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La guaina bituminosa, questa bistrattata (e sconosciuta?)

La guaina bituminosa, questa bistrattata (e sconosciuta?)

 

Quante volte avete sentito dire: <<ma non si preoccupi, noi usiamo altre tecnologie, mica la carta catramata, quella è vecchia e non funziona>>.

Si sente sempre più spesso. E’ vero? Ci sono davvero sistemi miracolosi? Davvero non è possibile avere un tetto che non perde con la cara e vecchia guaina?

 

Per prima cosa spieghiamo una regola vitale: non esiste un materiale panacea che va bene ovunque. Ci sono solo situazioni che vanno studiate. La cosa migliore è trovare qualcuno che sia in grado di discernere tra un materiale e l’altro. Se avrete la pazienza di leggere vi spiegherò quali sono i piccoli segreti dei materiali che comporranno il Sistema Impermeabile della vostra copertura, qualunque essa sia.

 

E’ vero che la guaina non funziona?

 

La risposta è NO! La guaina bituminosa funziona benissimo! Prima che vi dicano che non ci sono prove di quanto duri questo sistema di creare impermeabilizzazioni o che la guaina bituminosa faccia marcire il legno, sappiate che i testi più antichi spiegano come usare la pece di bitume per impermeabilizzare navi e tetti; tra questi vi è la Bibbia. Penso che una referenza migliore non possa esistere! Se poi siete tra coloro che non la considerano un libro degno di nota, ci sono le tavolette di argilla babilonesi che spiegano come realizzare i giardini pensili dell’antica Babilonia.

Insomma, il bitume è il più antico materiale usato per impermeabilizzare le strutture. Perché?

 

Perché il bitume funziona bene?

 

Il bitume è un materiale che ha vari punti a suo favore: innanzitutto è il rifiuto della raffinazione del petrolio; è l’ultima frazione che si ottiene dopo aver tolto tutto quanto possiamo togliere dal petrolio per gli usi più interessanti. E’ un modo per riciclare un materiale che altrimenti verrebbe buttato in chissà quali modi.

Il bitume è un materiale che cambia il suo comportamento in base alle temperature: quando fa molto caldo ha un comportamento particolarmente plastico, quando fa molto freddo è particolarmente elastico. Quindi quando lo scaldiamo lo possiamo modellare come ci pare (ma serve il fuoco), facendo sì che mantenga la forma data, e quando si raffredda tende a tornare sempre alla forma che gli è stata data.

Attenzione, tende…… non è sempre così ma se ci ricordiamo di progettare molto bene sia i dettagli sia la posa di questo materiale, possiamo dire che problemi non ce ne saranno.

Grazie a questa sua caratteristica, il bitume è prefabbricabile nelle forme più incredibili e che possono esserci utili! La più comune è quella del rotolo che viene scaldato con il fuoco sul tetto. Questo rotolo non è fatto solo di bitume (è l’ingrediente principale) ma contiene additivi che rendono il bitume più o meno reattivo, più o meno plastico, etc.; soprattutto possiamo dargli un rinforzo con caratteristiche di resistenza meccanica incredibile: l’armatura!

 

Esistono i sistemi miracolosi?

 

“Allora se queste caratteristiche sono così interessanti, perché ci sono persone che dicono che non funzionano?”

Mi spiace dirlo ma il motivo è che devono vendere il loro sistema, quello per cui hanno investito migliaia di Euro, e questo non è di tipo bituminoso.

Purtroppo non venendo scelto il sistema impermeabile da un progettista specializzato, spesso ci dobbiamo fidare di qualcuno che ha interesse ad usare solo quello che è il prodotto o la tecnologia posseduta.

Ogni tecnologia ha un suo indirizzo di utilizzo specifico; possono sovrapporsi ma ognuno ha le sue indicazioni di posa che vanno seguite rigorosamente. Tra queste vi è l’umidità del supporto che quasi mai viene rilevata prima della posa.

Come abbiamo detto non esiste un sistema panacea ed altrettanto non esiste un’azienda che è in grado di usare tutte le tecnologie! NON ESISTE! Inutile che il personaggio che avete di fronte si spertichi in spiegazioni di corsi fatti, si seminari seguiti, di anni e anni di test… semplicemente non è vero!

Ci sono applicatori che governano più sistemi. Tutti? Nessuno! Semplicemente perché è impossibile!

Quello che possiamo trovare è qualcuno che ci spieghi perché usare una tecnologia piuttosto che un’altra e sia in grado di progettare un sistema impermeabile che possa garantire la sua funzionalità nel tempo.

 

Quindi possiamo creare un sistema a tenuta con la guaina bituminosa?

 

Certamente! Ricordo che il sistema bituminoso è il più antico che abbiamo a disposizione! Se ha funzionato per circa 5000 anni, non vedo perché non dovrebbe funzionare oggi!

Di cosa abbiamo bisogno perché funzioni?

Senza entrare nel dettaglio tecnico (che è noioso, lasciatelo a noi) possiamo dire che per usare la guaina dobbiamo avere alcuni requisiti: un supporto liscio, asciutto, pulito e solido; una pendenza minima dell’1% (sapete, sono le stesse caratteristiche richiesta da qualsiasi materiale per impermeabilizzazione); un progetto che spieghi come usare la guaina e la scelga (anche questo vale per gli altri materiali); un prodotto realizzato con molto bitume, una buona armatura e dei polimeri di ottima qualità (anche questo vale per gli altri materiali); un applicatore che sappia leggere un dettaglio e lo sappia realizzare (anche questo vale per gli altri materiali).

Tutto questo non è difficile da trovare, soprattutto se il committente pretenda che quanto scritto nel progetto venga realizzato pedissequamente.

 

Come possiamo conoscere il buon posatore o il buon tecnico?

 

Lo scrissi già in un altro articolo: con la domanda più fastidiosa del mondo, <<Perché?>>.

Chi vi propone una tecnologia, un sistema, un dettaglio applicativo, una metodologia di posa, deve sapervi anche spiegare perché e deve spiegarvi il perché di tutto quanto sostiene a favore della sua tecnologia contro le altre.

Se poi non vi fidate del vostro giudizio, perché in fondo voi fate un altro mestiere, potete affidarvi ad uno dei pochissimi studi tecnici che ha le impermeabilizzazioni nel DNA.

Come trovarli?

Semplicemente controllate chi ha la parola IMPERMEABILIZZAZIONE nell’oggetto sociale e avete fatto tombola!

L’iper specializzazione nel mondo dell’edilizia è e deve essere il futuro! La consulenza specializzata è fondamentale per non dover rifare i lavori tante volte con perdite di tempo, costi ignoti, spese legali, etc.

 

Basta fare i lavori per essere a posto?

 

E con questo vi devo dare una brutta notizia: non esiste alcuna struttura che dura in eterno. Cosa vuol dire? Semplicemente che se non poniamo una piccola attenzione periodica al nostro coperto impermeabilizzato, prima o poi questo si rovinerà e ricomincerà a perdere. Dobbiamo fare manutenzione.

Per sistemare le cose basta avere un piano di manutenzione. Non è necessario avere una cosa estremamente tecnica e puntualizzata (se poi lo volete noi siamo qui per questo), a volte basta semplicemente mantenere pulita la copertura!

La pioggia aiuta molto ma bisogna ricordarsi di pulire i fori degli scarichi almeno un paio di volte l’anno (se abitate in un bosco di conifere molto più spesso), bisognerebbe non lasciare residui sulla copertura quando vengono fatti lavori, basterebbe controllare se nei punti nevralgici si sono create delle criticità. Se trovate problemi, chiamate il vostro applicatore di fiducia e fategli sistemare il problema! Spenderete meno e avrete un sistema impermeabile longevo e funzionante e smetterete di avere problemi ogni 10 anni!

 

Come fare per avere un buon lavoro?

 

Per avere tutte le informazioni necessarie ad avere un buon lavoro sul vostro tetto, dovete rivolgervi a chi fa di mestiere le scelte tecniche. Sembrerà di parte ma non sono vostri interlocutori iniziali gli impermeabilizzatori o i venditori. I primi sono quelli che potrebbero realizzare il lavoro progettato ed i secondi sono coloro che collaborano con i progettisti specializzati per dagli gli strumenti per eseguire le scelte.

Il rispetto dei ruoli permetterà un buon lavoro al prezzo giusto, senza spendere inutilmente i vostri soldi.

Voi spendete il giusto una sola volta, chi realizza i lavori li esegue correttamente dedicandosi solo al suo lavoro (che è piuttosto difficile), i progettisti progettano e scelgono solo il meglio per il cliente, i produttori si dedicano a prodotti performanti e non a quelli economici. Tutti vincono, nessuno perde.

 

Allora perché facciamo il contrario?

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La manutenzione delle coperture

LA MANUTENZIONE DELLE COPERTURE IMPERMEABILI



Mi occupo di manutenzione ordinaria e straordinaria da quando ho memoria. Anche se non proprio come la intendete voi, da sempre faccio questo.

Mi ricordo quando mio papà mi veniva a prendere all’asilo per “andare a lavorare”. Ero il bambino più felice del mondo.

Cosa faceva mio papà? Il muratore? No! Il tecnico? No! Il carpentiere? No! Lui faceva pulizie! Ha fondato l’impresa di pulizie La Petroniana insieme a mia mamma (oggi Petroniana Facility Management).

Sapevate che le pulizie sono la forma più antica di manutenzione di un immobile? Pensateci, avete mai visto una casa sporca e fatto finta di niente? Avete mai visto un ufficio puzzolente e fatto finta di niente?

No! Nulla di tutto ciò! Siete tutti schifati, magari senza farlo vedere, dalle condizioni igieniche di una struttura perché è normale esserlo! Non tanto la polvere, quando lo sporco vero! Quello che si annida negli anfratti e ti entra nel naso con prepotenza.

Allo stesso tempo vi sentite rassicurati se sentite odore di disinfettante. Probabilmente vi darà fastidio ma sapete che quel posto è stato igienizzato e vi mettete a vostro agio anche se la sedia che vi propongono è realmente sporca.

Bene, perché questa sensazione non l’abbiamo mai quando vediamo un edificio? Perché non abbiamo la stessa sensazione di schifo se il tetto perde? Non ho una risposta chiara su questo punto, penso che sia perché riteniamo che le nostre case debbano essere eterne (ce l’hanno fatto credere per decenni) e che la manutenzione non serva. Eppure le pulite!

LA MANUTENZIONE CE L’HO NEL SANGUE

Oggi l’azienda di famiglia è passata in mano a mio fratello (che sta facendo un lavoro egregio) ma la manutenzione ce l’ho nel sangue! Nelle mie vene passano piani di attività periodiche e nelle arterie la progettazione di quello che ci sarà da fare.

Proprio grazie a mio papà, ma anche a mamma non dimentichiamola, ho imparato a gestire le periodicità delle attività da svolgere. È stato facile passare da una pulizia dei vetri trimestrale ad una pulizia dei canali di gronda semestrale. La differenza è decisamente minore di quello che sembra. Già, perché in fondo la pianificazione non ha un settore specifico ma è uno strumento in mano alle persone!

Allora usiamola! Cerchiamo di conoscere le strutture, cerchiamo di conoscere le problematiche, cerchiamo di conoscere i materiali che usiamo! Così avremo in mano il futuro SANO dei nostri edifici.

LO SCONTRO CON LA REALTA’

Questo mio modo di vedere si è scontrato spesso con la realtà.

Appena entrato nel mondo delle impermeabilizzazioni, non capivo assolutamente nulla.

Ero passato da miscelare prodotti a base di acido muriatico per pulire i pavimenti industriali a dover vendere dei rotoli di guaina bituminosa che non avevo mai visto prima.

Mi sono fatto aiutare, ho studiato tutto ciò che riuscivo a trovare, ho cominciato a scrivere io stesso, ho frequentato assiduamente i cantieri e le case degli applicatori e mi sono fatto spiegare come funzionavano le guaine, mi sono lanciato nelle nuove tecnologie che scoprivo: la bentonite, le resine, il butile, l’EPDM ed il TPO per planare bellamente sui cementizi.

Ho cominciato a capire che il settore di provenienza non l’avevo abbandonato per sempre ma mi dava un plus che gli altri non avevano. Io sapevo veramente cos’era la manutenzione ordinaria. Io la facevo!

Così, piano piano con l’aiuto di amici dentro la materia, ho fatto partire un meccanismo interno che mi ha fatto come la manutenzione ordinaria si potesse sviluppare nell’edilizia.

SCRIVERE UN LIBRO SULLA MANUTENZIONE

Ci ho messo un po’ di tempo, non lo nego, ma un anno fa ho chiamato Mauro Ferrarini (Maggioli Editore) dicendogli che avevo un’idea per un nuovo manuale della collana di Patologia Edilizia: la progettazione della manutenzione.

Nei primi istanti è rimasto interdetto; me lo vedo che lontano dalla cornetta strabuzza gli occhi chiedendosi di cosa stia parlando. Soprattutto quando gli dico che per me la manutenzione ordinaria è una cosa decisamente diversa da quella che è indicata nella normativa vigente. Mi avrà dato del pazzo… o peggio.

Mi dice: mandami una bozza di indice ed una spiegazione.

Scrivo, ci ho messo meno che scrivere questo articolo. L’argomento lo padroneggio nella mia mente bacata e avevo assolutamente bisogno di esprimermi! Non mi basta parlarne, volevo che tutti sapessero qual era la mia idea e come poterla seguire.

È piaciuta. Soprattutto perché si aspettavano che scrivessi quali materiali usare per fare le manutenzioni o che tipo di cannello è meglio per la guaina o pennello per la resina. Invece ho parlato di cos’è la manutenzione ordinaria. Ho spiegato che per creare un buon piano di manutenzione è necessario che si conosca a fondo la materia e che in edilizia non capiamo nulla di questo settore.

Non a caso mi sono rivolto al mio settore d’origine ed all’industria. Loro sì che ne capiscono e ne hanno fatta una scienza.

Scrivo, scrivo, scrivo ma la mente non è libera. Purtroppo mentre scrivevo il libro ed aprivo il mio studio tecnico, dovevo aiutare mio papà che si stava avviando lentamente verso il suo ultimo viaggio. Per fortuna lo finisco prima che questo avvenga. So che gli piaceva perché gli leggevo dei brani di quello che scrivevo e lui, con grande fatica, ricordava di quando era lui a creare i piani di manutenzione e seguiva le squadre che dovevano realizzarli.

I PRIMI CONSENSI IMPORTANTI

Proprio in itinere, sono stato invitato a tenere un intervento al primo convegno nazionale di Patologia Edilizia che si tenne a Maratea (città spettacolare!!!). In quella sede ho avuto l’onore di conoscere il professor Bassi, docente di Estimo al Politecnico di Milano.

Durante una pausa del convegno, gli chiesi cosa pensava del mio progetto e gli raccontai come avevo in mente di spiegare il problema della progettazione della manutenzione. Gli chiesi anche se mi avrebbe scritto la prefazione al libro.

Vi confesso che mi aspettavo un no sdegnato, un professore universitario che è abituato a parlare di questo argomento, troppo onore. Invece mi ha spiazzato (questo perché i preconcetti sono sempre sbagliati) regalandomi un SI entusiasta. Quello che ha scritto lo potete leggere nelle prime pagine del libro!

Io sono lusingato ed onorato di aver avuto la sua prefazione e lo ringrazio dal profondo del cuore.

Ora il libro è in vendita e sono sinceramente angosciato per come possa andare e come possa essere accolto.

LA DISAPPROVAZIONE

Gli scontri che ho dovuto affrontare, mentre scrivevo i miei pensieri sui social networks, hanno lasciato strascichi e sono sicuro che ci sono persone che non vedono l’ora di criticarlo pesantemente.

Bene, non mi sono tirato indietro allora e non lo farò adesso. So cosa ho scritto, so da dove viene e so che ci ho messo l’anima per cercare di scrivere nel modo più semplice possibile un’idea così complessa.

IL SISTEMA DI MANUTENZIONE

Processo per la progettazione della manutenzione delle coperture, un passaggio fondamentale per riuscire a creare un buon piano di manutenzione.

Ho provato non a dettare regole su come redigere il piano di manutenzione, ma creare un ambiente di lavoro, una sorta di Sistema Operativo dove i progettisti possono entrare e creare il progetto manutentivo a loro immagine, non a mia!

Non ho creato procedure standardizzate. Quelle sono fasi operative e non credo, sinceramente, che un geometra, un ingegnere o un architetto abbiano bisogno dell’abbecedario per progettare. Ho creato un luogo dove dare forma alle loro idee (che poi è quello che ho fatto per me) e dove possano analizzare i problemi che devono essere affrontati.

Certo, ci sono tabelle, certo ci sono schemi ma quello che mi preme di più è condensato nell’appendice finale dove c’è la proposta di una normativa legata alla Progettazione della manutenzione.

Mentre la scrivevo mi rendevo conto che non era legata alle sole coperture ma poteva valere per qualsiasi parte dell’involucro edilizio, tanto che, lo noterete sicuramente, ad un certo punto del libro ho smesso di parlare di coperture è ho cominciato a parlare di edificio!

Questo è il bello di un ambiente di lavoro. Ti crea le condizioni per lavorare a 360°, non per fare solo quel singolo e specifico lavoro!

Spero vivamente di aver dato un pezzettino di quell’entusiasmo che ho ereditato dai miei genitori per questo lavoro. Spero vivamente che si possa intavolare un dialogo costruttivo tra le parti coinvolte per cominciare a pensare di avere edifici sicuri e non tetti che bruciano per mancanza di manutenzione o per errata manutenzione.

Vi lascio augurandomi che questo mio solito sproloquio non vi abbia annoiati ma vi invogli a pensare che la parola MANUTENZIONE non è una minaccia ma un’opportunità e che farla bene non alza i cosi ma li abbatte notevolmente!

Un saluto ai miei soliti 15 lettori che stimo per la perseveranza e l’affetto che hanno nei miei confronti.