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Primer o non primer, questo è il problema

In un video pubblicato qualche giorno fa, decisi di parlare della preparazione dei supporti, di come dovrebbero essere fatti e di come andrebbero pretesi. Quello che ha colpito tutti coloro che l’hanno visto, invece, è il fatto che l’operatore applicava una guaina bituminosa senza primer.

SCANDALOOOOOOOOO

Riprendiamo, allora, il discorso dei primer non solo nei sistemi bituminosi ma in tutti i sistemi monolitici.

Innanzitutto la parola monolitico. Questi sistemi NECESSITANO DELL’USO DEL PRIMER senza se e senza ma!

Appunto, nei sistemi monolitici. E negli altri? No, non serve, anzi è deleterio.

Ma allora perchè nel filmato si sta posando una guaina senza primer e il video viene preso ad esempio di una perfetta preparazione del fondo. Per alcuni motivi: il primo è che la posa del sistema impermeabile che si vede è una barriera al vapore e che, quindi, ha una sua stratigrafia superiore che con il suo peso manterrà l’intero sistema ben ancorato a terra; secondo motivo è che chi ha progettato quel sistema crede nella posa in semi-indipendenza (Geom. Piccinini) ed è stato posato da operatori che vivono la guaina come una religione.

Il punto è questo: se il supporto viene preparato in modo da accogliere perfettamente una membrana bituminosa, piuttosto che un sistema poliuretanico e le regole di asciugatura, temperatura dell’aria, umidità dell’aria, temperatura della superficie etc. vengono rispettate, allora il primer non serve! (affermazione corraggiosa). Anzi no… manca un elemento: la posa! Esatto, il posatore deve essere perfetto! Non può mancare in nulla!

Se avete tutti questi parametri, potete non usare il primer per posare i sistemi impermeabilizzanti.

Dovete anche avere una buona quantità di pelo sullo stomaco, perchè ogni azienda produttrice di impermeabilizzanti richiede che venga usato lo specifico primer; in alcuni casi, vedi le resine, ci sono addirittura primer per specifici utilizzi. Se non lo si fa ci si prende la responsabilità della scelta, nel bene e nel male.

Se parliamo di resine poliuretaniche, ad esempio, è necessario che vengano usati i primer per i più disparati motivi, tra cui i principali sono: incompatibilità con il supporto (resine/guaina bituminosa), umidità residua nel supporto (formazione di bolle nel manto finito), polverosità del supporto. Nel caso di un’impermeabilizzazione bituminosa, invece, è necessario per un motivo molto più importante e, troppo spesso, neanche preso in considerazione: il sistema di tenuta della membrana.

Come ben sapete una guaina bituminosa viene posata facendo fondere (nei sistemi a fiamma) una parte della membrana con un cannello a gas in modo che possa penetrare nelle porosità del supporto ed agganciarsi in modo saldo ad esso. Ma cosa succede se il supporto è ad una temperatura che preveda che la mescola sia solida e non fluida? (ossia sempre!!!) molto semplice, la parte della membrana fluida, a contatto con la superficie più fredda, si solidifica all’istante evitando di penetrare nel supporto. In questo caso si parla di “incollaggio della membrana”. Sistema decisamente più debole di quanto ci si aspetti da uno strato impermeabile monolitico.

Se usiamo il primer andiamo a saturare le porosità del supporto con uno strato minimo di bitume che penetra grazie al solvente che lo mantiene liquido; successivamente andremo ad agganciare la membrana, non più al supporto, alla superficie primerizzata mediante la posa a caldo. Facendo così “vulcanizziamo” la membrana alla superficie bituminosa data dal primer! Ecco che avremo una tenuta decisamente più forte.

Perchè, allora, i produttori non ci spiegano queste cose? Beh, perchè a noi non interessa, in quanto loro lo fanno!; se l’ho imparato io vuol dire che qualcuno me l’ha insegnato.

Quindi dobbiamo fare tutti un’azione di modestia pura: fare un passo indietro e cercare di ascoltare chi è preparato per spiegarci come si eseguono le impermeabilizzazioni, sia esso un tecnico specializzato o il responsabile di un produttore. Non tiriamoci mai indietro e facciamo domande, non accontentiamoci di sentirci dire “si deve fare così” ma chiediamo spiegazioni in modo da comprendere appieno il motivo per cui operiamo, posiamo, progettiamo un sistema impermeabile.

Poi, se volete, cominceremo a discutere se sia meglio la monoliticità o la semi-indipendenza; avremo però ben presente quali siano le regole del gioco, i pregi ed i difetti di ogni tipo di sistema; anzi di questo dicuteremo nel prossimo articolo! Quindi affilate le armi e preparatevi a discutere, anche animatamente, sempre con lo scopo di far crescere tutto il settore!

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Keep calm e metti il primer

 

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Impermeabilizzazioni: la scelta


Le impermeabilizzazioni, come tutto in questo mondo, stanno cambiando, si stanno modificando e stanno evolvendo perchè è il mondo intorno a noi che cambia. Cambia? Permettetemi di essere polemico per l’ennesima volta. Cambia? Peggiora! Da cosa traggo questa mia conclusione? Dalla vita quotidiana di tecnico che viaggia per i cantieri e vola sui tetti che perdono.
La situazione è grave! Ci sono chilometri quadrati di coperture impermeabilizzate che perdono. A cosa sono dovuti questi problemi: secondo le statistiche dei produttori di impermeabilizzati esclusivamente dalla cattiva posa ed alle costruzioni fatte male; secondo le statistiche degli impermeabilizzatori esclusivamente alla carenza di qualità dei materiali e alle costruzioni fatte male; secondo le statistiche dei costruttori dalla carenza di qualità dei materiali e dalla cattiva posa.

Sbaglio o vedo una leggera ridondanza in queste SCUSE? Esatto si tratta di scuse in quanto tutte le ragioni sono vere ed è altrettanto vero che sono tutte false.

Analizziamo le condizioni in cui si trova un progettista che deve scegliere il miglior sistema per impermeabilizzare una copertura (ovvio che anche i progettisti hanno le loro colpe, non sono immuni, ma in questo caso mi vengono buoni per fare l’esempio): diciamo che le condizioni non permettono di utilizzare il buon vecchio manto di guaina bituminosa per svariati motivi, ad esempio molte difformità geometriche e spazi ristretti. Ovviamente il buon progettista fa una lista delle aziende che ritiene di valore e le contatta per risolvere il problema: la prima dice che con una splendida resina poliuretanica alifatica monocomponente risolve il suo problema e che un’armatura in MAT di vetro restituisce anche caratteristiche meccaniche invidiabili, ma costa tanto; il secondo concorda con il primo ma perchè buttare soldi in un’armatura che può essere sostituita da un tnt il poliestere che più o meno ha le stesse caratteristiche? In fondo la stabilità dimensionale gli interessa poco; il terzo ritiene che una resina poliuretanica alifatica non sia necessaria e va benissimo quella aromatica, magari color panna con una rete in fibra di vetro.

Visto che il nostro progettista è uno caparbio vuole capire il perchè di tali risposte che non sono assolutamente risolutive per il suo progetto ma gli hanno aumentato il mal di testa e scopre che la prima azienda vende solo ed esclusivamente quel prodotto, che la seconda non ha il MAT di vetro e la terza non sa cosa voglia dire alifatico. Non avendo risposte dai produttori (o commercializzatori che si spacciano per produttori) decide di contattare le imprese che aspettano il suo dettaglio per poter preventivare le spese e anche qui le cose si fanno difficili: la prima (sono sempre tre…) dice che con una guaina bituminosa biarmata riesce a fare tutto senza problemi, il secondo dice che con un bel telo in EPDM non avrà mai più problemi ed il terzo dice che con i prodotti della tal azienda può dormire tra 4 guanciali. Ovviamente il progettista è sempre più in confusione, allora decide di chiamare gli applicatori che gli sono stati consigliati.

Il primo (indovinate quanti sono questa volta) gli spiega che tutte le soluzioni potrebbero essere valide che tutto dipende non dal materiale ma da chi lo posa che l’esperienza sessantennale sulle guaine bituminose (uno mi disse che le monta da sessant’anni … giuro) è importantissima e che le giuste attrezzature sono la panacea; il secondo spiega che la miscelazione delle resine è importante, che la scelta del rullo per posarla è fondamentale e che il primer (evviva uno lo richiama!!!!!!) è strategico; il terzo è molto meno tecnico ma più incisivo: “con la carta catramata di impermeabilizzo quello che vuoi!”.

Ora ditemi voi come fa quel povero progettista a capire e prendersi le responsabilità su un lavoro dove su nove professionisti interpellati nessuno è stato in grado di dargli una risposta priva di dubbi. Ha due strade: chiamare i produttori e dire che mette in capitolato quello che offre di più in moneta sonante, le imprese che fa lo stesso e gli applicatori… che si arrangino; oppure … eh già, oppure? Come si può scegliere il miglior sistema impermeabilizzante? Risposta semplicissima: bisogna studiare, avere occhio critico e seguire i cantieri. Ovviamente un progettista non è in grado di fare ciò e, forse è meglio che si rivolga ad un consulente che sia in grado di dargli le risposte su qualsiasi tecnologia possa essere presente sul mercato.

Ci sono queste figure, le trovi tra i progettisti, tra gli impermeabilizzatori, tra i produttori e tra i rappresentanti, non è facile inquadrarli ma ci sono; il problema principale è che spesso si chiede a questi personaggi, un po’ loschi e sui generis, di fare il lavoro gratis… in fondo se danno la risposta giusta poi fanno il lavoro o vendono il materiale.

Beh io dico che non è giusto! La cultura che un professionista nel campo delle impermeabilizzazioni si è fatto è dovuta a giorni, spesso notti, di studio, di ricerca, di pratica, di esperienza fatta a vangate in faccia, etc. LA CONSULENZA DEVE ESSERE PAGATA. Come fare, allora a certificare la propria competenza? Come si può dimostrare che si sa quello che si dice? Effettivamente non vi è una forma comune a tutti che possa essere un patentino o altro, ma si può vedere in ciò che ha fatto, nei problemi che effettivamente ha risolto, nella capacità di uscire dagli schemi e di adattarsi alla situazione, da ciò che dimostra sapere (magari con quello che scrive … scusate ma un po’ di pubblicità personale me la faccio).

Da quando per scherzo ho cominciato a scrivere di impermeabilizzazioni (per me era solo un esercizio intellettuale per capire se sapevo le cose o no e come presentare i prodotti ai clienti) ho visto nascere una comunità molto eterogenea che, però, vive costantemente il problema di come dimostrare la propria competenza rispetto al primo che si presenta con un cannello arrugginito sul cantiere. Non ho la risposta a questo, altrimenti sarei il rappresentante più ricco del settore, ma penso che continuare a creare differenza alla fine faccia il nostro gioco. Più si cresce, più ci si differenzia più si riesce a combattere il pressapochismo e non bisogno aver paura di pubblicizzare anche i propri insuccessi, perchè anche questi, e maggiormente da questi, cresce l’esperienza personale. Inoltre essere in una comunità di informazione crea un corredo esperienziale invidiabile e utilizzabile ovunque.

Quindi vi invito a cercare un sistema per aiutarCI a comunicare queste nostre caratteristiche per migliorare sempre più il livello del settore e ghettizzare gli incompetenti ai margini del lavoro di qualità.