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Le malte cementizie elastiche – l’estinzione

Sono giorni che sto provando in ogni modo a trovare un sistema per salvare le malte cementizie elastiche. Studio di schede tecniche, dialoghi con tecnici ed operatori, ristudio delle schede e di sicurezza ma non riesco a trovare una via d’uscita. Mi sento di affermare che le malte cementizie elastiche sono un prodotto più dannoso che altro.

Partiamo con calma e seguitemi nel ragionamento: le malte cementizie elastiche sono un prodotto bicomponente o monocomponente formato da una matrice cementizia e da una resina di origine ignota (Acrilica o vinilica, di solito), non perchè non abbia un’origine, ma perchè nessuno lo specifica da nessuna parte.

Primo distinguo: non sono elastiche, sono plastiche.

Ci sono tantissimi operatori che giurano e spergiurano che i loro lavori sono perfetti, che i terrazzi fatti con la malta cementizia elastica non hanno problemi e che nessuno si MAI lamentato. Sapendo che i muratori sono parenti molto stretti dei pescatori, ovviamente prendo queste affermazioni con le pinze e ritengo che in fondo, ma molto in fondo, qualche cenno di verità ci sia. Per questo posso affermare che deve esistere un sistema per impermeabilizzare un balcone con la malta cementizia elastica e far sì che duri 10 anni.

Analizziamo le criticità del materiale. Per fare questo passaggio dobbiamo cercare i punti in comune di tutti i prodotti simili che ci sono sul mercato. Innanzitutto la preparazione del supporto: questo deve essere liscio, planare, coerente, con la giusta pendenza, pulito e, soprattutto, ASCIUTTO.

  • Liscio: vuol dire che non deve avere grosse asperità (concessa la fuga della mattonella) e se non è così devo prendere una malta che mi permetta di colmare le asperità fino a rendere liscio il supporto… ovviamente liscio vuol dire liscio, non vuol dire con le onde ed il surfista che le cavalca….
  • Planare: il piano da impermeabilizzare deve essere tutto sullo stesso piano, quindi nessun gradino tra un punto e un altro, non ci devono essere riseghe o buchi o canali etc.;
  • Coerente: beh sembra facile, ma coerente vuol dire che rimane compatto. Non che si sbriciola dopo due giorni, che il supporto rimane aggrappato a sé stesso!!!!!
  • Con la giusta pendenza: la pendenza è fondamentale. Se non è perfetta prima o poi l’acqua ristagna. Ma cosa vuol dire avere la giusta pendenza per 10 anni? Ovviamente avere uno strato perfettamente liscio che porti l’acqua fino ad un punto predeterminato. Ma i massetti, le maltine, i pavimenti, le caldane (insomma, tutto quello che dobbiamo impermabilizzare) subisce dei ritiri, subisce delle sollecitazioni e dei deterioramenti. Immaginatevi un bel piano perfetto, liscio come un biliardo, con una pendenza del 2,5% perfettamente costruita dove il proprietario decide di mettere un vaso in cemento da 2 metri cubi e un baobab dentro… secondo voi la pendenza rimane costante nel tempo?

    Quindi la pendenza deve rimanere integra e costante nel tempo.

  • Pulito: il supporto da trattare deve essere esente da grassi, sporco, distaccanti vari, solventi, coloranti e chi più ne ha più ne metta, cioè da tutto ciò che può creare un distacco fisico o un’alterazione chimica del manto impermeabile. Se alcuni di questi rimangono… beh non è stato pulito a dovere. A volte pulire può voler dire agire meccanicamente raschiando la superficie fino a togliere le zone troppo sporche per essere pulite chimicamente (fino all’estremo di togliere e rifare il supporto).

    Attenzione: bisogna pulire anche dai residui di agenti chimici usati per pulire….. è un cane che si morde la coda, ma se uso degli acidi…. ovviamente questi continueranno ad agire fino a fare dei danni su qualsiasi cosa ci metta sopra in aderenza.

  • ASCIUTTO: qui casca l’asino. Troppo spesso, anzi direi quasi sempre, le schede tecniche dicono che il supporto deve essere asciutto. Ma asciutto cosa vuol dire visto che non è specificato? Non più del 4% di umidità al cuore del supporto. Questo vuol dire che dovrete prendere un igrometro, fare un buco nel supporto e misurare l’umidità nel suo punto più bagnato. Eh già! Non avete altro modo per farlo!

Di seguito bisogna valutare le tecniche di posa. C’è chi dice che non si possono posare più di 2mm alla volta, c’è chi dice che non si possono posare meno di 2mm alla volta, c’è chi non dice nulla, c’è chi dice che serve l’armatura, chi dice che non serve, chi ne vuole una fucsia, chi una rete, chi un tnt…. insomma in questo punto vi è la fumosità totale e un posatore non fa altro che supporre che quello che fa lui possa andare bene.

Attenzione: spesso i corsi tecnici fatti dalle aziende dicono una cosa, i manuali altre…. ci si può fidare solo dei manuali e schede tecniche (Scripta manent)

Come dovrebbe essere posata una malta cementizia elastica? Uno solo è corretto: in modo uniforme, senza bolle e su tutta la superficie; maggiore importanza deve essere data dallo studio e la cura dei dettagli! Bisognerà ricordarsi che una buona impermeabilizzazione deve essere posta al di sotto dell’intonaco o del rivestimento verticale. Nel caso non lo vogliate fare potete impermeabilizzare tutto il muretto fino a risvoltarvi all’estradosso del pavimento (non scherzo……. l’acqua può penetrare anche da sotto). Facendo così avete coperto ogni punto in cui può esservi un’infiltrazione, ma non è detto che esteticamente sia ottimale; inoltre avrete posto il manto impermeabile cementizio a vista e, quindi, a contatto con gli agenti atmosferici di ogni tipo.

Altra buona norma è quella di andare a sostituire il materiale cementizio con altri idonei nei punti critici: angoli, giunti, bocchettoni, etc. In questi casi ci sono dei supporti appositi che vanno usati. Il problema nasce quando questi supporti non sono in totale aderenza con il manto cementizio, ma vi è un punto di disgiunzione. Le sollecitazioni meccaniche verranno sicuramente rette dall’ausilio, ma creeranno le stesse criticità al manto cementizio stressandolo.

Uno di questi ausili, che nel tempo è stato lentamente sostituito, è la banda formata da un centro elastico in gomma EPDM ed una rete di vetro (o poliestere o altro) sui lati; la banda elastica si agganciava al sistema impermeabile nella sua parte retinata e non nella sua parte in gomma. Lo scopo era quello di resistere ai movimenti dei supporti dove era richiesta elasticità. Purtroppo la rete di aggancio era più debole della parte elastica e si snervava prima che la parte centrale si allungasse…. con conseguenti infiltrazioni date dalle crepe formatesi sulla malta cementizia. Da un po’ di tempo (e qui mi prendo un bel po’ di merito nella scelta del materiale… che a casa mia ho usato 13 anni fa quando i produttori mi diedero del cretino) si è sostituita questa bandella particolare con un nastro in butile autoadesivo ricoperto da un tessuto non tessuto. Sicuramente è uno stratagemma migliore e risolve moltissimi punti a sfavore del precedente ausilio, se non fosse che nessuno spiega quali sono le criticità del butile: non è elastico ma plastico; fin quando si parla di piccole dilatazioni (ordine di millimetri, 1 o 2) non ci sono problemi, ma quando i movimenti supportati possono agire con dilatazioni maggiori, anche il butile si snerva. Inoltre, per la legge sulla conservazione della massa, se un corpo si allunga in una dimensione deve per forza accorciarsi nell’altra dimensione … e cosa succede se lo si stressa troppo? una parte si stira fino a diventare troppo sottile e… la malta elastica crepa e crea infiltrazioni

Le soglie sono sempre e comunque il punto più critico da trattare. La tipologia di soglia con le sue naturali dilatazioni, la tipologia di ausili utilizzati che spesso rifiutano le malte cementizie le pongono in particolare come la maggiore criticità per un sistema cementizio elastico.

Questo elenco che ho fatto è frutto di tanta esperienza e dialoghi fatti con gli studi tecnici delle aziende che producono tali materiali. Ma quanti impermeabilizzatori sanno o hanno mai chiesto qualcosa riguardo questi punti nevralgici?

Tutti coloro che posano malte cementizie elastiche, e non sono impermeabilizzatori, hanno mai preso in considerazione la loro scheda tecnica nella sua interezza? Hanno mai preparato il supporto come va fatto? Sanno che si prepara il supporto?

Scusatemi se posso sembrare esagerato, ma la mia risposta è NO. O meglio, quelli che lo fanno sono talmente pochi da non fare statistica. Del resto non viene neanche riconosciuto a nessuno il quid necessario a svolgere le operazioni di preparazione, quindi …. beh, tanto sono materiali miracolosi!!!

Questione commerciale: le malte cementizie elastiche sono un materiale che è stato messo in mano a chiunque, con una distribuzione particolarmente polverizzata ed una concorrenza spaventosa che ha portato all’impoverimento del prodotto, all’ignoranza totale degli operatori che sono convinti che il materiale faccia il lavoro da sè. Il massimo degli obrobri è stata l’introduzione delle magiche malte cementizie elastiche monocomponenti.

Inutile che diciate che funzionano perchè non è vero! E sapete che voi che le posate vi candidate a pagare una valanga di danni senza averne la più pallida idea né di quanto né di quando?

Eccovi la motivazione principale che dovrebbe farvi scappare via davanti a questo prodotto: tutti i dati che andate a leggere sulle schede tecniche sono stati rilevati con una miscela precisa al centilitro di acqua (non con il tubo in cantiere) e con acqua distillata (sempre non con il tubo in cantiere). Quindi il prodotto che andate a posare è diverso da quello che pensate di posare e da quello che leggete in scheda tecnica!

Quanto conta l’acqua in un impasto cementizio? Tutto! Se nell’acqua ci sono inquinanti di qualsiasi natura (dal calcare tipico, al ferro, al manganese, al potassio, al petrolio, alle scorie radioattive etc.) la malta cambia le sue prestazioni in modo radicale. Questo nella scheda tecnica non lo trovate scritto quindi, se avete qualche soldino da parte, cominciate a contattare un buon avvocato ed un buon perito chimico che vi preparino le cause che andrete ad affrontare.

Insomma, in ultima analisi: le malte cementizie elastiche hanno avuto uno scopo (a dire il vero quello originario ancora ce l’hanno) ma il mercato le ha talmente snervate e buttate nella mischia, che oggi è quasi impossibile trovare un prodotto di buona qualità che abbia la minima speranza di durare i 10 anni che la legge impone inoltre le operazioni preliminari necessarie sono impossibili da realizzare in cantiere se non a costi decisamente esagerati.

Il punto è sempre quello: se avete una malattia andate dal medico, perchè se dovete impermeabilizzare chiamate un imbianchino?

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Malte elastiche – siamo alla resa dei conti?


Nell’ultimo anno si sta vivendo una situazione particolare che sta mettendo in crisi di risultati una particolare tecnologia di impermeabilizzazione: le malte elastiche. Chi mi conosce sa che non ho mai avuto grande simpatia per tale tecnologia, soprattutto perchè si è voluto portarla fuori dal suo ambito originale della protezione nelle riprese di getto nel rispristino del calcestruzzo.

Nonostante le mie gufate sembra che la tecnologia si stia rivelando molto più fallace di quanto non si potesse immaginare inizialmente.

Innanzitutto cominciamo a togliere dei dubbi: come protezione nel ripristino del CLS funziona benissimo e non ha alcun tipo di problema; come impermeabilizzante di superfici orizzontali, invece, si sta rivelando un colabrodo. Prima che mi si lancino strali perchè “tu odi il mapelastic” (cosa vera tra parentesi), spiego che non è il prodotto in sé ad avere problemi, ma è nell’interazione con altri additivi di altri materiali che diventa fallace.

Facciamo un po’ di storia: quattro anni fa scrissi un articolo (impermeabilizzare un massetto alleggerito) dove feci una lunga ricerca per spiegare come mai una guaina bituminosa poteva invecchiare velocemente (in sei mesi era a fine vita) quando veniva applicata sopra un determinato tipo di massetto alleggerito (leggetevelo, non lo riassumo qui). Durante i quatto anni che sono passati ho avuto modo di parlare con molte persone (tecnici, chimici, fisici, muratori, impermeabilizzatori, etc.) discutendo sempre di questo problema e difendendo le mie teorie. Vengo a scoprire che non sono l’unico a pensare che i tensioattivi usati in edilizia possano creare problemi alle guaine bituminose.

Oramai è un dato assodato: i massetti alleggeriti contenenti tensioattivi danneggiano le guaine bituminose, a tal punto che i produttori di MBP proibiscono l’utilizzo di tali pacchetti; mentre i produttori di cementi…. tacciono! Proprio questo tacere ora si sta rivelando un’arma a doppio taglio! Infatti ci sono alcuni laboratori, alcune aziende, che stanno studiando il fenomeno per venirne a capo: i primi come tester di provini nati da cause in tribunale, le seconde per produrre materiali che possano resistere a tali aggressioni chimiche.

Rimane che senza un perchè chiaro e facile da capire non è possibile continuare a lavorare.

Arriviamo a ciò che è successo nell’ultimo anno: molte volte sono stato chiamato per analizzare terrazzi (anche molto grandi) che, nonostante l’applicazione di malta elastica secondo i criteri dettati dal produttore, perdono copiosamente. L’analisi di alcuni carotaggi mi ha portato a rilevare come, nonostante se ne vedessero i segni, fosse assente l’armatura richiesta e di come la malta elastica avesse assunto un comportamento molto strano, o ne trovavo delle lastre vetrificate completamente separate dal resto del pacchetto o trovavo della strana melma grigiastra inconstitente.
Ma come poteva succedere una cosa del genere? In primis mi sono semplicemente gongolato nel mio odio verso il materiale, ma più i casi si succedevano più questa cosa mi sembrava strana fino ad arrivare addirittura ad assolvere la tecnologia.

Ho ripreso in mano il vecchio articolo a causa di un progettista che mi chiese come impermeabilizzare un massetto alleggerito e, rinfrescandomi la memoria ho cominciato a pormi delle domande. Contestualmente ho avuto una chiacchierata molto importante con un chimico di un centro analisi. Dopo aver spiegato l’azione dei tensioattivi la discussione è subito andata sul passaggio successivo: a cosa servono i tensioattivi in edilizia oltre ad alleggerire i massetti o i sottofondi? Beh scopro che servono anche come emulsionanti per le malte cementizie di vario genere: calcestruzzi, colle per pavimenti, massetti premiscelati, intonaci etc.

Insomma il mio sospettato numero uno da un solo utilizzo mi è diventato un’epidemia! Comincio a cercare su internet qualche notizia e, a dire il vero, ne trovo poche, almeno notizie specifiche e non solo vaghi accenni: “l’industria edilizia, che consuma soprattutto tensioattivi economici per rendere più fluidi gli impasti di cemento, più porosi i rivestimenti ecc.” (nuovo dizionario di merceologia e chimica applicata – volume 7 – Hoepli editore – 1977)

Toh compare la parola “Economici”. Che strano…. i produttori di materiali di edilizia che usano prodotti economici! Non ci crederete ma ancora una volta mi sono lasciato trasportare dai miei preconcetti verso determinati prodotti ed aziende. Certo che usano quelli economici, visto che i tensioattivi non nascono certo per essere usati in edilizia, ma è semplicemente una scoperta moderna. Non essendo mai a contatto con sistemi delicati (cibo, cucine etc.) non è necessario che siano il massimo della raffinatezza o altro, devono solo fare il loro lavoro. Ma qual’è questo lavoro? Qui entriamo in qualcosa di più tecnico: i tensioattivi aumentano la bagnabilità o la miscibilità tra liquidi diversi.

tre caratteristiche: aumentano la bagnabilità, quindi migliorano la reazione con l’acqua, aumentano la miscibilità, quindi migliorano la capacità dei materiali di miscelarsi…. tra liquidi diversi, azz. non dei materiali, ma dei liquidi! Qui sorge il problema: come può un intonaco in sacchi da 25 kg essere liquido? Beh… aggiungendo acqua. Bene, ma quando un intonaco è posato non è più liquido, ma ben solido, ce ne rendiamo conto tutte le volte che ci appoggiamo al muro!

Non rimane che adoperare un metro di giudizio diverso e per metro intendo proprio un’unità di misura: ho cominciato a ragionare come fossi diventato microscopico, come se navigassi dentro una goccia d’acqua che sta cadendo dal cielo: la goccia cadendo su un pavimento cerca immediatamente un via di fuga (è un liquido non un solido) che spesso trova in microcrepe presenti tra una mattonella e l’altra o in stuccature saltate o semplicemente nella porosità di un materiale sbagliato che si è utilizzato nella pavimentazione. Continuando a percorrere la strada della nostra goccia arriviamo velocemente allo strato di colla sottostante le mattonelle, continua a correre fin quando non trova una barriera: l’impermeabilizzazione. Lo strato che incontra è una malta elastica (chiamatela con il nome commerciale che volete) che è stata stesa sul massetto pendenziato perfettamente. Il problema è che lì sotto la goccia non ha modo di correre libera verso la massima pendenza, ma rimane imprigionata nei canali costituenti in materiale più assorbente limitrofo all’impermeabilizzazione, ossia la colla. Questa colla, frutto di anni e anni di ricerca da parte di laboratori specializzati è composta da una miriade di elementi chimici, resine, cementi particolari, inerti sceltissimi…. e tensioattivi che ne migliorano la tixotropicità! Ahia….. il nostro indiziato speciale.

Facciamo un altro caso: uno splendido terrazzo che funge anche da tetto per un appartamento al piano di sotto, poniamo che al di sotto viva una famiglia emiliana che tutte le domeniche fa il brodo e cucina i fantastici tortellini tradizionali (o una famiglia russa che fa il borsh o quella che volete). Facendo il suo brodo la signora Maria (inventiamo un nome poco usuale) crea una valanga di vapore (come del resto il sig. Mario quando si fa la doccia e tutta la famiglia vivendo nella casa) che piano piano penetra attraverso la struttura del soffitto. La nostra molecola di vapore, come la precedente goccia di pioggia, comincia il suo viaggio attraverso la struttura prima dell’intonaco, poi dei travetti e delle pignatte, poi della caldana, poi del sottofondo alleggerito, poi del massetto fino ad arrivare alla barriera che non riesce ad attraversare, anche perchè la nostra molecola di vapore, nel frattempo, è diventata liquida a causa della condensa: l’impermeabilizzazione che questa volta è stata fatta con una malta elastica (sempre per distinguersi dal caso precedente) e lì si ferma.

In comune i due casi hanno una caratteristica: l’acqua liquida arriva a toccare e sostare sull’impermeabilizzazione. Non voglio sindacare sul fatto che ci sia più o meno acqua o su quale stato fisico ha e in che percentuale, ma sul fatto che c’è!
Due problemi: il primo immediato, abbiamo un ristagno d’acqua a contatto con uno strato impermeabilizzante che non regge il ristagno d’acqua (leggetevi le schede tecniche); secondo abbiamo dei materiali che sono maturati nel tempo che contengono dei tensioattivi che rimangono latenti al loro interno. che non possono più reagire con i materiali per cui erano stati inseriti, ma con l’acqua sì (ci ricordiamo che agiscono sui liquidi). Questi non sapendo cosa fare ed essendo stati riattivati, decidono di compiere di nuovo la loro opera: ossia rendere idrofili i materiali, sciogliere i legami della tensione superficiale dei materiali, sciogliere i materiali tra di loro e mantenerli miscelati… insomma li fanno regredire ad uno stadio in cui non servono più a nulla! Ovviamente quest’azione si concentra dove l’acqua ristagna, ossia sull’impermeabilizzazione, quindi è proprio questo strato il primo che viene aggredito.

Risultato: l’impermeabilizzazione si scioglie completamente o, se passa molto tempo e l’acqua evapora, si cristallizza in uno strato fragilissimo. E l’armatura che fine ha fatto? Beh se n’è andata! L’ambiente che si crea grazie ai tensioattivi azionati è particolarmente poco adatta alla povera fibra di poliestere che non regge più. Totale della situazione, le malte elastiche stanno rendendo i conti all’oste dopo meno dei 10 anni che la legge richiede come garanzia e il bello è che gli stessi produttori di malte elastiche sono coloro che hanno messo il loro killer all’interno dei materiali che gli sono di contorno (e non escluso anche nelle malte elastiche stesse). Insomma i nostri tensioattivi tanto utili nella posa dei materiali che utilizziamo per costruire le nostre case sono delle bombe ad orologeria per la struttura stessa. Ovviamente non vanno a degradare il calcestruzzo, ma sicuramente vanno a degradare lo strato impermeabile che lo protegge e protegge i nostri solai.

Non solo le malte elastiche sono a rischio, ma anche le guaine bituminose con le loro armature in fibra di poliestere e la loro massa grassa, lo sono anche i manti in TPO che vengono rammolliti nel tempo.

Come si può sistemare questa situazione: beh rifacendo le impermeabilizzazioni cambiando i materiali utilizzati; utilizzando sistemi impermeabilizzanti che non vengano attaccati dai tensioattivi; costruendo le giuste stratigrafie che vincolino l’acqua e il vapore esattamente dove vogliamo che resti.

Non c’è da preoccuparsi se non dell’incompetenza di chi ci fa i lavori o li progetta. Per le nuove costruzioni è il caso di valutare molto bene delle barriere al vapore vere e non dei teli bucherellati che hanno avuto la certificazione di B.V. Solo perchè ci si è fatta una norma a proprio uso e consumo. Chiediamo che i materiali siano capaci di resistere al ristagno dell’acqua e valutiamo se ci potranno essere conseguenze nell’interazione tra i singoli componenti della casa dove abitiamo: insomma chiediamo che siano dei veri professionisti dell’edilizia quelli che ci seguiranno e, lasciatemi lanciare un altro sasso nello stagno, non facciamo i tirchi. Se dobbiamo spendere migliaia di euro in un lavoro, spendiamone qualcuno in più in un consulente preparato che possa fare i nostri interessi e non quelli dell’impresa incaricata.

Addenda dopo alcune discussioni: Non ho citato appositamente l’errore di posa, l’incompetenza di operatori, progettisti e fabbricanti, non ho segnalato tutti i particolari che potrebbero effettivamente far funzionare o meno un sistema semplicemente per puntare il fuoco su un problema che a me pare molto importante. Non ho citato marchi commerciali o prodotti perchè ritengo che non sia un problema di prodotto singolo ma di sistema, oltre al fatto che non posso citare ciò che è coperto da segreto istruttorio o da segreto industriale di cui sono venuto a conoscenza in veste di consulente o per semplice fortuna.
Ritengo che il mio ragionamento sia giusto, ma non pretendo che lo sia! voglio, sostengo e pretendo che si discuta dell’argomento con mente aperta per risolvere una serie di danni che si stanno verificando ovunque e che porteranno non solo molto lavoro ma anche molta litigiosità nel settore.