membrane flessibili per impermeabilizzazione – UNI EN 113707-2013

La norma in questione, la EN 13707:2013, è piuttosto lunga e complessa, ci descrive come e cosa sono le coperture continue ed, in particolare, come devono essere fatte e controllate le guaine bituminose per le coperture continue.

In questo resoconto saranno molti i dati riportati, ma ognuno di loro è importante e può essere utilizzato al meglio per fare il massimo per dare le migliori garanzie a coloro per cui lavoriamo.

Partiamo dalla definizione di

  1. IMPERMEABILIZZAZIONE: Azione per prevenire il passaggio d’acqua da un piano all’altro.
  2. SISTEMA DI IMPERMEABILIZZAZIONE: Assemblaggio di uno o più strati di membrana per coperture applicati e collegati tra loro, che hanno particolari caratteristiche di prestazione, da valutare insieme.
    • nota 1: quando si utilizza un solo strato si parla generalmente di monostrato
    • nota 2: un sistema di impermeabilizzzazione bituminosa è realizzato in sito unendo e sigillando uno o più strati di membrana bituminosa sovrapposti per formare un singolo strato impermeabilizzante composito da utilizzare su superfici piane, inclinate o verticali secondo i requisiti costruttivi di applicazione.
  3. COPERTURA: impermeabilizzazione utilizzata nel tetto di una costruzione, compresi tetti utilizzati per parcheggio di veicoli e tetti giardino.
  4. MEMBRANA DI COPERTURA: Membrana flessibile prefabbricata comprendente armatura, rivestimenti, trattamento superficiale e/o finitura superficiale
  5. ARMATURA: materiale incorporato nella membrana bituminosa di copertura prefabbricata o sopra di essa per assicurare la sua stabilità e/o resistenza meccanica. – le armature più utilizzate sono in poliestere in filo continuo, poliestere da fiocco stabilizzato, velo di vetro, rete di vetro.
  6. FINITURA SUPERFICIALE: Materiale incorporato sulla membrana di copertura prefabbricata senza una funzione meccanica permanente – ardesia o tessuti superficiali per far aderire le vernici o usati come trattamenti antiscivolo
  7. RIVESTIMENTO SUPERFICIALE: Materiale applicato su una o due facce della membrana di copertura sia come leggera protezione permanente di superficie contro gli agenti atmosferici sulla superficie superiore sia come sostanza anti-adesivo delle membrane di copertura. – Per quanto riguarda le finiture sulla faccia superficiale si fa riferimento all’armatura in velo di vetro delle guaine biarmate.
  8. LOTTO: quantità di prodotto fabbricata con la stessa specifica entro un periodo massimo di 24 ore.
  9. VALORE LIMITE DEL FABBRICANTE, MLV: Valore stabilito dal fabbricante che deve essere raggiunto durante le prove e che può essere un valore minimo o massimo secondo le dichiarazioni fatte per le caratteristiche di prodotto della norma in oggetto.
  10. VALORE DICHIARATO DAL FABBRICANTE – MDV: Valore dichiarato dal fabbricante associato ad una tolleranza dichiarata.
  11. MEMBRANA BITUMINOSA ARMATA: Membrana prefabbricata bituminosa flessibile con all’interno o all’esterno una o più armature fornita in forma di rotolo pronta per l’utilizzo – sembra una definizione scontata ma nei mercati esterni, soprattutto in quello francese, esistono membrane bituminose non armate.
  12. BITUME OSSIDATO: Bitume di petrolio grezzo di prima distillazione o bitume flussato per è indurito e reso meno sensibile alla temperatura insuflando aria ad alta temperatura con o senza l’utilizzo di catalizzatore.
  13. BITUME ELASTOMERICO: Bitume di petrolio e/o Bitume ossidato modificato con l’aggiunta di gomme termoplastiche
  14. BITUME PLASTOMERICO: Bitume di petrolio e/o Bitume ossidato modificato con l’aggiunta di poliolefine o mescole di copolimeri poliolefinici. – come si può notare nella norma non si fa riferimento a nessun tipo di mescole ELASTOPLASTOMERICHE. E’ una definizione puramente commerciale per definire quelle membrane plastomeriche che hanno una flessibilità a freddo piuttosto bassa. Essendo una definizione non normata ogni produttore decide quali prodotti inserire in questa classificazione, generalmente si parla di membrana che partono da una flessibilità a freddo massima di -15° fino a -25°
  15. CAMPIONAMENTO: Procedimento utilizzato per selezionare o costruire un campione.
  16. CAMPIONE: Membrana dalla quale si preleva un pezzo da sottoporre a prova.
  17. PEZZO DI PROVA: Parte del campione dal quale si prelevano i provini.
  18. PROVINO: Pezzo di precise dimensioni predo dal Pezzo di Prova.

Quando una tolleranza è limitata dalla norma non deve essere indicata. Questa particolare definizione ci fa capire come sia importante conoscere le norme di riferimento sulle membrane bituminose. Nel caso non sia data una tolleranza è il caso di andare a vedere quale sia quella stabilita dalla norma specifica.

Vengono specificati anche i valori che possono entrare nelle schede tecniche che si possono leggere qui. oltre a questi, nella nuova versione della norma è stato aggiunta la presenza di SOSTANZE PERICOLOSE: non devono contenere amiantocatrame (da non confondersi con bitume) se ci sono additivi considerati pericolosi il fabbricante deve dichiararlo sull’imballaggio e sulla scheda tecnica e di sicurezza. Questa forte restrizione permette sia ai posatori, sia ai clienti finali di rendersi conto dell’eventuale pericolosità del materiale.

Parte fondamentale della norma è il CONTROLLO DI PRODUZIONE DI FABBRICA (FPC): la norma richiede che il produttore DEVE stabilire, documentare e mantenere un FPC (ISO 9001). Essendo tutti i documenti tratti da una certificazione ISO 9001 sono sempre ispezionabili da una persona addetta (auditor interno o esterno) ai controlli anche se nominato da una persona esterna… il posatore o il cliente finale. La sorveglianza dell’FPC deve essere fatta una volta all’anno. Ecco perchè è fondamentale che quando si trovano difetti o problemi, vengano segnalati con una NON CONFORMITA’ o un RECLAMO scritti. Questo serve alle aziende produttrici a migliorare sempre il prodotto e ai clienti di poter stabilire il danno causato dal difetto.

Nella norma è stato inserito anche un valore per la RESISTENZA CHIMICA delle membrane bituminose. La inserisco in quanto potrebbe essere utile conoscerne il contenuto nel caso ci si trovasse di fronte a particolare inquinanti chimici o lavorazioni interne.

 

Sostanza Concentrazione T ≤ 30° T ≤ 65°
Acido solforico < 25 + +
Tra 25 e 95 + O
> 95
Oleum – miscela di triossido di zolfo in acido solforico
Acido Nitrico < 10 + O
Tra 10 e 65 O O
> 65
Acido Cloridrico < 25 + +
Tra 25 e 36 + O
> 36 O
Acido Formico 40 + O
Acido Benzoico +
Acido Butirrico
Acido Acetico 25 + +
Acido Oleico
Acido Ossalico + +
Acido Ftalico +
Acido Tartarico < 25 + +
25 +
Acido Citrico + +
Idrossido di Ammonio + +
Idrossido di Potassio + O
Idrossido di Sodio + O
Piridina e derivati
Trietanolammina +
Cloruri + +
Nitrati + +
Solfati + +
Acqua potabile + +
Birra +
Glicoli + +
Melasse + +
Zucchero + +
Soluzioni saponate + +
Liquame +
Acque reflue O O

Periodo di reazione di 30gg

  • + stabile
  • – instabile
  • o non stabile in tutti i casi

Potrebbe sembrare inutile e una perdita di tempo leggere questa tabella, ma se pensate che ogni tipo di stabilimento, di capannone, di casa è soggetta ad aggressivi chimici durante la sua vita, è meglio conoscere come reagirà la membrana bituminosa. Facciamo degli esempi ricordandoci sempre che i test fanno riferimento ad un periodo di reazione di 30 gg.

  1. Giardino pensile: durante le concimazioni si inseriscono spesso Cloruri e Nitrati che potrebbero aggredire il sistema impermeabilizzante;
  2. Acetaia: se l’impianto di aspirazione non è perfettamente funzionante si sviluppano vapori di acido acetico che potrebbero, attraverso i giunti di dilatazione o il calcestruzzo, aggredire lo strato impermeabilizzante;
  3. Conceria: vengono utilizzati svariati acidi che potrebbero aggredire lo strato impermeabilizzante
  4. Tintoria: spesso vengono usati acido solforico e acido nitrico che, se non funziona perfettamente l’impianto di aspirazione, diventano volatili e passano attraverso il solaio fino all’impermeabilizzazione
  5. mangimificio: viene utilizzato acido formico come antibatterico contro la salmonella
  6. Aziende alimentari: E210 è la siglia dell’acido Benzoico come additivo alimentare
  7. Depositi Alimentari: Quando un prodotto organico va in putrefazione, l’odore acre che si sente è l’Acido Butirrico, non è un caso che non si possano utilizzare le guaine bituminose come impermeabilizzanti nelle discariche.
  8. Acido Ossalico: viene utilizzato in numerose industrie: detersivi, prodotti per il legno purificante per pelli e tessuti, inchiostri e gomme.

Come si può vedere, conoscere le reazioni delle membrane bituminose ci può porre davanti ad una facile soluzione circa le impermeabilizzazioni in determinate circostanze inoltre chiunque abbia una produzione che utilizzi queste sostanze è in grado di definire chi, tra gli applicatori interpellati, saprà fornirgli le giuste garanzie.

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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose – Reazione al fuoco – UNI EN 13501-1

Questa è una normativa generale che parla della reazione al fuoco dei materiali edili dividendoli in categorie rispetto ai risultati ottenuti dai test.

Visto che i test riguardano molti materiali edili inserirò solo i risultati che si possono ottenere nelle normali guaine bituminose:

CLASSE F: Non si definisce alcun comportamento
CLASSE E: Con un’esposizione di 15 secondi l’ampiezza di propagazione della fiamma non DEVE ESSERE SUPERIORE a 150mm verticalmente nei 20 secondi che seguono l’applicazione.
CLASSE D: Come la Classe E ma con un’esposizione di 30 secondi e controllo nei 60 secondi successivi.

Cosa molto più interessante è capire come avviene la classificazione delle guaine cosi dette “antincendio”. Sentite parlare e leggete nelle schede tecniche una definizione che fino all’anno scorso era un mistero. B-ROOF

B-ROOF altro non è che un altro risultato di un test fatto per capirne la combustibilità. Ma questo termine, chiaramente non italiano, deriva dal fatto che è entrato prepotentemente sul mercato delle coperture il sistema fotovoltaico che, per sua natura, è un costante pericolo d’incendio ma con grande rischio per chi dovrà estinguerlo.

B-ROOF vuol dire che la guaina bituminosa è additivata con master antifiamma e che non è combustibile! Questo in soldoni! però è bene capire cosa vogliono dire le sigle che seguono la dicitura B-ROOF: T1, T2, T3, T4.

  • T1 – Germania, Spagna, Benelux – metodo del tizzone ardente
  • T2 – Paesi Scandinavi – metodo del tizzone ardente e del vento
  • T3 – Francia – Metodo del tizzone ardente, più vento, più fonte di calore esterna
  • T4 – Gran Bretagna – Metodo del tizzone ardente, pià vento, più fonte di calore esterna.

Queste classificazioni non sono alternative l’una all’altra, ma semplicemente ognuna riguarda un determinato paese. ovviamente l’Italia non ha una sua normativa ma, dal momento che i produttori italiani vendono in tutta Europa, usiamo quelle già esistenti… tutte! Per quale motivo, allora, si certificano tutti i tetti come B-ROOF T2? semplicemente perchè si guarda che i materiali componenti la stratigrafia del tetto abbiano le giuste certificazioni, mentre nelle altre viene certificata l’intera stratigrafia e una sola variazione di uno spessore ne fa decadere il certificato B-ROOF.

Parlando in termini pratici e seguendo le direttive dei VVFF si possono eseguire coperture, che saranno certificate, classificate F-ROOF con l’installazione di pannelli fotovoltaici di classe 1 o coperture B-ROOF con pannelli fotovoltaici di classe 2.

Quindi ogni volta che dobbiamo installare un tetto fotovoltaico, o farcelo installare, dobbiamo considerare che è possibile farlo con le guaine bituminose e che, queste, dovranno avere delle certificazioni relative ai pannelli che verranno montati: se di classe 2 (più economici e con maggior rischio d’incendio) saranno necessarie guaine B-ROOF, mentre se i pannelli saranno in classe 1 (più costosi e meno rischiosi) si potrà utilizzare una guaina adatta al tipo di copertura con con classificazione F-ROOF.

Altra questione è quale guaina segliere da mettere sotto i pannelli fotovoltaici. Secondo la Guida alle applicazioni innovative finalizzate all’integrazione architettonica del fotovoltaico emessa dal GSE una copertura fotovoltaica è integrata se ha le caratteristiche dell’elemento architettonico che sostituisce! quindi se sostituisce un elemento di copertura (tegole, lamiere, etc.) dovrà avere tutte le caratteristiche di una copertura discontinua e, quindi, impermeabile. In questo caso si potrà utilizzare una semplice guaina sottotegola; nel caso il sistema fotovoltaico non sia “integrato” allora si dovranno utilizzare guaine bituminose che possono stare a vista e quindi si potrà scegliere tra un monostrato o un pluristrato, ma non si potrà usare una guaina sottotegola.

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Quanto vale una buona coibentazione del tetto e cosa conviene fare

Spesso, parlando con la gente, mi accorgo che nessuno ha un’idea vera, seria, e soprattutto reale di come fare per risparmiare combustibile o migliorare le condizioni abitative di casa propria o di un altro locale in cui passa la maggior parte del tempo (uffici, magazzini, negozi, ecc…). Faccio un esempio per spiegarmi meglio: molti pensano che se si ha freddo in inverno o caldo in estate in un edificio di vetro la colpa è dell’impianto che non fa abbastanza caldo o freddo quando dovrebbe essere ovvio che un edificio di vetro è e sempre sarà un edificio energivoro. Oppure mi si dice spesso che il costo delle bollette dipende dagli “spifferi” che vengono dalle finestre… mentre in realtà gli spifferi non incidono più del 1 o 2% (e spesso meno dell’1%) sul consumo di energia per scaldare casa.
Il problema è proprio questo: molte persone si fidano delle chiacchiere da bar con soluzioni consigliate da persone che spesso non sanno nemmeno cosa voglia dire isolamento termico, ne tantomeno conoscono le proprietà (positive e negative) dei materiali.

Nel nostro mestiere la cosa migliore è prima isolare la cassa (l’edificio, che sia una casa o un capannone), poi migliorare gli impianti. Migliorare la cassa dell’edificio vuol dire isolare termicamente, ma da dove si deve iniziare?? Io innanzitutto consiglio di iniziare dal “bersaglio grosso”, ovvero cercare quel componente che ha i maggiori metri quadrati… e generalmente non sono i vetri. Questo perché se lavoro su una superficie molto grande isolerò una zona molto più grande e quindi con vantaggi molto più grandi, e il lavoro costerà sempre un po’ meno grazie alle “economie di scala” (il ponteggio è sempre uno, il sopralluogo è sempre uno, la contabilità è sempre una, ecc…).

Parliamo del tetto. Perché e come isolare i tetti.
Il perché è semplice ma innanzitutto bisogna capire di cosa stiamo parlando: di case o uffici (e quindi edifici di piccola metratura) o di capannoni e magazzini (ovvero edifici di grande metratura). Nel secondo caso il tetto è una delle aree maggiori, nel primo caso il tetto è una delle maggiori cause del riscaldamento estivo.

Il come dipende. Se il vostro problema è solo il periodo invernale l’isolamento termico che fa per voi è quello classico: fatto con un materiale isolante o a base plastica o a base naturale che abbia una buon coefficiente di isolamento termico (per i capannoni può essere interessate pensare ad isolamenti a spruzzo). Ma se il vostro problema è anche estivo allora quanto appena detto non va più bene; in caso di problema anche estivo dovrete utilizzare un materiale che lavori bene sia in inverno che in estate e le soluzioni sono sostanzialmente 2:
1) Usare un isolante “classico” abbastanza pesante, con un peso superiore ai 120kg/m2 (pannelli in perlite, in lana di roccia o di vetro, lana di pecora se volete un materiale veramente ecologico, lana di legno ma solo per i tetti in legno) che permetta un buon isolamento termico in inverno ed una buona massa per il periodo estivo, facendo così in modo che il calore ricevuto durante il giorno non entri in casa vostra ma stia sul tetto fino all’avvento della notte.
2) Usare un isolante riflettente. Questo isolante lavora con le onde elettromagnetiche. In inverno il calore che viene dalla casa e vuole uscire viene fatto rimbalzare verso l’interno. In estate il procedimento si inverte e l’onda termica che viene dal sole colpisce l’isolante che funziona come uno specchio e lo fa rimbalzare verso l’esterno.
Come vedete entrambe le soluzioni non sono quelle consigliate al bar sottocasa dal sempre presente “so tutto io”, ma sono soluzioni articolate che debbono esser prese conoscendo i pregi ed i difetti di ogni materiale.

Personalmente trovo entrambe le due tipologie di intervento utili e versatili in qualunque stagione; e le preferisco a soluzioni dove viene usato solamente un isolante plastico ed ho avuto esperienze molto interessanti sia sull’uso di isolanti riflettenti che sull’uso di materiali ad alta massa come la perlite.

Articolo redatto da Enrico Gradellini