Categorie
Blog Impermeabilizzazioni

La Pulizia come preparazione del supporto da impermeabilizzare

Come ben sappiamo la preparazione del supporto è un momento fondamentale nella realizzazione di un sistema impermeabile che possa durare nel tempo al pari dello strato di protezione meccanica finale.

Troppo spesso viene ignorato che una delle preparazioni del supporto è la pulizia delle superfici, perché, in base al tipo di materiale utilizzato ed al supporto preparato, la presenza di componenti estranei potrebbe creare difficoltà sia nella posa sia nella successiva manutenzione.

Ad esempio: se trovassi tracce di olio minerale su un supporto in cemento e lo impermeabilizzo con una guaina bituminosa, non avrò molti problemi, ma se devo utilizzare un prodotto liquido, allora mi troverò di fronte ad un guaio piuttosto serio, quell’olio fungerà da distaccante per il manto impermeabile causando debolezza all’intero sistema.

Fin quando si tratta di una macchia i problemi sono pochi, il danno creato è limitato, ma quando lo sporco è diffuso? In questo caso dobbiamo per forza utilizzare un sistema di pulizia, esattamente come se trovassimo le superfici inquinate da efflorescenze di varia natura. Se non puliamo non potremo avere un sistema impermeabile che duri più di pochi giorni (in modo particolare con i sistemi non bituminosi).

Vediamo quindi quali sono le indicazioni che vengono normalmente dettate dai produttori. Le immagini che seguono sono tratte dalle schede tecniche di produttori di materiali liquidi per impermeabilizzazioni, noterete come diano prescrizioni generiche. L’unica cosa su cui sono sempre d’accordo è che il supporto deve essere perfettamente pulito, ogni altra indicazione sulle metodologie deve essere data da chi produce i detergenti.

Immagine 1

Nella prima immagine la richiesta è quella di lavare il supporto da impermeabilizzare con Soda Caustica e risciacquare abbondantemente.

L’argomento soda caustica lo tratteremo in seguito, per ora poniamo l’accento solo sulla richiesta del risciacquo dove si vuole ottenere la totale eliminazione di qualsiasi residuo di soda caustica.

Immagine 2

Nella seconda, oltre alla mancanza di tracce di sporco, viene consigliato di eseguire un lavaggio con detergenti specifici e acqua in pressione. In questo caso viene prescritto anche l’uso di macchinari specifici, si richiede l’uso di un’idropulitrice, e successivamente di rimuovere ogni residuo di acqua di lavaggio.

Immagine 3

Nel caso della terza immagine il produttore specifica, come gli altri, che le superfici debbano essere sgrassate e, visto che lo vende, inserisce anche il nome di un prodotto. Interessante il fatto che l’alternativa a quel prodotto sia un’abrasione meccanica ed una pulizia con “apposito aspiratore industriale” ma non definisce cosa sia questo aspiratore “industriale”.

Immagine 4

La quarta ed ultima immagine (sono solo una piccola selezione di tutte le raccomandazioni che potreste trovare sul mercato) specifica che la pulizia deve essere fatta mediante idrolavaggio, idrosabbiatura o leggera bocciardatura indicando tre sistemi molto diversi tra loro.

Per capire cosa si intenda per pulizia, è il caso di dare alcune definizioni di processo: la parola lavaggio non ha sempre lo stesso significato nei diversi settori in cui si lavora. Per questo motivo, di seguito inseriamo un piccolo elenco di operazioni e a cosa servono, oltre a quali attrezzature sono necessarie per eseguirle:

  • Spazzatura: si tratta di togliere tutto ciò che si può rimuovere con mezzi manuali (scopa, spazzoloni, etc.) in modo sommario, di solito si tratta di residui grossolani e sabbie;
  • Depolveratura: è un approfondimento della spazzatura, dove oltre ai residui grossolani, bisogna rimuovere totalmente anche la polvere e gli elementi sfarinati. Per questa operazione si possono usare due strumenti: l’idropulitrice o l’aspirapolvere;
  • Lavaggio: lo scopo non è togliere ciò che è appoggiato sul supporto ma ciò che si è ancorato al supporto; lo si può eseguire a secco o ad acqua e spesso riguarda l’asportazione di macchie di elementi minerali (cemento), di grassi (minerali o organici), rivestimenti sottili (macchie di vernice, etc.);
  • Levigatura: si tratta di rimuovere meccanicamente uno strato molto sottile di supporto ed in base all’abrasivo che si usa si può ottenere una superficie più o meno scabrosa. Si possono usare sia sabbiatrici, sia pallinatrici, sia monospazzole, sia spazzole abrasive. In questo genere di pulizia spesso si rimuovono anche le parti incoerenti del supporto o le parti ossidate dei metalli.
  • Asportazione strato corticale: richiede un’approfondita lavorazione sul supporto, dove viene richiesto non di lavare ma di asportare uno strato con uno spessore dichiarato del supporto. Normalmente lo si usa per la rimozione di vecchi trattamenti che non sono diluibili con acqua e/o altri solventi. Si usano le bocciardatrici, mole di vario genere, spazzole abrasive in acciaio di spessori diversi.

Dopo aver letto queste definizioni vi chiederei se adesso avete capito come operare secondo le indicazioni dei produttori come quelle riportate sopra. La risposta, immagino, è che se prima c’era confusione adesso è aumentata.

I detergenti

Parliamo allora di detergenti, chiedo scusa se useremo dei termini impropri ma lo scopo è quello di spiegare come eseguire una pulizia e non fare una lezione di chimica.

I detergenti sono dei prodotti chimici che hanno lo scopo di rimuovere chimicamente le sostanze ancorate chimicamente o meccanicamente su un supporto. Senza entrare nella loro composizione, li divideremo arbitrariamente in due categorie: acidi e basi, in base al loro pH.

Gli acidi servono principalmente a rimuovere elementi minerali come il cemento, la calce e tutti i prodotti da essi derivati; le basi, invece, si usano come sgrassanti e secondo la loro formulazione sono più adatte ai grassi minerali (olio motore) o quelli alimentari (olio, strutto, burro, etc.). A differenziarsi da questi ci sono i solventi e i prodotti alcolici che però hanno degli utilizzi specifici ben dichiarati.

La prima cosa che dobbiamo individuare è la concentrazione del nostro prodotto detergente. Per sua natura è sempre diluito con l’acqua (salvo i solventi ed i prodotti alcolici) ed è proprio la sua quantità che ne determina l’efficacia, la modalità d’uso ed il costo del prodotto.

La seconda è leggere attentamente sia la scheda tecnica, sia quella di sicurezza. I detergenti, specie quelli più aggressivi, sono sempre pericolosi ed è necessario proteggersi adeguatamente prima di utilizzarli, come vanno protette le superfici da non trattare.

Nella scheda tecnica, inoltre, scopriamo esattamente come usarlo, come diluirlo per l’uso, a che temperatura deve essere l’acqua di diluizione, quali temperature d’esercizio sono necessarie per il loro funzionamento corretto.

Le attrezzature

I problemi veri e propri iniziano quando dobbiamo decidere che tipo di lavaggio fare perché si sciolgano i grassi (ricordiamo che l’inquinamento porta a depositarsi grassi sulle superfici) e si possano anche pulire i residui cementizi. Per ovvi motivi non faremo due lavaggi distinti con due detergenti diversi, e scordatevi di pensare che esistano prodotti che possano funzionare perfettamente in ambo le situazioni. Semplicemente adotteremo delle attrezzature che ci permetteranno di sciogliere la parte grassa ed abradere quella minerale. Per farlo ci sono diverse tecniche e attrezzature. Vediamo le principali.

La più semplice e sempre praticissima è la spugna abrasiva.

Oggi la troviamo con un supporto plastico con il quale si può scegliere l’abrasivo che più si adatta alle nostre esigenze da applicare. Si trovano nei magazzini edili o nelle ferramenta, sono molto pratiche per esercitare forti pressioni puntuali. Forti perché il braccio di un operatore edile riesce a scaricare a terra svariati KN, cosa che nessuna macchina potrà fare su un punto specifico.

Bella, facile ma da usarsi per piccolissime superfici o per punti delicati come gli angoli dei pavimenti.

Non provate ad usarla per fare più di un metro quadrato, il lavoro verrebbe fatto male, approssimativo e vi stanchereste oltre modo.

Per le operazioni di piccola media dimensione esiste la monospazzola, con la quale si può usare la stessa tipologia di abrasivo che useremmo con il supporto plastico. Di particolare utilità, per determinati tipi di pavimentazione, vi è la possibilità di usare una spazzola che può essere sintetica, naturale o metallica.

Con alcuni modelli esistono accessori che sono formati da spazzole in cui filamenti sono dei tondini del 6. (l’ho usata, vi posso garantire che è pesante e la schiena ne subisce gli effetti negativi se non si sa usare).

Se le superfici sono enormi, immaginatevi i capannoni da trattare con resine, è il caso di adoperare delle vere e proprie vetture. Si tratta di lavasciuga o lava-asciuga.

Sono macchine che combinano l’abrasione con l’aspirazione lasciando il pavimento perfettamente asciutto, pronto per i trattamenti (beh, quasi perfettamente asciutto, un po’ bisogna aspettare).

Se escludiamo l’uso di questa macchina, dobbiamo sempre ricorrere ad un altro strumento: l’aspiraliquidi. Si tratta di un aspiratore capace di inglobare liquidi.

In base alla soluzione detergente usata, dovete avere l’accortezza di avere un aspiraliquidi che sia in grado di sopportarla. Ad esempio non ne useremo mai uno metallico se operiamo con acidi molto forti, mentre va benissimo nel caso della soda caustica.

Vediamo quali sono le corrette procedure per eseguire le due tipologie più comuni di pulizia, a mano e con monospazzola: queste coprono circa il 70/80% delle casistiche che vi troverete ad affrontare.

Lavaggio a mano

Come detto viene fatto per piccolissime aree: si può trattare di angoli di pavimenti o cimose di teli sintetici da pulire prima della saldatura. Per eseguirla correttamente è necessario avere un secchio con la soluzione detergente, già preparata perfettamente, ed un secchio con acqua pulita per il lavaggio della spugna/spazzola, tra uno strofinamento e l’altro.

Il pericolo maggiore che si corre con questo metodo di lavaggio è quello di spostare lo sporco da un punto ad un altro o di non eseguire un risciacquo accurato lasciando una patina continua di sporco o di detergente. Ciò potrebbe portare a distacchi del manto in un immediato futuro.

Lavaggio a macchina

Se usiamo un macchinario, invece, il pericolo è quello di non riuscire ad approfondire il lavaggio.

Useremo quindi la tecnica dell’ammollo.

Esattamente come faceva la nonna con le lenzuola bianche, si mette il supporto a bagno. Si stende la soluzione di acqua e detergente e la si lascia agire. Prima che si asciughi, si passa la monospazzola diluendo leggermente la soluzione a terra con acqua. Successivamente, con buona lena ed organizzazione, la soluzione a terra, che a questo punto contiene anche lo sporco, deve essere aspirata velocemente.

Punti particolari

Come avete visto prima, le macchine possono essere usate con abrasivi, spazzole, fino a veri e propri ferri d’armatura, ma la scelta dipende da cosa vogliamo pulire e perché. Uno dei punti critici è, nelle pavimentazioni piastrellate, la fugatura sporca di grasso. In questo caso non possiamo lavorare manualmente perché non servirebbe a nulla abradere uno sporco penetrato all’interno dello stucco, non è superficiale. Allo stesso tempo non possiamo lasciarlo lì perché potrebbe staccare il nostro manto fatto con un impermeabilizzante liquido. Useremo una spazzola realizzata con ferri sottilissimi (filamenti) ed un detergente fortemente sgrassante. Con la monospazzola, il detergente ed il successivo aspiraliquidi saremo in grado di pulire anche queste zone in modo accurato.

Un altro punto particolare che non viene mai preso in considerazione è l’angolo che si forma tra i muri. Tutte le macchine hanno problemi ad arrivarci in quanto o utilizzano dei dischi, che notoriamente sono tondi, o diventa pericoloso arrivarci con acqua a pressione. Per pulirli si può ricorrere ad operazioni manuali, se sono pochi, altrimenti dovremo adottare delle apparecchiature puntuali che ci permettano di lavorare bene ed in sicurezza in queste zone di differenza geometrica.

La soda caustica

E’ una questione da non sottovalutare. La soda caustica è un potente sgrassante e depolimerizzante, tanto che si usa all’interno dei detergenti per i forni, è in grado di sciogliere il grasso bruciato uno dei più difficili da pulire. Però è pericolosissima, non possiamo sottovalutare il rischio per l’operatore e per tutto quello che toccherà durante le lavorazioni. Inoltre è molto difficile da sciacquare e, in fase di asciugatura, facilmente ne rimarrà aderente alle superfici dove si appoggia rischiando di creare danni anche in futuro sia alle cose sia alle persone (ricordiamo che è fortemente corrosiva per tutto ciò che è organico).

Se possibile è sempre meglio evitare prodotti quali la soda caustica, l’acido cloridrico e l’acido solforico.

Esistono dei preparati, che hanno le giuste caratteristiche, studiati per svolgere il lavoro che vi serve e, per rintracciarli, dovete uscire dal vostro settore ed entrare in quello delle pulizie. In questo mondo i rappresentanti sono anche i rivenditori (sono quasi tutti agenti con deposito) e possono dare le giuste risposte alle vostre esigenze.

Il risciacquo

Che voi usiate un detergente o un altro cambia poco, è necessario che venga perfettamente risciacquata la superficie da trattare. Per farlo si deve operare con la stessa strumentazione che si è usata per il lavaggio ma cambiando la parte abrasiva (se era presente), utilizzandone una nuova o perfettamente pulita. Il risultato da ottenere è la totale eliminazione di ogni traccia di sporco e di detergente.

Se si usa acqua ad alta pressione è piuttosto facile, si fa una seconda passata senza l’aggiunta di detergente nell’idropulitrice e si ottiene il risciacquo (attenzione che il getto di acqua non generi ristagni o controflussi); se si usano le monospazzole, invece, è necessario ripassare con la stessa ma cambiando il disco abrasivo ed utilizzandone uno nuovo; stessa cosa se si fa a mano.

Dal momento che il risultato si ottiene con abbondante spargimento di acqua, si consiglia di operare sempre in due: uno che distribuisce acqua pulita (il più puro possibile) e l’altro che, con stivali in gomma, ripassa completamente tutte le superfici. Questa tecnica si usa anche con le lavasciuga, perché l’aspirazione potrebbe non aver asportato tutto il residuo di detergente.

Per il risciacquo a mano, consiglio di utilizzare acqua distillata o demineralizzata. Questa ci velocizzerà le operazioni di sciacquatura e ci darà la certezza della pulizia desiderata. Prima che diciate che lanciamo proposte impossibili da utilizzare, vi ricordiamo che potete raccogliere la condensa dei condizionatori ed avrete un’acqua molto pura e gratuita.

Se le procedure così descritte vi sembrano eccessive, ricordate che chi fa pulizie professionali le usa quotidianamente, soprattutto se devono fare trattamenti ai pavimenti (cere, resine epossidiche, PMMA, poliuretaniche, etc.).

Si tratta solo di entrare in un’ottica diversa ma non lontana dal lavoro che ognuno fa: accuratezza e cura dei dettagli in ogni operazione.

Speriamo di avervi chiarito qualche idea e di avervi fatto capire che la pulizia del supporto non può essere considerata una mera operazione opzionale ma è qualche cosa di estremamente importante.

Categorie
Blog Impermeabilizzazioni

Primer o non primer, questo è il problema

In un video pubblicato qualche giorno fa, decisi di parlare della preparazione dei supporti, di come dovrebbero essere fatti e di come andrebbero pretesi. Quello che ha colpito tutti coloro che l’hanno visto, invece, è il fatto che l’operatore applicava una guaina bituminosa senza primer.

SCANDALOOOOOOOOO

Riprendiamo, allora, il discorso dei primer non solo nei sistemi bituminosi ma in tutti i sistemi monolitici.

Innanzitutto la parola monolitico. Questi sistemi NECESSITANO DELL’USO DEL PRIMER senza se e senza ma!

Appunto, nei sistemi monolitici. E negli altri? No, non serve, anzi è deleterio.

Ma allora perchè nel filmato si sta posando una guaina senza primer e il video viene preso ad esempio di una perfetta preparazione del fondo. Per alcuni motivi: il primo è che la posa del sistema impermeabile che si vede è una barriera al vapore e che, quindi, ha una sua stratigrafia superiore che con il suo peso manterrà l’intero sistema ben ancorato a terra; secondo motivo è che chi ha progettato quel sistema crede nella posa in semi-indipendenza (Geom. Piccinini) ed è stato posato da operatori che vivono la guaina come una religione.

Il punto è questo: se il supporto viene preparato in modo da accogliere perfettamente una membrana bituminosa, piuttosto che un sistema poliuretanico e le regole di asciugatura, temperatura dell’aria, umidità dell’aria, temperatura della superficie etc. vengono rispettate, allora il primer non serve! (affermazione corraggiosa). Anzi no… manca un elemento: la posa! Esatto, il posatore deve essere perfetto! Non può mancare in nulla!

Se avete tutti questi parametri, potete non usare il primer per posare i sistemi impermeabilizzanti.

Dovete anche avere una buona quantità di pelo sullo stomaco, perchè ogni azienda produttrice di impermeabilizzanti richiede che venga usato lo specifico primer; in alcuni casi, vedi le resine, ci sono addirittura primer per specifici utilizzi. Se non lo si fa ci si prende la responsabilità della scelta, nel bene e nel male.

Se parliamo di resine poliuretaniche, ad esempio, è necessario che vengano usati i primer per i più disparati motivi, tra cui i principali sono: incompatibilità con il supporto (resine/guaina bituminosa), umidità residua nel supporto (formazione di bolle nel manto finito), polverosità del supporto. Nel caso di un’impermeabilizzazione bituminosa, invece, è necessario per un motivo molto più importante e, troppo spesso, neanche preso in considerazione: il sistema di tenuta della membrana.

Come ben sapete una guaina bituminosa viene posata facendo fondere (nei sistemi a fiamma) una parte della membrana con un cannello a gas in modo che possa penetrare nelle porosità del supporto ed agganciarsi in modo saldo ad esso. Ma cosa succede se il supporto è ad una temperatura che preveda che la mescola sia solida e non fluida? (ossia sempre!!!) molto semplice, la parte della membrana fluida, a contatto con la superficie più fredda, si solidifica all’istante evitando di penetrare nel supporto. In questo caso si parla di “incollaggio della membrana”. Sistema decisamente più debole di quanto ci si aspetti da uno strato impermeabile monolitico.

Se usiamo il primer andiamo a saturare le porosità del supporto con uno strato minimo di bitume che penetra grazie al solvente che lo mantiene liquido; successivamente andremo ad agganciare la membrana, non più al supporto, alla superficie primerizzata mediante la posa a caldo. Facendo così “vulcanizziamo” la membrana alla superficie bituminosa data dal primer! Ecco che avremo una tenuta decisamente più forte.

Perchè, allora, i produttori non ci spiegano queste cose? Beh, perchè a noi non interessa, in quanto loro lo fanno!; se l’ho imparato io vuol dire che qualcuno me l’ha insegnato.

Quindi dobbiamo fare tutti un’azione di modestia pura: fare un passo indietro e cercare di ascoltare chi è preparato per spiegarci come si eseguono le impermeabilizzazioni, sia esso un tecnico specializzato o il responsabile di un produttore. Non tiriamoci mai indietro e facciamo domande, non accontentiamoci di sentirci dire “si deve fare così” ma chiediamo spiegazioni in modo da comprendere appieno il motivo per cui operiamo, posiamo, progettiamo un sistema impermeabile.

Poi, se volete, cominceremo a discutere se sia meglio la monoliticità o la semi-indipendenza; avremo però ben presente quali siano le regole del gioco, i pregi ed i difetti di ogni tipo di sistema; anzi di questo dicuteremo nel prossimo articolo! Quindi affilate le armi e preparatevi a discutere, anche animatamente, sempre con lo scopo di far crescere tutto il settore!

Articoli relativi lo stesso argomento:

Keep calm e metti il primer

 

Categorie
Blog Impermeabilizzazioni

Keep calm e metti il primer


Strano a dirsi ma devo ringraziare Google e la sua scansione degli antichi testi. Ho trovato, su un testo napoletano del 1700 una cosa interessante: “A quelli non si dà colla; ma l’imprimitura di colore ad olio, e secca poi si dipenge, come dice il Vasari”.

E’ meglio fare un passo indietro. Dopo aver letto tante discussioni, fatte tante discussioni, visionato fotografie di errori di posa, di danni causati da calamità, di problemi di perdite sul tetto devo dire che mi sono demoralizzato continuando a predicare l’utilizzo del Primer. A questo punto volevo capire da dove nascesse il primer, cosa fosse e da dove venisse nella storia. Cosa trovo: solo riferimenti alla pittura, scopro che i pittori rinascimentali avevano fatto dell’imprimitura una vera e propria scienza, con tanto di ricette segrete che si tramandavano di maestro in allievo prediletto, con scontri tra artisti e via dicendo! Insomma scopro che il primer si usa da secoli, se non millenni, scopro che gli antichi egizi avevano l’abitudine di dipingere su un supporto fatto con un intonaco di calce che permettesse di limitare la porosità di certe pietro o darne ad altre per permettere agli affreschi di rimanere a lungo sui muri.

Insomma scopro che il primer è sempre stato utilizzato nella storia fin quando il risultato contava decisamente più del compenso. Dal boom economico e dalle grandi speculazioni edilizie del dopo guerra il primer diventa uno sconosciuto. Eppure si trovano manuali dove se ne parla… ma in fondo il “grande padre cemento” non aveva bisogno di magie per durare a lungo, era l’avvento della modernità e della tecnologia!

Proprio per questo ho citato la frase che ho trovato su questo libro: i grandi artisti del passato usavano il primer, i pittori moderni usano il primer, gli artisti in genere sanno che la preparazione del supporto è fondamentale per la riuscita del loro capolavoro. Ma perchè i nostri bravi artigiani non considerano il primer fondamentale per la riuscita del loro capolavoro? Forse perchè non lo considerano un capolavoro! Forse perchè nell’economia del lavoro non è importante quanto questo duri nel tempo, ma è più importante fare economie di cantiere per rientrare nei costi preventivati… ma soprattutto evitare quelli non preventivati.

Non so proprio a chi rivolgermi questa volta, se prima agli applicatori specializzati o ai loro clienti, perchè entrambi sono colpevoli della scarsa durata del lavoro e della mancanza di utilizzo delle giuste procedure. Anticamente, quando un cliente chiamava un capomastro o un architetto per realizzare una costruzione, questi cercava di mettere in chiaro che la costruzione doveva durare nel tempo ed essere funzionale per tutta la sua vita. Il capomastro o l’architetto (non me ne vogliano i laureati… parlo di un’epoca in cui la laurea in architettura avveniva in cantiere e non sui banchi universitari) mettevano insieme i migliori materiali e la migliore manovalanza specializzata per realizzare l’opera. Finita si potevano vantare di ciò che avevano realizzato sia il costruttore sia il cliente che avrebbe usato l’opera.

Oggi il lavoro di progettazione viene bellamente sottoutilizzato come se non servisse avere una idonea preparazione tecnica del lavoro che deve essere fatto… insomma il primer non si usa. Uscendo dalla sua definizione letterale possiamo dire che non può esistere un’opera edile , di qualsiasi tipo, senza un’idonea imprimitura!

Tornando alla lettera cerchiamo di capire perchè un primer è così importante per ottenere un risultato. Intanto cosa fa il primer: il primer permette di massimizzare l’adesione dei materiali che vogliamo utilizzare al supporto dove li vogliamo utilizzare; il primer permette che le condizioni del supporto non creino problemi a ciò che vogliamo utilizzare (pensate ad un passaggio di vapore acqueo o di umidità dal basso all’alto). Insomma il primer è quel materiale che garantisce ad un altro di rimanere aggrappato al supporto durante la sua vita utile. Ovviamente non esiste un solo primer, ma ne troviamo uno specifico per ogni tipo di utilizzo: abbiamo il buon vecchio primer bituminoso, abbiamo il primer epossidico per fondi umidi, abbiamo il primer epossi-poliuretanico per strutture sgretolanti, abbiamo il primer acrilico per migliorare la penetrazione, abbiamo il turapori; abbiamo una marea di materiali che possono essere utilizzati. Il punto è che DEVONO essere utilizzati, altrimenti il risultato non può essere garantito.

Torniamo al nostro artigiano che deve posare un sistema specifico e non utilizza il primer. Perchè lo fa? Cosa gli dice la testa? Non capisce che sta danneggiando il cliente e sé stesso? La risposta a queste domande è ovvia e risaputa: l’artigiano non è uno sciocco e sa che rischia. Il punto è che l’artigiano consapevole delle giuste procedure non viene riconosciuto dal cliente come tale e non vi è un mezzo per riconoscerlo perchè non ha un patentito con scritto “IO USO IL PRIMER E SO FARE I LAVORI”. Bisogna, a questo punto, pretendere che i dettagli del lavoro vengano scritti sul preventivo, bisogna farsi affiancare da un buon consulente che possa consigliarvi sulle giuste procedure ed avere un progettista che sia in grado di seguire i lavori e controllare che le opere vengano compiute con i sacri crismi dettati dai produttori dei materiali.

Un consiglio su tutti: quando chiedete di utilizzare il primer e l’artigiano vi dice che “il primer serve solo a truffare la gente”, cacciatelo a calci nel sedere e intimategli di cambiare mestiere.