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La manutenzione delle coperture

LA MANUTENZIONE DELLE COPERTURE IMPERMEABILI



Mi occupo di manutenzione ordinaria e straordinaria da quando ho memoria. Anche se non proprio come la intendete voi, da sempre faccio questo.

Mi ricordo quando mio papà mi veniva a prendere all’asilo per “andare a lavorare”. Ero il bambino più felice del mondo.

Cosa faceva mio papà? Il muratore? No! Il tecnico? No! Il carpentiere? No! Lui faceva pulizie! Ha fondato l’impresa di pulizie La Petroniana insieme a mia mamma (oggi Petroniana Facility Management).

Sapevate che le pulizie sono la forma più antica di manutenzione di un immobile? Pensateci, avete mai visto una casa sporca e fatto finta di niente? Avete mai visto un ufficio puzzolente e fatto finta di niente?

No! Nulla di tutto ciò! Siete tutti schifati, magari senza farlo vedere, dalle condizioni igieniche di una struttura perché è normale esserlo! Non tanto la polvere, quando lo sporco vero! Quello che si annida negli anfratti e ti entra nel naso con prepotenza.

Allo stesso tempo vi sentite rassicurati se sentite odore di disinfettante. Probabilmente vi darà fastidio ma sapete che quel posto è stato igienizzato e vi mettete a vostro agio anche se la sedia che vi propongono è realmente sporca.

Bene, perché questa sensazione non l’abbiamo mai quando vediamo un edificio? Perché non abbiamo la stessa sensazione di schifo se il tetto perde? Non ho una risposta chiara su questo punto, penso che sia perché riteniamo che le nostre case debbano essere eterne (ce l’hanno fatto credere per decenni) e che la manutenzione non serva. Eppure le pulite!

LA MANUTENZIONE CE L’HO NEL SANGUE

Oggi l’azienda di famiglia è passata in mano a mio fratello (che sta facendo un lavoro egregio) ma la manutenzione ce l’ho nel sangue! Nelle mie vene passano piani di attività periodiche e nelle arterie la progettazione di quello che ci sarà da fare.

Proprio grazie a mio papà, ma anche a mamma non dimentichiamola, ho imparato a gestire le periodicità delle attività da svolgere. È stato facile passare da una pulizia dei vetri trimestrale ad una pulizia dei canali di gronda semestrale. La differenza è decisamente minore di quello che sembra. Già, perché in fondo la pianificazione non ha un settore specifico ma è uno strumento in mano alle persone!

Allora usiamola! Cerchiamo di conoscere le strutture, cerchiamo di conoscere le problematiche, cerchiamo di conoscere i materiali che usiamo! Così avremo in mano il futuro SANO dei nostri edifici.

LO SCONTRO CON LA REALTA’

Questo mio modo di vedere si è scontrato spesso con la realtà.

Appena entrato nel mondo delle impermeabilizzazioni, non capivo assolutamente nulla.

Ero passato da miscelare prodotti a base di acido muriatico per pulire i pavimenti industriali a dover vendere dei rotoli di guaina bituminosa che non avevo mai visto prima.

Mi sono fatto aiutare, ho studiato tutto ciò che riuscivo a trovare, ho cominciato a scrivere io stesso, ho frequentato assiduamente i cantieri e le case degli applicatori e mi sono fatto spiegare come funzionavano le guaine, mi sono lanciato nelle nuove tecnologie che scoprivo: la bentonite, le resine, il butile, l’EPDM ed il TPO per planare bellamente sui cementizi.

Ho cominciato a capire che il settore di provenienza non l’avevo abbandonato per sempre ma mi dava un plus che gli altri non avevano. Io sapevo veramente cos’era la manutenzione ordinaria. Io la facevo!

Così, piano piano con l’aiuto di amici dentro la materia, ho fatto partire un meccanismo interno che mi ha fatto come la manutenzione ordinaria si potesse sviluppare nell’edilizia.

SCRIVERE UN LIBRO SULLA MANUTENZIONE

Ci ho messo un po’ di tempo, non lo nego, ma un anno fa ho chiamato Mauro Ferrarini (Maggioli Editore) dicendogli che avevo un’idea per un nuovo manuale della collana di Patologia Edilizia: la progettazione della manutenzione.

Nei primi istanti è rimasto interdetto; me lo vedo che lontano dalla cornetta strabuzza gli occhi chiedendosi di cosa stia parlando. Soprattutto quando gli dico che per me la manutenzione ordinaria è una cosa decisamente diversa da quella che è indicata nella normativa vigente. Mi avrà dato del pazzo… o peggio.

Mi dice: mandami una bozza di indice ed una spiegazione.

Scrivo, ci ho messo meno che scrivere questo articolo. L’argomento lo padroneggio nella mia mente bacata e avevo assolutamente bisogno di esprimermi! Non mi basta parlarne, volevo che tutti sapessero qual era la mia idea e come poterla seguire.

È piaciuta. Soprattutto perché si aspettavano che scrivessi quali materiali usare per fare le manutenzioni o che tipo di cannello è meglio per la guaina o pennello per la resina. Invece ho parlato di cos’è la manutenzione ordinaria. Ho spiegato che per creare un buon piano di manutenzione è necessario che si conosca a fondo la materia e che in edilizia non capiamo nulla di questo settore.

Non a caso mi sono rivolto al mio settore d’origine ed all’industria. Loro sì che ne capiscono e ne hanno fatta una scienza.

Scrivo, scrivo, scrivo ma la mente non è libera. Purtroppo mentre scrivevo il libro ed aprivo il mio studio tecnico, dovevo aiutare mio papà che si stava avviando lentamente verso il suo ultimo viaggio. Per fortuna lo finisco prima che questo avvenga. So che gli piaceva perché gli leggevo dei brani di quello che scrivevo e lui, con grande fatica, ricordava di quando era lui a creare i piani di manutenzione e seguiva le squadre che dovevano realizzarli.

I PRIMI CONSENSI IMPORTANTI

Proprio in itinere, sono stato invitato a tenere un intervento al primo convegno nazionale di Patologia Edilizia che si tenne a Maratea (città spettacolare!!!). In quella sede ho avuto l’onore di conoscere il professor Bassi, docente di Estimo al Politecnico di Milano.

Durante una pausa del convegno, gli chiesi cosa pensava del mio progetto e gli raccontai come avevo in mente di spiegare il problema della progettazione della manutenzione. Gli chiesi anche se mi avrebbe scritto la prefazione al libro.

Vi confesso che mi aspettavo un no sdegnato, un professore universitario che è abituato a parlare di questo argomento, troppo onore. Invece mi ha spiazzato (questo perché i preconcetti sono sempre sbagliati) regalandomi un SI entusiasta. Quello che ha scritto lo potete leggere nelle prime pagine del libro!

Io sono lusingato ed onorato di aver avuto la sua prefazione e lo ringrazio dal profondo del cuore.

Ora il libro è in vendita e sono sinceramente angosciato per come possa andare e come possa essere accolto.

LA DISAPPROVAZIONE

Gli scontri che ho dovuto affrontare, mentre scrivevo i miei pensieri sui social networks, hanno lasciato strascichi e sono sicuro che ci sono persone che non vedono l’ora di criticarlo pesantemente.

Bene, non mi sono tirato indietro allora e non lo farò adesso. So cosa ho scritto, so da dove viene e so che ci ho messo l’anima per cercare di scrivere nel modo più semplice possibile un’idea così complessa.

IL SISTEMA DI MANUTENZIONE

Processo per la progettazione della manutenzione delle coperture, un passaggio fondamentale per riuscire a creare un buon piano di manutenzione.

Ho provato non a dettare regole su come redigere il piano di manutenzione, ma creare un ambiente di lavoro, una sorta di Sistema Operativo dove i progettisti possono entrare e creare il progetto manutentivo a loro immagine, non a mia!

Non ho creato procedure standardizzate. Quelle sono fasi operative e non credo, sinceramente, che un geometra, un ingegnere o un architetto abbiano bisogno dell’abbecedario per progettare. Ho creato un luogo dove dare forma alle loro idee (che poi è quello che ho fatto per me) e dove possano analizzare i problemi che devono essere affrontati.

Certo, ci sono tabelle, certo ci sono schemi ma quello che mi preme di più è condensato nell’appendice finale dove c’è la proposta di una normativa legata alla Progettazione della manutenzione.

Mentre la scrivevo mi rendevo conto che non era legata alle sole coperture ma poteva valere per qualsiasi parte dell’involucro edilizio, tanto che, lo noterete sicuramente, ad un certo punto del libro ho smesso di parlare di coperture è ho cominciato a parlare di edificio!

Questo è il bello di un ambiente di lavoro. Ti crea le condizioni per lavorare a 360°, non per fare solo quel singolo e specifico lavoro!

Spero vivamente di aver dato un pezzettino di quell’entusiasmo che ho ereditato dai miei genitori per questo lavoro. Spero vivamente che si possa intavolare un dialogo costruttivo tra le parti coinvolte per cominciare a pensare di avere edifici sicuri e non tetti che bruciano per mancanza di manutenzione o per errata manutenzione.

Vi lascio augurandomi che questo mio solito sproloquio non vi abbia annoiati ma vi invogli a pensare che la parola MANUTENZIONE non è una minaccia ma un’opportunità e che farla bene non alza i cosi ma li abbatte notevolmente!

Un saluto ai miei soliti 15 lettori che stimo per la perseveranza e l’affetto che hanno nei miei confronti.

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UNI 11540 – il Manuale d’Uso


Come detto nella parte generale il manuale d’uso (della copertura) non è altro che la raccolta di tutte le notizie, il più dettagliato possibile, sulla copertura e su chi ne è responsabile.

Partiamo dal presupposto che per rispettare questa norma è necessario che vi sia una perfetta armonizzazione delle esigenze tecniche con quelle manutentive e che deve essere progettata, la manutenzione, fin dalla sua origine. Insomma il nostro progettista dovrà farsi in quattro perchè non penserà più a breve termine (uso del fabbricato per i suoi scopi principali) ma a lunghissimo termine facendo sì che il fabbriacato, o la porzione di esso, sia MANUTENIBILE.

Cosa vuol dire MANUTENIBILE? È una parola che sembra strana e sicuramente ha un suono scorretto! Ovvio, non facendo mai manutenzione non sappiamo quali siano i caratteri principali di queste operazioni.

Innanzitutto perchè una copertura sia manutenibile è necessario che sia praticabile! Eh già! Se non ci si può andare sopra come è possibile lavorarci? Pertanto se una copertura presenta dei pericoli nascosti è bene che vengano segnalati! In passato mi trovai a consigliare, al progettista di un capannone, di utilizzare le vernici protettive come dei segnali stradali, dando indicazioni sulle zone pedonabili e quelle pericolose! In fondo basta utilizzare i colori a nostra disposizione. Ad esempio colorare di bianco tutte le zone su cui non vi è pericolo e di rosso quelle con pericolo di caduta o altro! A vederle dall’alto sicuramente potrebbe saltare fuori un bell’arlecchino, ma sicuramente l’utilizzo del codice colore del pericolo (ROSSO) è un metodo assolutemente comprensibile per segnalarne la presenza. Ovviamente mi fu detto che era inutile perchè dopo pochi anni la vernice sarebbe scomparsa e non si sarebbe più saputo quali parti erano pericolose (Evviva la lungimiranza dei progettisti… per fortuna non sono tutti così).

Altro problema che deve essere affrontato, prima di pensare ad intervenire per manutenzione, è l’accesso alla copertura: non è possibile usare come tecnici Superman o Tarzan o Spiderman! E’ necessario che vi sia un accesso sicuro alla copertura e che sia funzionale, non solo alle visite ispettive, ma anche al trasporto di piccole attrezzature! Insomma una scala in verticale appoggiata alla grondaia senza appigli e agganci per la cintura di sicurezza non va bene!
La cosa migliore è un accesso dall’interno, dove è possibile stoccare le attrezzature per lavorare in copertura. Se non è possibile sarà necessario creare una scala sicura con un sistema per il sollevamento delle attrezzature.

Questi argomenti sono di facilissima progettazione e realizzazione quando si parla di un edificio nuovo, tutt’altra cosa avviene negli edifici esistenti. Rimane che è fondamentale sapere come raggiungere la copertura e come muoversi ed è altrettanto importante avere dei sistemi il più a lungo longevi dove non siano permessi sotterfugi o mancanza di qualità.

Sapendo come muoverci e come raggiungere la copertura possiamo pensare a cosa inserire nel Manuale d’Uso e come utilizzarlo: innanzitutto avremo alcuni disegni che rappresentano le varie tipologie di coperture all’interno dell’involucro edile su cui stiamo lavorando. La rappresentazione grafica facilita il lavoro di chi deve compiere piani o eseguire manutenzioni, inoltre è facilmente leggibile da un professionista. Allo stesso tempo ci permette di capire i percorsi da seguire per raggiungere le varie coperture.

Tra i disegni vi sono anche i dettagli di copertura: sia il disegno della copertura con i sui particolari, sia i dettagli stratigrafici per ogni particolare e per la sua generalità.
Il primo punto è la destinazione d’uso della copertura. La norma in oggetto estende alcune delle solite destinazioni d’uso specificando il vero e proprio carico dell’uso. Ad esempio la copertura pedonabile è esplicitamente divisa in quattro sottogruppi: pedonabile per manutenzione della copertura, per manutenzione della copertura e delle attrezzature ivi poste, pedonabile privatamente, ad uso pubblico. E’ ovvio che ognuno dei punti elencati crea esigenze differenti che portano ad avere comportamenti differenti.

Il dettaglio degli elementi emergenti è altrettanto importante perchè ci permette di capire non solo l’evoluzione della copertura, ma anche se è stato eseguito un lavoro senza che ne venisse segnalata l’esecuzione: se troviamo un condizionatore, o un camino che non c’era possiamo tranquillamente far ricadere la responsabilità sul Responsabile della Manutenzione e sull’utente o il proprietario della copertura. Non solo, avendo a disposizione i dettagli di tutti i punti problematici possiamo eseguire una più efficace manutenzione ottimizzando i tempi della stessa.

Altri documenti che devono essere inseriti nel manuale sono quelli riguardanti la costruzione e le eventuali manutenzioni eseguite: tutti i materiali dovranno essere seguiti da una scheda tecnica che potrà essere utilizzata dal manutentore per capire quali e quanti interventi siano necessari, quali materiali siano compatibili. Ovviamente il manuale della manutenzione cercherà di diminuire al massimo la discrezionalità degli operatori manutentivi, ma non potendo prevedere ogni cosa è necessario che tutte le informazioni siano sempre disponibili a chi esegue i lavori o i controlli. Non dimentichiamo che sono anche importantissime le specifiche delle tecniche di posa utilizzate! Se abbiamo un manto in totale aderenza o un manto indipendente con fissaggio ad induzione, ci dovremo muovere e lavorare in modi specifici. La generalizzazione e l’approsimazione degli interventi è stata bandita da questa norma!

Fin qui possiamo vedere cose normali, a volte esagerate (a me lo dicono continuamente che lo sono…), ma sicuramente utilissime e facili da capire.

La norma, però, non si è voluta fermare! Con l’avanzare delle tecnologie, con le modificazioni climatiche, con le richieste di attrezzature particolari e con un urbanistica in continua evoluzione è necessario conoscere tanti altri dettagli che permettano di creare un sistema manutentivo efficiente e duraturo.

Tra le cose che si rende necessario indicare vi è la segnalazione di possibili aggressivi presenti nei materiali da costruzione che sono stati utilizzati sopra, sotto, attorno al nostro pacchetto impermeabile, ma soprattutto quelli che possono provenire dall’ambiente circostante. Uno di questi aggressivi è stato previsto da tempo dai Vigili del Fuoco nel caso di costruzione di impianti fotovoltaici: il fuoco. In questo caso vi è l’imposizione di utilizzare materiali ignifughi o che ritardino la propagazione del fuoco.
Questo esempio ci pone un pensiero molto importante. Più che in un piano di manutenzione è necessario che queste particolarità vengano valutate in fase progettuale. Se vi è un aggressivo chimico presente nell’aria dovremo valutarlo molto bene prima di eseguire l’impermeabilizzazione. Allo stesso tempo i produttori di materiali edili dovranno cominciare a rispondere alle domande degli esperti e dei progettisti circa la compatibilità chimica di alcuni additivi che vengono ulitizzati che, si sa, causano l’obsolescenza precoce dei manti impermeabili.
Quindi possiamo dire che questi dati devono essere valutati dal progettista o dagli esperti che fungono da consulenti, ma potrebbe esservi l’esigenza di segnalare in “corso di vita” la presenza di nuovi aggressivi in precedenza assenti.

Il manuale d’uso della copertura, quindi, altro non è che uno strumento di consultazione dove vi è tutto quanto si può ricercare sulla copertura, sulla sua storia e sul suo futuro. E’ importantissimo saperlo leggere ed è altrettanto importante saperlo aggiornare.

Si potrebbe pensare che per una copertura di piccole dimensioni sia un’esagerazione tutto questo, ma la filosofia della norma non ci vede manutentori per rispondere a garanzie e dopo 10 anni dimenticarcene, ma propone alla proprietà di dare vita utile e lunga alla propria copertura; prevede di anticiparne i costi e le caratteristiche in modo tale da poter programmare le eventuali spese e prevede che vi sia sempre un occhio esperto che la controlli.

Piuttosto vi è da chiedersi come facciamo a capire chi è esperto e chi no. Questo è un dilemma tutt’ora irrisolto! Diciamo che bisognerebbe cercare di approfondire le conoscenze di un manutentore, eventualmente affiancandolo ad un esperto di propria fiducia o di comprovata capacità.

Effettivamente possiamo vedere la figura dell’esperto divisa in due figure specifiche e non concorrenti: un controllore visuale ed un operatore manuale (non previsti dalla norma).

Il controllore visuale è colui che conosce tutto e tutti i dettagli della copertura, che è capace di vedere le singole criticità e che possa far intervenire l’operature manuale.

L’operatore manuale è un impermeabilizzatore professionista che è in grado di maneggiare tutti i materiali specifici e può, in collaborazione con il controllore visuale, studiare le migliori strategie per rendere la manutenzione della copertura il meno oneroso possibile a parità di garanzie.

Ah già, le garanzie! Non si parla di garanzie! Nella norma vi è un accenno solo ai documenti che il posatore o il produttore possono dare! La filosofia della norma non prevede che vi sia un termine alle garanzie! Prevede che la copertura abbia una durata e per tale lasso di tempo funzioni sempre al meglio! Per questo richiede la presenza di specialisti! Possiamo, a questo punto, parlare di cosa sia uno specialista. Anche qui non abbiamo attestati, non abbiamo diplomi, non abbiamo corsi che possano abilitare un operatore, ma possiamo avere un curriculum, possiamo valutare la cultura personale circa i materiali e i metodi di posa. Sarebbe opportuno, a questo punto, che venisse creato un metodo per capire chi sa e chi non sa spostando la trattativa commerciale dal prezzo totale alle capacità tecniche.

In conclusione la copertura è fatta per durare decenni, non possiamo pretendere che costi poco e che venga messa in mano ad inesperti ed improvvisati operatori della domenica. La norma è chiara, parla di progettazione, di sistemi di qualità! Questi parranno anche esborsi esagerati, ma se spostiamo l’attenzione dal momento in cui vengono spesi i soldi ad un più ampio periodo temporale per avere una visuale completa di tutta la vita della copertura vediamo che il costo è ridicolo confrontato al costo dell’approsimazione in cui viviamo oggi.