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La Pulizia come preparazione del supporto da impermeabilizzare

Come ben sappiamo la preparazione del supporto è un momento fondamentale nella realizzazione di un sistema impermeabile che possa durare nel tempo al pari dello strato di protezione meccanica finale.

Troppo spesso viene ignorato che una delle preparazioni del supporto è la pulizia delle superfici, perché, in base al tipo di materiale utilizzato ed al supporto preparato, la presenza di componenti estranei potrebbe creare difficoltà sia nella posa sia nella successiva manutenzione.

Ad esempio: se trovassi tracce di olio minerale su un supporto in cemento e lo impermeabilizzo con una guaina bituminosa, non avrò molti problemi, ma se devo utilizzare un prodotto liquido, allora mi troverò di fronte ad un guaio piuttosto serio, quell’olio fungerà da distaccante per il manto impermeabile causando debolezza all’intero sistema.

Fin quando si tratta di una macchia i problemi sono pochi, il danno creato è limitato, ma quando lo sporco è diffuso? In questo caso dobbiamo per forza utilizzare un sistema di pulizia, esattamente come se trovassimo le superfici inquinate da efflorescenze di varia natura. Se non puliamo non potremo avere un sistema impermeabile che duri più di pochi giorni (in modo particolare con i sistemi non bituminosi).

Vediamo quindi quali sono le indicazioni che vengono normalmente dettate dai produttori. Le immagini che seguono sono tratte dalle schede tecniche di produttori di materiali liquidi per impermeabilizzazioni, noterete come diano prescrizioni generiche. L’unica cosa su cui sono sempre d’accordo è che il supporto deve essere perfettamente pulito, ogni altra indicazione sulle metodologie deve essere data da chi produce i detergenti.

Immagine 1

Nella prima immagine la richiesta è quella di lavare il supporto da impermeabilizzare con Soda Caustica e risciacquare abbondantemente.

L’argomento soda caustica lo tratteremo in seguito, per ora poniamo l’accento solo sulla richiesta del risciacquo dove si vuole ottenere la totale eliminazione di qualsiasi residuo di soda caustica.

Immagine 2

Nella seconda, oltre alla mancanza di tracce di sporco, viene consigliato di eseguire un lavaggio con detergenti specifici e acqua in pressione. In questo caso viene prescritto anche l’uso di macchinari specifici, si richiede l’uso di un’idropulitrice, e successivamente di rimuovere ogni residuo di acqua di lavaggio.

Immagine 3

Nel caso della terza immagine il produttore specifica, come gli altri, che le superfici debbano essere sgrassate e, visto che lo vende, inserisce anche il nome di un prodotto. Interessante il fatto che l’alternativa a quel prodotto sia un’abrasione meccanica ed una pulizia con “apposito aspiratore industriale” ma non definisce cosa sia questo aspiratore “industriale”.

Immagine 4

La quarta ed ultima immagine (sono solo una piccola selezione di tutte le raccomandazioni che potreste trovare sul mercato) specifica che la pulizia deve essere fatta mediante idrolavaggio, idrosabbiatura o leggera bocciardatura indicando tre sistemi molto diversi tra loro.

Per capire cosa si intenda per pulizia, è il caso di dare alcune definizioni di processo: la parola lavaggio non ha sempre lo stesso significato nei diversi settori in cui si lavora. Per questo motivo, di seguito inseriamo un piccolo elenco di operazioni e a cosa servono, oltre a quali attrezzature sono necessarie per eseguirle:

  • Spazzatura: si tratta di togliere tutto ciò che si può rimuovere con mezzi manuali (scopa, spazzoloni, etc.) in modo sommario, di solito si tratta di residui grossolani e sabbie;
  • Depolveratura: è un approfondimento della spazzatura, dove oltre ai residui grossolani, bisogna rimuovere totalmente anche la polvere e gli elementi sfarinati. Per questa operazione si possono usare due strumenti: l’idropulitrice o l’aspirapolvere;
  • Lavaggio: lo scopo non è togliere ciò che è appoggiato sul supporto ma ciò che si è ancorato al supporto; lo si può eseguire a secco o ad acqua e spesso riguarda l’asportazione di macchie di elementi minerali (cemento), di grassi (minerali o organici), rivestimenti sottili (macchie di vernice, etc.);
  • Levigatura: si tratta di rimuovere meccanicamente uno strato molto sottile di supporto ed in base all’abrasivo che si usa si può ottenere una superficie più o meno scabrosa. Si possono usare sia sabbiatrici, sia pallinatrici, sia monospazzole, sia spazzole abrasive. In questo genere di pulizia spesso si rimuovono anche le parti incoerenti del supporto o le parti ossidate dei metalli.
  • Asportazione strato corticale: richiede un’approfondita lavorazione sul supporto, dove viene richiesto non di lavare ma di asportare uno strato con uno spessore dichiarato del supporto. Normalmente lo si usa per la rimozione di vecchi trattamenti che non sono diluibili con acqua e/o altri solventi. Si usano le bocciardatrici, mole di vario genere, spazzole abrasive in acciaio di spessori diversi.

Dopo aver letto queste definizioni vi chiederei se adesso avete capito come operare secondo le indicazioni dei produttori come quelle riportate sopra. La risposta, immagino, è che se prima c’era confusione adesso è aumentata.

I detergenti

Parliamo allora di detergenti, chiedo scusa se useremo dei termini impropri ma lo scopo è quello di spiegare come eseguire una pulizia e non fare una lezione di chimica.

I detergenti sono dei prodotti chimici che hanno lo scopo di rimuovere chimicamente le sostanze ancorate chimicamente o meccanicamente su un supporto. Senza entrare nella loro composizione, li divideremo arbitrariamente in due categorie: acidi e basi, in base al loro pH.

Gli acidi servono principalmente a rimuovere elementi minerali come il cemento, la calce e tutti i prodotti da essi derivati; le basi, invece, si usano come sgrassanti e secondo la loro formulazione sono più adatte ai grassi minerali (olio motore) o quelli alimentari (olio, strutto, burro, etc.). A differenziarsi da questi ci sono i solventi e i prodotti alcolici che però hanno degli utilizzi specifici ben dichiarati.

La prima cosa che dobbiamo individuare è la concentrazione del nostro prodotto detergente. Per sua natura è sempre diluito con l’acqua (salvo i solventi ed i prodotti alcolici) ed è proprio la sua quantità che ne determina l’efficacia, la modalità d’uso ed il costo del prodotto.

La seconda è leggere attentamente sia la scheda tecnica, sia quella di sicurezza. I detergenti, specie quelli più aggressivi, sono sempre pericolosi ed è necessario proteggersi adeguatamente prima di utilizzarli, come vanno protette le superfici da non trattare.

Nella scheda tecnica, inoltre, scopriamo esattamente come usarlo, come diluirlo per l’uso, a che temperatura deve essere l’acqua di diluizione, quali temperature d’esercizio sono necessarie per il loro funzionamento corretto.

Le attrezzature

I problemi veri e propri iniziano quando dobbiamo decidere che tipo di lavaggio fare perché si sciolgano i grassi (ricordiamo che l’inquinamento porta a depositarsi grassi sulle superfici) e si possano anche pulire i residui cementizi. Per ovvi motivi non faremo due lavaggi distinti con due detergenti diversi, e scordatevi di pensare che esistano prodotti che possano funzionare perfettamente in ambo le situazioni. Semplicemente adotteremo delle attrezzature che ci permetteranno di sciogliere la parte grassa ed abradere quella minerale. Per farlo ci sono diverse tecniche e attrezzature. Vediamo le principali.

La più semplice e sempre praticissima è la spugna abrasiva.

Oggi la troviamo con un supporto plastico con il quale si può scegliere l’abrasivo che più si adatta alle nostre esigenze da applicare. Si trovano nei magazzini edili o nelle ferramenta, sono molto pratiche per esercitare forti pressioni puntuali. Forti perché il braccio di un operatore edile riesce a scaricare a terra svariati KN, cosa che nessuna macchina potrà fare su un punto specifico.

Bella, facile ma da usarsi per piccolissime superfici o per punti delicati come gli angoli dei pavimenti.

Non provate ad usarla per fare più di un metro quadrato, il lavoro verrebbe fatto male, approssimativo e vi stanchereste oltre modo.

Per le operazioni di piccola media dimensione esiste la monospazzola, con la quale si può usare la stessa tipologia di abrasivo che useremmo con il supporto plastico. Di particolare utilità, per determinati tipi di pavimentazione, vi è la possibilità di usare una spazzola che può essere sintetica, naturale o metallica.

Con alcuni modelli esistono accessori che sono formati da spazzole in cui filamenti sono dei tondini del 6. (l’ho usata, vi posso garantire che è pesante e la schiena ne subisce gli effetti negativi se non si sa usare).

Se le superfici sono enormi, immaginatevi i capannoni da trattare con resine, è il caso di adoperare delle vere e proprie vetture. Si tratta di lavasciuga o lava-asciuga.

Sono macchine che combinano l’abrasione con l’aspirazione lasciando il pavimento perfettamente asciutto, pronto per i trattamenti (beh, quasi perfettamente asciutto, un po’ bisogna aspettare).

Se escludiamo l’uso di questa macchina, dobbiamo sempre ricorrere ad un altro strumento: l’aspiraliquidi. Si tratta di un aspiratore capace di inglobare liquidi.

In base alla soluzione detergente usata, dovete avere l’accortezza di avere un aspiraliquidi che sia in grado di sopportarla. Ad esempio non ne useremo mai uno metallico se operiamo con acidi molto forti, mentre va benissimo nel caso della soda caustica.

Vediamo quali sono le corrette procedure per eseguire le due tipologie più comuni di pulizia, a mano e con monospazzola: queste coprono circa il 70/80% delle casistiche che vi troverete ad affrontare.

Lavaggio a mano

Come detto viene fatto per piccolissime aree: si può trattare di angoli di pavimenti o cimose di teli sintetici da pulire prima della saldatura. Per eseguirla correttamente è necessario avere un secchio con la soluzione detergente, già preparata perfettamente, ed un secchio con acqua pulita per il lavaggio della spugna/spazzola, tra uno strofinamento e l’altro.

Il pericolo maggiore che si corre con questo metodo di lavaggio è quello di spostare lo sporco da un punto ad un altro o di non eseguire un risciacquo accurato lasciando una patina continua di sporco o di detergente. Ciò potrebbe portare a distacchi del manto in un immediato futuro.

Lavaggio a macchina

Se usiamo un macchinario, invece, il pericolo è quello di non riuscire ad approfondire il lavaggio.

Useremo quindi la tecnica dell’ammollo.

Esattamente come faceva la nonna con le lenzuola bianche, si mette il supporto a bagno. Si stende la soluzione di acqua e detergente e la si lascia agire. Prima che si asciughi, si passa la monospazzola diluendo leggermente la soluzione a terra con acqua. Successivamente, con buona lena ed organizzazione, la soluzione a terra, che a questo punto contiene anche lo sporco, deve essere aspirata velocemente.

Punti particolari

Come avete visto prima, le macchine possono essere usate con abrasivi, spazzole, fino a veri e propri ferri d’armatura, ma la scelta dipende da cosa vogliamo pulire e perché. Uno dei punti critici è, nelle pavimentazioni piastrellate, la fugatura sporca di grasso. In questo caso non possiamo lavorare manualmente perché non servirebbe a nulla abradere uno sporco penetrato all’interno dello stucco, non è superficiale. Allo stesso tempo non possiamo lasciarlo lì perché potrebbe staccare il nostro manto fatto con un impermeabilizzante liquido. Useremo una spazzola realizzata con ferri sottilissimi (filamenti) ed un detergente fortemente sgrassante. Con la monospazzola, il detergente ed il successivo aspiraliquidi saremo in grado di pulire anche queste zone in modo accurato.

Un altro punto particolare che non viene mai preso in considerazione è l’angolo che si forma tra i muri. Tutte le macchine hanno problemi ad arrivarci in quanto o utilizzano dei dischi, che notoriamente sono tondi, o diventa pericoloso arrivarci con acqua a pressione. Per pulirli si può ricorrere ad operazioni manuali, se sono pochi, altrimenti dovremo adottare delle apparecchiature puntuali che ci permettano di lavorare bene ed in sicurezza in queste zone di differenza geometrica.

La soda caustica

E’ una questione da non sottovalutare. La soda caustica è un potente sgrassante e depolimerizzante, tanto che si usa all’interno dei detergenti per i forni, è in grado di sciogliere il grasso bruciato uno dei più difficili da pulire. Però è pericolosissima, non possiamo sottovalutare il rischio per l’operatore e per tutto quello che toccherà durante le lavorazioni. Inoltre è molto difficile da sciacquare e, in fase di asciugatura, facilmente ne rimarrà aderente alle superfici dove si appoggia rischiando di creare danni anche in futuro sia alle cose sia alle persone (ricordiamo che è fortemente corrosiva per tutto ciò che è organico).

Se possibile è sempre meglio evitare prodotti quali la soda caustica, l’acido cloridrico e l’acido solforico.

Esistono dei preparati, che hanno le giuste caratteristiche, studiati per svolgere il lavoro che vi serve e, per rintracciarli, dovete uscire dal vostro settore ed entrare in quello delle pulizie. In questo mondo i rappresentanti sono anche i rivenditori (sono quasi tutti agenti con deposito) e possono dare le giuste risposte alle vostre esigenze.

Il risciacquo

Che voi usiate un detergente o un altro cambia poco, è necessario che venga perfettamente risciacquata la superficie da trattare. Per farlo si deve operare con la stessa strumentazione che si è usata per il lavaggio ma cambiando la parte abrasiva (se era presente), utilizzandone una nuova o perfettamente pulita. Il risultato da ottenere è la totale eliminazione di ogni traccia di sporco e di detergente.

Se si usa acqua ad alta pressione è piuttosto facile, si fa una seconda passata senza l’aggiunta di detergente nell’idropulitrice e si ottiene il risciacquo (attenzione che il getto di acqua non generi ristagni o controflussi); se si usano le monospazzole, invece, è necessario ripassare con la stessa ma cambiando il disco abrasivo ed utilizzandone uno nuovo; stessa cosa se si fa a mano.

Dal momento che il risultato si ottiene con abbondante spargimento di acqua, si consiglia di operare sempre in due: uno che distribuisce acqua pulita (il più puro possibile) e l’altro che, con stivali in gomma, ripassa completamente tutte le superfici. Questa tecnica si usa anche con le lavasciuga, perché l’aspirazione potrebbe non aver asportato tutto il residuo di detergente.

Per il risciacquo a mano, consiglio di utilizzare acqua distillata o demineralizzata. Questa ci velocizzerà le operazioni di sciacquatura e ci darà la certezza della pulizia desiderata. Prima che diciate che lanciamo proposte impossibili da utilizzare, vi ricordiamo che potete raccogliere la condensa dei condizionatori ed avrete un’acqua molto pura e gratuita.

Se le procedure così descritte vi sembrano eccessive, ricordate che chi fa pulizie professionali le usa quotidianamente, soprattutto se devono fare trattamenti ai pavimenti (cere, resine epossidiche, PMMA, poliuretaniche, etc.).

Si tratta solo di entrare in un’ottica diversa ma non lontana dal lavoro che ognuno fa: accuratezza e cura dei dettagli in ogni operazione.

Speriamo di avervi chiarito qualche idea e di avervi fatto capire che la pulizia del supporto non può essere considerata una mera operazione opzionale ma è qualche cosa di estremamente importante.

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Malte elastiche – siamo alla resa dei conti?


Nell’ultimo anno si sta vivendo una situazione particolare che sta mettendo in crisi di risultati una particolare tecnologia di impermeabilizzazione: le malte elastiche. Chi mi conosce sa che non ho mai avuto grande simpatia per tale tecnologia, soprattutto perchè si è voluto portarla fuori dal suo ambito originale della protezione nelle riprese di getto nel rispristino del calcestruzzo.

Nonostante le mie gufate sembra che la tecnologia si stia rivelando molto più fallace di quanto non si potesse immaginare inizialmente.

Innanzitutto cominciamo a togliere dei dubbi: come protezione nel ripristino del CLS funziona benissimo e non ha alcun tipo di problema; come impermeabilizzante di superfici orizzontali, invece, si sta rivelando un colabrodo. Prima che mi si lancino strali perchè “tu odi il mapelastic” (cosa vera tra parentesi), spiego che non è il prodotto in sé ad avere problemi, ma è nell’interazione con altri additivi di altri materiali che diventa fallace.

Facciamo un po’ di storia: quattro anni fa scrissi un articolo (impermeabilizzare un massetto alleggerito) dove feci una lunga ricerca per spiegare come mai una guaina bituminosa poteva invecchiare velocemente (in sei mesi era a fine vita) quando veniva applicata sopra un determinato tipo di massetto alleggerito (leggetevelo, non lo riassumo qui). Durante i quatto anni che sono passati ho avuto modo di parlare con molte persone (tecnici, chimici, fisici, muratori, impermeabilizzatori, etc.) discutendo sempre di questo problema e difendendo le mie teorie. Vengo a scoprire che non sono l’unico a pensare che i tensioattivi usati in edilizia possano creare problemi alle guaine bituminose.

Oramai è un dato assodato: i massetti alleggeriti contenenti tensioattivi danneggiano le guaine bituminose, a tal punto che i produttori di MBP proibiscono l’utilizzo di tali pacchetti; mentre i produttori di cementi…. tacciono! Proprio questo tacere ora si sta rivelando un’arma a doppio taglio! Infatti ci sono alcuni laboratori, alcune aziende, che stanno studiando il fenomeno per venirne a capo: i primi come tester di provini nati da cause in tribunale, le seconde per produrre materiali che possano resistere a tali aggressioni chimiche.

Rimane che senza un perchè chiaro e facile da capire non è possibile continuare a lavorare.

Arriviamo a ciò che è successo nell’ultimo anno: molte volte sono stato chiamato per analizzare terrazzi (anche molto grandi) che, nonostante l’applicazione di malta elastica secondo i criteri dettati dal produttore, perdono copiosamente. L’analisi di alcuni carotaggi mi ha portato a rilevare come, nonostante se ne vedessero i segni, fosse assente l’armatura richiesta e di come la malta elastica avesse assunto un comportamento molto strano, o ne trovavo delle lastre vetrificate completamente separate dal resto del pacchetto o trovavo della strana melma grigiastra inconstitente.
Ma come poteva succedere una cosa del genere? In primis mi sono semplicemente gongolato nel mio odio verso il materiale, ma più i casi si succedevano più questa cosa mi sembrava strana fino ad arrivare addirittura ad assolvere la tecnologia.

Ho ripreso in mano il vecchio articolo a causa di un progettista che mi chiese come impermeabilizzare un massetto alleggerito e, rinfrescandomi la memoria ho cominciato a pormi delle domande. Contestualmente ho avuto una chiacchierata molto importante con un chimico di un centro analisi. Dopo aver spiegato l’azione dei tensioattivi la discussione è subito andata sul passaggio successivo: a cosa servono i tensioattivi in edilizia oltre ad alleggerire i massetti o i sottofondi? Beh scopro che servono anche come emulsionanti per le malte cementizie di vario genere: calcestruzzi, colle per pavimenti, massetti premiscelati, intonaci etc.

Insomma il mio sospettato numero uno da un solo utilizzo mi è diventato un’epidemia! Comincio a cercare su internet qualche notizia e, a dire il vero, ne trovo poche, almeno notizie specifiche e non solo vaghi accenni: “l’industria edilizia, che consuma soprattutto tensioattivi economici per rendere più fluidi gli impasti di cemento, più porosi i rivestimenti ecc.” (nuovo dizionario di merceologia e chimica applicata – volume 7 – Hoepli editore – 1977)

Toh compare la parola “Economici”. Che strano…. i produttori di materiali di edilizia che usano prodotti economici! Non ci crederete ma ancora una volta mi sono lasciato trasportare dai miei preconcetti verso determinati prodotti ed aziende. Certo che usano quelli economici, visto che i tensioattivi non nascono certo per essere usati in edilizia, ma è semplicemente una scoperta moderna. Non essendo mai a contatto con sistemi delicati (cibo, cucine etc.) non è necessario che siano il massimo della raffinatezza o altro, devono solo fare il loro lavoro. Ma qual’è questo lavoro? Qui entriamo in qualcosa di più tecnico: i tensioattivi aumentano la bagnabilità o la miscibilità tra liquidi diversi.

tre caratteristiche: aumentano la bagnabilità, quindi migliorano la reazione con l’acqua, aumentano la miscibilità, quindi migliorano la capacità dei materiali di miscelarsi…. tra liquidi diversi, azz. non dei materiali, ma dei liquidi! Qui sorge il problema: come può un intonaco in sacchi da 25 kg essere liquido? Beh… aggiungendo acqua. Bene, ma quando un intonaco è posato non è più liquido, ma ben solido, ce ne rendiamo conto tutte le volte che ci appoggiamo al muro!

Non rimane che adoperare un metro di giudizio diverso e per metro intendo proprio un’unità di misura: ho cominciato a ragionare come fossi diventato microscopico, come se navigassi dentro una goccia d’acqua che sta cadendo dal cielo: la goccia cadendo su un pavimento cerca immediatamente un via di fuga (è un liquido non un solido) che spesso trova in microcrepe presenti tra una mattonella e l’altra o in stuccature saltate o semplicemente nella porosità di un materiale sbagliato che si è utilizzato nella pavimentazione. Continuando a percorrere la strada della nostra goccia arriviamo velocemente allo strato di colla sottostante le mattonelle, continua a correre fin quando non trova una barriera: l’impermeabilizzazione. Lo strato che incontra è una malta elastica (chiamatela con il nome commerciale che volete) che è stata stesa sul massetto pendenziato perfettamente. Il problema è che lì sotto la goccia non ha modo di correre libera verso la massima pendenza, ma rimane imprigionata nei canali costituenti in materiale più assorbente limitrofo all’impermeabilizzazione, ossia la colla. Questa colla, frutto di anni e anni di ricerca da parte di laboratori specializzati è composta da una miriade di elementi chimici, resine, cementi particolari, inerti sceltissimi…. e tensioattivi che ne migliorano la tixotropicità! Ahia….. il nostro indiziato speciale.

Facciamo un altro caso: uno splendido terrazzo che funge anche da tetto per un appartamento al piano di sotto, poniamo che al di sotto viva una famiglia emiliana che tutte le domeniche fa il brodo e cucina i fantastici tortellini tradizionali (o una famiglia russa che fa il borsh o quella che volete). Facendo il suo brodo la signora Maria (inventiamo un nome poco usuale) crea una valanga di vapore (come del resto il sig. Mario quando si fa la doccia e tutta la famiglia vivendo nella casa) che piano piano penetra attraverso la struttura del soffitto. La nostra molecola di vapore, come la precedente goccia di pioggia, comincia il suo viaggio attraverso la struttura prima dell’intonaco, poi dei travetti e delle pignatte, poi della caldana, poi del sottofondo alleggerito, poi del massetto fino ad arrivare alla barriera che non riesce ad attraversare, anche perchè la nostra molecola di vapore, nel frattempo, è diventata liquida a causa della condensa: l’impermeabilizzazione che questa volta è stata fatta con una malta elastica (sempre per distinguersi dal caso precedente) e lì si ferma.

In comune i due casi hanno una caratteristica: l’acqua liquida arriva a toccare e sostare sull’impermeabilizzazione. Non voglio sindacare sul fatto che ci sia più o meno acqua o su quale stato fisico ha e in che percentuale, ma sul fatto che c’è!
Due problemi: il primo immediato, abbiamo un ristagno d’acqua a contatto con uno strato impermeabilizzante che non regge il ristagno d’acqua (leggetevi le schede tecniche); secondo abbiamo dei materiali che sono maturati nel tempo che contengono dei tensioattivi che rimangono latenti al loro interno. che non possono più reagire con i materiali per cui erano stati inseriti, ma con l’acqua sì (ci ricordiamo che agiscono sui liquidi). Questi non sapendo cosa fare ed essendo stati riattivati, decidono di compiere di nuovo la loro opera: ossia rendere idrofili i materiali, sciogliere i legami della tensione superficiale dei materiali, sciogliere i materiali tra di loro e mantenerli miscelati… insomma li fanno regredire ad uno stadio in cui non servono più a nulla! Ovviamente quest’azione si concentra dove l’acqua ristagna, ossia sull’impermeabilizzazione, quindi è proprio questo strato il primo che viene aggredito.

Risultato: l’impermeabilizzazione si scioglie completamente o, se passa molto tempo e l’acqua evapora, si cristallizza in uno strato fragilissimo. E l’armatura che fine ha fatto? Beh se n’è andata! L’ambiente che si crea grazie ai tensioattivi azionati è particolarmente poco adatta alla povera fibra di poliestere che non regge più. Totale della situazione, le malte elastiche stanno rendendo i conti all’oste dopo meno dei 10 anni che la legge richiede come garanzia e il bello è che gli stessi produttori di malte elastiche sono coloro che hanno messo il loro killer all’interno dei materiali che gli sono di contorno (e non escluso anche nelle malte elastiche stesse). Insomma i nostri tensioattivi tanto utili nella posa dei materiali che utilizziamo per costruire le nostre case sono delle bombe ad orologeria per la struttura stessa. Ovviamente non vanno a degradare il calcestruzzo, ma sicuramente vanno a degradare lo strato impermeabile che lo protegge e protegge i nostri solai.

Non solo le malte elastiche sono a rischio, ma anche le guaine bituminose con le loro armature in fibra di poliestere e la loro massa grassa, lo sono anche i manti in TPO che vengono rammolliti nel tempo.

Come si può sistemare questa situazione: beh rifacendo le impermeabilizzazioni cambiando i materiali utilizzati; utilizzando sistemi impermeabilizzanti che non vengano attaccati dai tensioattivi; costruendo le giuste stratigrafie che vincolino l’acqua e il vapore esattamente dove vogliamo che resti.

Non c’è da preoccuparsi se non dell’incompetenza di chi ci fa i lavori o li progetta. Per le nuove costruzioni è il caso di valutare molto bene delle barriere al vapore vere e non dei teli bucherellati che hanno avuto la certificazione di B.V. Solo perchè ci si è fatta una norma a proprio uso e consumo. Chiediamo che i materiali siano capaci di resistere al ristagno dell’acqua e valutiamo se ci potranno essere conseguenze nell’interazione tra i singoli componenti della casa dove abitiamo: insomma chiediamo che siano dei veri professionisti dell’edilizia quelli che ci seguiranno e, lasciatemi lanciare un altro sasso nello stagno, non facciamo i tirchi. Se dobbiamo spendere migliaia di euro in un lavoro, spendiamone qualcuno in più in un consulente preparato che possa fare i nostri interessi e non quelli dell’impresa incaricata.

Addenda dopo alcune discussioni: Non ho citato appositamente l’errore di posa, l’incompetenza di operatori, progettisti e fabbricanti, non ho segnalato tutti i particolari che potrebbero effettivamente far funzionare o meno un sistema semplicemente per puntare il fuoco su un problema che a me pare molto importante. Non ho citato marchi commerciali o prodotti perchè ritengo che non sia un problema di prodotto singolo ma di sistema, oltre al fatto che non posso citare ciò che è coperto da segreto istruttorio o da segreto industriale di cui sono venuto a conoscenza in veste di consulente o per semplice fortuna.
Ritengo che il mio ragionamento sia giusto, ma non pretendo che lo sia! voglio, sostengo e pretendo che si discuta dell’argomento con mente aperta per risolvere una serie di danni che si stanno verificando ovunque e che porteranno non solo molto lavoro ma anche molta litigiosità nel settore.