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Avevo il colesterolo a 230 … e il terrazzo perdeva

Avevo il colesterolo a 230…..

Avevo il colesterolo a 230 (e il mio balcone perdeva). Non pensavo fosse un problema ma non era così!

Ma oggi va tutto meglio: una vita attiva e una dieta sana mi hanno abbassato il colesterolo e i soldi risparmiati nei prodotti miracolosi li ho usati per far analizzare i preventivi d’impermeabilizzazione del mio balcone da un consulente specializzato. Oggi ho il colesterolo a 187 e il balcone non perde più!

Eh già, perchè chiamare qualcuno a fare il preventivo non è detto che possa risolvervi il problema! Voi sapete come si esegue un’impermeabilizzazione? Voi sapete come scegliere un sistema piuttosto che un altro? Voi sapete se i dettagli applicativi sono stati eseguiti correttamente? O progettati correttamente? O, semplicemente, progettati piuttosto che improvvisati?.

Insomma, voi non siete degli esperti in impermeabilizzazioni, voi siete esperti in altro, nel vostro mestiere!

A questo punto potete scegliere se mangiare uno yoghurt e fidarvi del preventivo scritto in un linguaggio incomprensibile e, troppo spesso, senza le spiegazioni elementari che sono necessarie per fare una scelta, oppure se farne a meno per un paio di mesi e chiedere una consulenza ad un professionista.

A questo serve il servizio denominato “consulenza ai privati”. Si tratta di un servizio a bassissimo costo ma ad altissima professionalità. Non serve a dare tutte le risposte ma a darvi le giuste indicazioni perchè possiate fare le giuste scelte, tra cui quella di contattare un professionista specializzato e fargli progettare l’intero lavoro, dettagli compresi.

Il costo, IVA compresa, è stato studiato perchè possa essere accessibile a tutti e per creare cultura nelle impermeabilizzazioni. Per semplice curiosità andate a vedere di cosa si tratta (clicca ed entra nella pagina) e valutate il costo della consulenza in proporzione a quanto vi viene proposto nel preventivo. Se lo ritenete alto o ritenete che il servizio non faccia al caso vostro, non abbiate timore e segnalatecelo, cercheremo di migliorarlo in modo che possa essere utile a tutti e possa permettere a chiunque di accedere a lavorazioni eseguite veramente a regola d’arte.

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Buono o cattivo?

Risolvere le problematiche lavorative non è sempre facile. Bisogna camminare su una corda molto sottile e sotto non c’è la rete di salvataggio ma l’inesorabile baratro del fallimento.

Noi italiani siamo stati sempre piuttosto bravi a barcamenarci in situazioni al limite anche se abbiamo scoperto che non eravamo noi bravi ma siamo stati guidati in un mondo dove l’etica doveva scomparire!

Mi ricordo, tanti anni fa, quando andai con mio padre a fare il preventivo per la pulizia di un capannone (eh, già, vivevo in un mondo diverso) vicino casa. Alla fine del sopralluogo il proprietario del capannone guardò in faccia a mio padre (di origine campana ma assolutamente senza accento) e gli disse “ho vissuto a Napoli per 20 anni. Mi ritengo un napoletano verace anche se sono nato a Bologna. Non ho bisogno di contratti. Se per lei va bene vorrei suggellare il contratto con una stretta di mano.”

Immediatamente le sensazioni di ragazzo erano di grande rispetto ma anche di grande paura…. oddio un napoletano… chissà che fregatura!

Mio padre si fidò, forse la sua innata capacità di capire le persone lo portò a prendere questa decisione.

Come finì? Bene, molto bene, il tizio pagò alla fine dei lavori, dette una mancia a tutti gli operai che erano stati da lui a lavorare e non lo vedemmo più. Una sorta di meteora che, però, ha cambiato radicalmente la mia vita! Non sono più stato capace di liberarmi di questo ricordo ed è compenetrato nella mia anima.

Io ci provo, con mille e mille difficoltà ma ci provo ad essere onesto al 100%. ed infatti trovo sempre troppe persone che se ne approfittano… però ho trovato anche tanti amici e tantissime collaborazioni aperte che vorrebbero essere in tutto e per tutto etiche!

Vi chiedo, a questo punto, ma voi sareste disposti a seguire un codice etico? Lo seguireste anche quando potrebbe farvi perdere un lavoro? Lo seguireste anche quando si tratterebbe di dire di NO ad un cliente? Lo fareste per il semplice motivo che è giusto farlo?

Io sono dell’idea che l’etica dovrebbe rientrare nel mondo del lavoro ed in particolare in quello dell’edilizia dove il sotterfugio e il compromesso instabile la fanno da padrone.

Vi chiedo, un’altra domanda: sareste disposti a firmare e rispettare un codice etico? Io l’ho già fatto in passato e lo rifarei oggi stesso. Non è facile da portare avanti ma da tante soddisfazioni…. ma crea anche delle preoccupazioni, soprattutto in coloro che vedono l’etica come un avversario, in coloro che fanno del clientelismo un sistema di vita e di reddito!

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Associazione a delinquere di stampo impermeabilizzativo

Eccoci alle solite: imprese d’impermeabilizzazione che chiudono, altre che aprono, dipendenti non pagati ed ex dipendenti che aprono fantasmagoriche imprese. Nulla di nuovo sotto il cielo, tutto come al solito. Insomma la vita continua. Eppure il mercato è sempre più fiacco. Eppure i prezzi sono sempre più bassi. Eppure la qualità scema sempre più. Eppure continua la secolare lotta per sopravvivere.

Penso sia il caso di mettere un po’ d’ordine nelle domande che quotidianamente ci vengono in mente e che, sempre più, non ci fanno dormire.

Come faccio a mantenere la mia azienda in modo tale da lavorare correttamente al meglio delle mie possibilità ed allo stesso tempo garantire il perfetto risultato al cliente facendo i lavori al miglior prezzo? Beh… non sono tante domande, è una sola ma molto complessa e richiede svariate risposte.

Ce ne sono che riguardano l’economia del settore, il rapporto tra datore di lavoro e dipendenti, le richieste di finanziamenti, le certificazioni volontarie etc.

A me preme rispondere solo ad una: la tecnica delle lavorazioni.

Mi perdonerete ma non sono interessato a come gestite le vostre aziende o a come trovate la concorrenza ogni giorno. So solo che siamo sempre pronti a lamentarci… poi nessuno muove un dito… perchè in fondo ci fa comodo così! Brutto quando vi dicono le cose in faccia, vero? Purtroppo è proprio così! Nessuno è veramente interessato a cambiare, altrimenti farebbe qualcosa oltre a parlare e lamentarsi.

Comunque oggi non voglio puntare il dito verso voi, poveri impermeabilizzatori e neanche verso i committenti che stanno diventando una vera e propria classe criminale pronta a far fuori tutti quelli che passano pensando di essere i più furbi del mondo (poi i tetto perde…. ma questo è un dettaglio); oggi voglio svelare una vera e propria associazione a delinquere di stampo impermeabilzzativo: i produttori.

Ah, ecco che si scaglia con il terzo che difficilmente risponde! Ah, eccolo di nuovo a denunciare i soliti marchi noti e supernoti! No, miei cari, oggi denuncio tutta la categoria dei produttori, indistintamente! Non ci sono bravi produttori o cattivi produttori ma solo produttori che guardano esclusivamente il loro orticello.

Proprio oggi (18/02/2016) ho letto il commento di un amico che diceva che in cantiere ognuno guarda solo il suo orticello con estremo egoismo, facendo finta che quello che non va sia sempre colpa degli altri. I produttori non fanno eccezione! Si lanciano in campagne pubblicitarie di ogni tipo, scrivono riviste, pubblicano fotografie, creano discussioni sui social facendo vedere quanto son fighi e quanto sono bravi. In fondo, però, continuano a cercare il semplice e puro profitto!

Abbiamo detto che siamo in tempo di crisi, come fanno ad aumentarlo? Le tecniche sono tre: la prima, più ovvia, aumentando il fatturato e, quindi, l’utile; la seconda è altrettanto ovvia ed è la riduzione dei costi; la terza, un po’ meno, per i non addetti ai lavori, è quella di acquisire aziende concorrenti o fornitrici. Vi sembrerà strano ma il terzo motivo non lo considero un problema: un’azienda acquisisce porzioni strategiche di fatturato o brevetti acquisendo altre aziende. Utilizzando questa strategia si muove ben poco nel mercato! Pensate a quando Mapei ha acquisito Polyglass o quando Sika ha acquisito Tecnokolla. Quasi nessuno se n’è accorto!

Peggio è quando vengono ridotti i costi di un’azienda. Per farlo bisogna mettere mano al bilancio della stessa che deve essere sviscerato in ogni sua parte. Chi lo fa? I dirigenti di tutti i settori ma dovete sapere che i manager italiani sono, quasi tutti, degli inetti! (lo so mi sto tirando dietro un sacco di accidenti…. ma Santo Cielo, sono già bloccato su una sedia, non ho molto di peggio da subire!) Perchè inetti? Perchè non sono dei veri dirigenti! Perchè spesso sono degli incapaci lecca…o. Molti sono degli ex impiegati promossi perchè lacchè o ex agenti che diventano direttori commerciali o amanti, più o meno delusi, che diventano direttori generali perchè fanno dei lavoretti niente male. Ognuno di loro cercherà di abbattere i costi senza fare sacrifici personali e soprattutto vedendo alcuni settori come dei bersagli a cui tirare le mannaie!

Uno dei settori maggiormente colpito o utilizzato è quello di ricerca: alcune grandi aziende internamente, le altre esternamente fanno sì che la ricerca non tenda a migliorare il prodotto ma voglia solo ed esclusivamente abbassarne il prezzo d’acquisto delle materie prime. Quindi quando voi, vecchi impermeabilizzatori, vi trovate a disagio ad usare un materiale che avete usato fino all’altro giorno, sappiate che nelle mescole, miscele, emulsioni, etc. è stato modificato un piccolo ingrediente … o più di uno … o tutti!

Per il produttore questa modifica vuol dire abbassare il costo di produzione del prodotto senza variarne la risposta di scheda tecnica! Attenzione, non ho detto risposta tecnica ma di “scheda tecnica”. Cosa significa? Molto semplice: la risposta del materiale in laboratorio è simile a quella originaria tenendo conto delle tolleranze che già sono presenti nei documenti precedenti!

Un esempio lampante che pochi di voi hanno notato ma se ne vedono continuamente le conseguenze: le malte cementizie elastiche sono dei conglomerati di vari materie che vengono miscelate in fabbrica per creare il componente A e alcune resine e acqua che formano il componente B. Cosa succede se nella miscela A tolgo l’inerte siliceo (costoso) e ci inserisco quello carbonatico (molto più economico)? Beh, che la mia malta elastica cosa meno e il produttore può aumentare gli utili!

Ma cosa succede sul lato pratico? Ecco, in questo caso il cambio non è proprio indolore! Innanzitutto troverete che nella scheda di sicurezza e in quella tecnica il “selezionato inerte siliceo” diventa “inerte selezionato” o “miscela di inerti selezionati” o altre definizioni simili; sul terrazzo che avete con amore impermeabilizzato, invece, succede una cosa molto simpatica: l’inerte carbonatico è particolarmente idrofilo, assorbe acqua e si scioglie scorrendo verso gli scarichi. Come per la malta elastica, già che ci siamo, facciamo lo stesso cambio anche nelle colle, negli stucchi, negli intonaci, nelle malte da ripristino, etc. e così cominciamo a vedere quelli che io chiamo i terrazzi carsici! Cominciamo a vedere le stalattiti che si trovano in posti dove non dovrebbero esserci mai!

Chi di voi si è lamentato con il produttore per questo genere di conseguenze? Nessuno, anche perchè non avete mai pensato che potesse essere colpa loro! Beh, è così!

Non solo, si dilavano i materiali passando da una concentrazione del 100% ad una del 95%… rientriamo delle tolleranze! Poi le resine le diluiamo di un 2%. Continuiamo a rimanere nelle tolleranze.

Ma quando cominceremo a chiamarli in causa? Quando decideremo che i produttori devono fare la loro parte nel mondo delle impermeabilizzazioni e non governare solo da fuori?

Molti diranno: ma fanno corsi, seminari, simposi e sono sempre puntuali nelle spiegazioni, sempre severi nei giudizi!

Negli ultimi mesi, a causa del mio immobilismo, ho potuto assistere a svariati corsi di posa, progettazione o presentazione di prodotti impermeabilizzanti dei più vari. Una cosa che hanno in comune è quella di pretendere di dare sempre la risposta giusta a tutte le tipologie di problemi! Non voglio entrare nel dettaglio di come voi, cari impermeabilizzatori, veniate irretiti con promesse di mirabolanti lavori e guadagni, di come voi, cari impermeabilizzatori, ci crediate senza neanche metter in dubbio che qualche cosa potrebbe anche essere falsa. Voglio farvi notare che nessuno, in nessuna azienda vi dirà mai:”no, questo non si può fare!!!”, a meno che non chiediate di impermeabilizzare la luna con la carta igienica.

Quello che vorrei chiedere ai produttori, per dimostrare che quello che ho scritto è sbagliato, sono due cose:

1) Smettetela di vendere materiali impermeabilizzanti a chi non è preparato e formato (quindi magazzini edili ed imprese edili… e artigiani improvvisati)
2) Scrivete in scheda tecnica le applicazioni in cui siete certi che il prodotto non va bene o dove l’impermeabilizzatore è stato ingannato facendogli credere di avere la panacea in mano!

Pensate che sia troppo? Beh, sappiate che un produttore, in passato, ci ha provato! Quindi non è né una novità nè un discorso che non viaggia nei loro corridoi!

Chiediamoci solo se vogliamo premiarli continuando a difenderli ad oltranza, se come al solito faremo la parte di quelli più furbi che sono in grado di fregare tutti… penchè in fondo tutti gli altri vogliono fregare noi o vogliamo davvero e fortemente essere dei professionisti e vedere il nostro settore rifiorire e depurarsi della parti cancerose.

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Cos’è un sistema impermeabile?

Ogni qual volta dobbiamo pensare ad un sistema impermeabile dobbiamo lottare con domande e risposte che troppo spesso non esistono, o peggio, dobbiamo inventare: cos’è un sistema impermeabile, cosa vuol dire impermeabilizzare, cosa vuol dire sigillare.

Inutile che cerchiate in rete… non c’è nulla! (ci ho già guardato)

Sarebbe opportuno che queste domande avessero risposta in modo da poterle dare ai clienti o committenti.

Cominciamo dall’inizio: cosa intendiamo per impermeabile! L’unica risposta che ho trovato, degna di essere citata, è quella del dizionario enciclopedico Treccani: “Non permeabile, di corpo che non lascia passare un liquido attraverso le sue porosità” Si può notare che non è una definizione ma la negazione di un’altra. Non è cosa da poco! Questo vuol dire che di base non esiste una vera e propria esplicitazione del suo significato.

Di conseguenza sappiamo che stiamo facendo qualcosa di impedente. Bene, infatti non dobbiamo far passare l’acqua. Ma basta limitarsi a pensare all’acqua? In fondo quando progettiamo o montiamo un sistema impermeabile coibentato parliamo anche di vapore acqueo… che è sempre acqua ma in uno stato diverso, talvolta più subdolo e ancora meno comprensibile. Quindi quando applichiamo una barriera al vapore o una barriera al Radon continuiamo ad essere nel campo delle impermeabilizzazioni o stiamo varcando un confine che nessuno dichiara?

Sinceramente penso che si rientri nei limiti naturali delle impermeabilizzazioni. Il problema di base, però, rimane: la definizione non esiste e quindi possiamo trovarci a risolvere questioni che non ci competono o a prenderci delle responsabilità di cui non eravamo a conoscenza.

Urge che si cominci a discutere seriamente di questo e che lo si faccia sia nelle sedi competenti (UNI) sia nei più ampi spazi dei social networks, fra i professionisti del settore.

E’ questo lo scopo di questo articolo: sollecitare una presa di coscienza su una questione formale che porta con sé una serie di coinvolgimenti e grattacapi anche legali sul nostro lavoro; pensate ad un progettista che inserisce un sistema impermeabile in un capitolato senza specificarne i materiali di corollario per eseguire le sigillature in punti complicati. In questo caso è l’applicatore che si sostituisce al progettista arrogandosi il diritto di scelta e sobbarcandosi la responsabilità di averlo fatto!

Concludo spingendovi a discutere della questione nel modo più ampio e condiviso. Arriviamo alla soluzione e usiamola correttamente.

Perciò, cosa significa “Sistema Impermeabile”? A voi le risposte

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Primer o non primer, questo è il problema

In un video pubblicato qualche giorno fa, decisi di parlare della preparazione dei supporti, di come dovrebbero essere fatti e di come andrebbero pretesi. Quello che ha colpito tutti coloro che l’hanno visto, invece, è il fatto che l’operatore applicava una guaina bituminosa senza primer.

SCANDALOOOOOOOOO

Riprendiamo, allora, il discorso dei primer non solo nei sistemi bituminosi ma in tutti i sistemi monolitici.

Innanzitutto la parola monolitico. Questi sistemi NECESSITANO DELL’USO DEL PRIMER senza se e senza ma!

Appunto, nei sistemi monolitici. E negli altri? No, non serve, anzi è deleterio.

Ma allora perchè nel filmato si sta posando una guaina senza primer e il video viene preso ad esempio di una perfetta preparazione del fondo. Per alcuni motivi: il primo è che la posa del sistema impermeabile che si vede è una barriera al vapore e che, quindi, ha una sua stratigrafia superiore che con il suo peso manterrà l’intero sistema ben ancorato a terra; secondo motivo è che chi ha progettato quel sistema crede nella posa in semi-indipendenza (Geom. Piccinini) ed è stato posato da operatori che vivono la guaina come una religione.

Il punto è questo: se il supporto viene preparato in modo da accogliere perfettamente una membrana bituminosa, piuttosto che un sistema poliuretanico e le regole di asciugatura, temperatura dell’aria, umidità dell’aria, temperatura della superficie etc. vengono rispettate, allora il primer non serve! (affermazione corraggiosa). Anzi no… manca un elemento: la posa! Esatto, il posatore deve essere perfetto! Non può mancare in nulla!

Se avete tutti questi parametri, potete non usare il primer per posare i sistemi impermeabilizzanti.

Dovete anche avere una buona quantità di pelo sullo stomaco, perchè ogni azienda produttrice di impermeabilizzanti richiede che venga usato lo specifico primer; in alcuni casi, vedi le resine, ci sono addirittura primer per specifici utilizzi. Se non lo si fa ci si prende la responsabilità della scelta, nel bene e nel male.

Se parliamo di resine poliuretaniche, ad esempio, è necessario che vengano usati i primer per i più disparati motivi, tra cui i principali sono: incompatibilità con il supporto (resine/guaina bituminosa), umidità residua nel supporto (formazione di bolle nel manto finito), polverosità del supporto. Nel caso di un’impermeabilizzazione bituminosa, invece, è necessario per un motivo molto più importante e, troppo spesso, neanche preso in considerazione: il sistema di tenuta della membrana.

Come ben sapete una guaina bituminosa viene posata facendo fondere (nei sistemi a fiamma) una parte della membrana con un cannello a gas in modo che possa penetrare nelle porosità del supporto ed agganciarsi in modo saldo ad esso. Ma cosa succede se il supporto è ad una temperatura che preveda che la mescola sia solida e non fluida? (ossia sempre!!!) molto semplice, la parte della membrana fluida, a contatto con la superficie più fredda, si solidifica all’istante evitando di penetrare nel supporto. In questo caso si parla di “incollaggio della membrana”. Sistema decisamente più debole di quanto ci si aspetti da uno strato impermeabile monolitico.

Se usiamo il primer andiamo a saturare le porosità del supporto con uno strato minimo di bitume che penetra grazie al solvente che lo mantiene liquido; successivamente andremo ad agganciare la membrana, non più al supporto, alla superficie primerizzata mediante la posa a caldo. Facendo così “vulcanizziamo” la membrana alla superficie bituminosa data dal primer! Ecco che avremo una tenuta decisamente più forte.

Perchè, allora, i produttori non ci spiegano queste cose? Beh, perchè a noi non interessa, in quanto loro lo fanno!; se l’ho imparato io vuol dire che qualcuno me l’ha insegnato.

Quindi dobbiamo fare tutti un’azione di modestia pura: fare un passo indietro e cercare di ascoltare chi è preparato per spiegarci come si eseguono le impermeabilizzazioni, sia esso un tecnico specializzato o il responsabile di un produttore. Non tiriamoci mai indietro e facciamo domande, non accontentiamoci di sentirci dire “si deve fare così” ma chiediamo spiegazioni in modo da comprendere appieno il motivo per cui operiamo, posiamo, progettiamo un sistema impermeabile.

Poi, se volete, cominceremo a discutere se sia meglio la monoliticità o la semi-indipendenza; avremo però ben presente quali siano le regole del gioco, i pregi ed i difetti di ogni tipo di sistema; anzi di questo dicuteremo nel prossimo articolo! Quindi affilate le armi e preparatevi a discutere, anche animatamente, sempre con lo scopo di far crescere tutto il settore!

Articoli relativi lo stesso argomento:

Keep calm e metti il primer

 

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Carotaggio o sondaggio ispettivo?

Dal piacevole pranzo fatto qualche giorno fa con dei tecnici di prim’ordine, mi è stata mossa una critica circa un articolo pubblicato un paio di giorni prima: un carotaggio prevede l’uso di una macchina che in una copertura taglia tutto, dall’estradosso all’intradosso. Io l’ho usata (nel caso dell’articolo era una traduzione dall’inglese… ma uso il termine nello stesso senso normalmente) per definire il solo prelievo di quello che è la stratigrafia termo/impermeabile.

Ma chi ha ragione? per non saper leggere e scrivere sono andato a vedere sul sito della Treccani la definizione:

carotàggio [Der. di carota] Nella geologia, il prelevamento di campioni di roccia (detti carote) dal sottosuolo e, per estensione, il rilievo diretto di caratteristiche fisiche o chimiche del sottosuolo. In partic., c. meccanico, eseguito con speciali strumenti, detti carotieri, applicati al posto dello scalpello su macchine perforatrici che operano intagliando, isolando e distaccando un cilindro di roccia; c. geofisico, basato sulla registrazione, effettuata in superficie, di grandezze fisiche misurate da strumenti calati entro fori di sonda e collegati con i registratori (v. geofisica applicata); c. geochimico, che comprende campionamenti al pozzo e analisi aventi lo scopo di precisare come varia con la profondità un certo numero di parametri chimici; c. litologico, consistente nell’analisi dei detriti di perforazione. (Treccani – Dizionario delle Scienze Fisiche)

Io ho sempre usato il nome carotaggio sempre abbinato nella frase “carotaggio della stratigrafia impermeabile”. Giusto? sbagliato? chi può dirlo, penso che il problema non sia se si usano le parole tecnicamente giuste (cosa sacrosanta) ma quali siano le parole tecnicamente giuste.

Tempo fa avviai un progetto, a lungo termine, con lo scopo di creare un glossario dell’edilizia. Un volume, un sito, o altro sistema di pubblicazione, che permettesse di poter raccogliere tutti i termini, dialettali e non, che si usano in cantiere e catalogarli in un vero e proprio vocabolario dei sinonimi e dei contrari!

Vorrei veramente portare a termine questo progetto ma ho bisogno di tutto l’aiuto possibile, in quanto molti termini sono di origine dialettale. Un esempio che rende bene l’idea: quella parte del tetto che sporge dal muro esterno ed arriva alla grondaia a Bologna si chiama “sporto di gronda” o “pensilina”, in Friuli si chiama “linda”. sono termini talmente differenti che, quando mi è capitato di sentirlo dire la prima volta, ho dovuto chiedere cosa fosse questa fantomatica “linda”.

Ok, ora chiedo l’aiuto di tutti i lettori: mi mandate i termini che si usano nella vostra zona (tutti quelli che vi vengono in mente, anche se vi sembra che si usino ovunque) con il significato e, magari, un’immagine che li rappresentino?

Per farlo potere scrivermi a: arcangelo@consumomeno.org

grazie a tutti e buone feste!

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Il carotaggio ci rivela informazioni fondamentali

Questa volta l’articolo non l’ho scritto io, mi sono limitato a tradurlo. Mi ha colpito in modo particolare il fatto che sia in Italia sia negli Stati Uniti si parli delle stesse cose. Come fare una buona copertura, come realizzarla con i migliori materiali. Ma soprattutto è interessante il fatto che l’analisi di una copertura si fa esattamente nello stesso modo.

Ringrazio il sig. Michael Shultz della Jurin Roofing (Pennsylvania – USA) per avermi dato la possibilità di ripubblicare il suo articolo.

<< Fare coperture può sembrare piuttosto semplice. Intendo dire che non è astrofisica nucleare. Basta presentarsi, caricare il vostro materiale, cominciare il lavoro, vero? Che difficoltà c’è?

Non così veloci. Ci sono molte variabili che determinano come progettare e preventivare il ripristino della copertura. Ma come trovare queste variabili? Uno dei passi più critici che aiutano un impermeabilizzatore o un progettista specializzato a sviluppare un progetto di copertura è il carotaggio.

Che cos’è il carotaggio della copertura?

Il carotaggio è quando un’impresa o un progettista taglia una piccola sezione all’esterno della copertura per determinare la completa composizione della stessa.

Ma un carotaggio della copertura può sembrare una cattiva idea. Solitamente si evita di fare buchi sulla copertura. Ma, al pari di un medico, noi esperti sappiamo come eseguire un intervento chirurgico e suturare il paziente senza creare alcun danno.

I coperturisti usano speciali metodologie per estrarre una piccola area della copertura dal solaio del tetto. Una volta che la carota è stata estratta il risultato viene documentato. Poi questa viene rimessa al suo posto e il buco viene riparato.

Cosa ci dice il carotaggio della copertura?

Il campione del carotaggio è analizzato sulla copertura per:

  • Spessore Quanto è spesso l’attuale sistema di copertura?
  • Strati – Quanti strati di impermeabilizzazione ci sono in situ?
  • Composizione – Quali differenti strati ci sono e quali i loro pesi?
  • Pendenza – La pendenza della copertura è nell’isolamento o nella struttura?
  • Materiali pericolosi – Ci sono materiali potenzialmente pericolosi (amianto), nella stratigrafia, che richiedano maggiori test?
  • Struttura del tetto – Qual’è la struttura portante che sostiene la copertura?
  • Umidità – C’è acqua intrappolata nella stratigrafia del tetto?

Allora perchè sono importanti questi fattori?

Ok, quindi gli impermeabilizzatori professionisti e i progettisti specializzati raccolgono questi dati. Ma è veramente importante?”

Questi fattori sono quelli che determinano il prezzo finale del progetto della copertura. Senza questi fattori, un prezzo accurato della sostituzione del sistema tetto non può esistere.

Alcuni di questi fattori influenzano il prezzo come segue:

 

  • Regole di costruzione – Le costruzioni che hanno più di due sistemi di copertura nello stesso luogo, normalmente richiedono la rimozione dal tetto fino al solaio come da codice delle costruzioni (negli USA come in Italia vi sono normative legate alle coperture. Nel nostro caso sono legate principalmente al risparmio energetico). Inoltre l’unico modo per determinare se il sistema tetto è a più strati è fare un carotaggio completo.
  • Lunghezza dei fissaggi – Ogni fissaggio usato in una copertura deve penetrare nel tetto per una specifica profondità. E’ fondamentale conoscerne la struttura totale per poter ordinare la giusta lunghezza degli stessi. I fissaggi troppo lunghi possono, oltre ad incrementare il costo del progetto della copertura, causare danni all’intradosso del tetto (esempio bucare gli impianti)
  • Costi di Smaltimento – Le coperture con più strati sono composte da materiali diversi. Inoltre gli stessi materiali possono avere diversi pesi. Come risultato, il costo complessivo dello smaltimento della sistema di copertura che deve essere rimossa, sarà influenzato dalla composizione del tetto. Il carotaggio rivelerà il peso totale della stratigrafia del tetto e, quindi, il prezzo dello smaltimento.
  • Smaltimento dei materiali pericolosi  – La presenza di amianto o altri materiali nella stratigrafia influenzano il processo di rimozione e smaltimento. L’amianto, per esempio, ha speficiche procedure per la movimentazione e lo smaltimento. I costi associati a questo devono essere incorporati nel prezzo della ricostruzione della copertura.
  • Pendenza Molte norme sulle costruzioni e regole di progettazione richiedono un drenaggio positivo per la costruzione della copertura Il drenaggio positivo può essere eseguito o mediante la pendenza della copertura o con l’uso di coibenti intagliati ad hoc (pendenziati). La carota spesso ci dice se la pendenza è nella struttura della costruzione o se è stata creata con i pannelli isolanti. La progettazione e i costi circa il rifacimento della copertura sono particolarmente impattati da questo fattore.
  • Coibentazione con determinata Resistenza Termica richiesta – Il carotaggio ci dice anche quale sia la resistenza termica del pacchetto di copertura. In determinate situazioni potrebbe essere richiesto di integrare l’isolamento termico dalle norme costruttive (anche da noi, in Italia, è necessario che i valori termici delle coperture vengano integrati se si fa un rifacimento di copertura). Quindi il carotaggio è anche richiesto per determinare il tipo di materiale e la sua Resistenza Termica da inserire nella stratigrafia.
  • Tipo di copertura – Il tipo di copertura potrebbe essere rivelato da un’ispezione dell’intradosso. In altri casi la vista del solaio dal di sotto è ostruita da coperture di vario tipo (intonaco, cartongesso, etc.). Conoscere il tipo di struttura del tetto è fondamentale per la scelta del metodo di fissaggio dell’intera nuova stratigrafia. Senza questo fattore critico, il sistema tetto non può essere debitamente progettato.

L’analisi del carotaggio è un passo importantissimo per la progettazione del sistema di copertura Senza un’accurata progettazione l’impermeabilizzatore professionista non può fare un’offerta dettagliata. Basando il prezzo su assunti senza la conferma di specifiche informazioni raccolte, lascia l’impresa e il cliente aperti a progetti dove un contraente può tagliare i costi per rimanere nel prezzo o chiedere aggiunte allo stesso per le differenze di lavorazione all’atro.

Se i proprietari e gli acquirenti degli edifici sono alla ricerca di un prezzo certo per un progetto di copertura, è nel loro stesso interesse insistere che il contraente completi i passi necessari e che l’analisi del carotaggio porti sufficienti informazioni per la corretta progettazione e lo sviluppo del giusto prezzo.

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Ma davvero ti rivolgeresti ad un farmacista?

Hai mai pensato che i lavori fatti in casa tua non funzionino perchè hai scelto il metodo sbagliato? Non intendo dire che i materiali siano per forza sbagliati o che lo sia il posatore o che lo siano entrambi… ma tu normalmente ti fai consigliare dal venditore per le cose importanti?

Ti faccio un esempio pratico. Fai un esame clinico e scopri (speriamo di no) che hai un tumore alla prostata (per una volta colpiamo solo i maschietti). Cosa fai? Molto semplice, vai dal farmacista e chiedi quale sia il medicinale migliore per curare il brutto male che ti è stato diagnosticato!

No, non sono pazzo, tu fai proprio così!

Un altro esempio? Hai il tetto, o il terrazzo, che perde e chiami un impermeabilizzatore per farti dire cosa devi FARGLI fare.

Eh, già, sono la stessa situazione. Per un caso grave che riguardi il tuo corpo, nella realtà, andrai a cercare il miglior specialista (sentendo il medico di base e le migliaia di amici, parenti, conoscenti, che ti consiglieranno un nome da contattare) e, dopo aver preso appuntamento e pagato una lauta parcella (ma si tratta della vita… non c’è cifra che tenga), ti farai prescrivere una serie di indagini diagnostiche nuove (che pagherai senza fiatare), una serie di incontri con lo stesso specialista (che pagherai senza fiatare) ed infine la risoluzione con un intervento o altra terapia (che pagherai senza fiatare).

Allora perchè quando vedi una perdita di acqua dal tetto chiami l’impermeabilizzatore (il contraltare del farmacista) e non un progettista specializzato (il contraltare del medico specialista)? Perchè sai, come il tuo corpo, anche il corpo della casa (detto involucro) si ammala; ma si può anche curare, a patto che vengano somministrate le giuste cure.

Un amico ha chiamato la sua attività “il medico della casa”, un altro “chirurgia impermabilizzativa”. Perchè questo se non per il fatto che gli interventi che vengono eseguiti su una struttura sono importanti esattamente come le cure che riservi al tuo corpo?

Bene, la prossima volta che qualcuno (come il sottoscritto) chiederà una cifra per redigere relazioni tecniche o fare sopralluoghi, ricorda che ti sei rivolto ad un professionista, esattamente come un medico nel suo lavoro, che studia, partecipa a seminari, discute con colleghi in simposi ed altro. Non sempre spendere poco è la soluzione; la miglior spesa è quella perfettamente proporzionata al problema ed alla soluzione “su misura”.

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Usare la lana di pecora come coibente in casa

Se seguite il link trovate l’ultimo articolo su Prontopro.it circa l’uso della Lana di Pecora come coibente in edilizia. Un materiale antico, ecologico, rinnovabile, con un costo esiguo, ma poco usato e conosciuto.

Usare la lana di pecora come coibente

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Impermeabilizzazioni: La scelta

Nel mondo delle impermeabilizzazioni vi sono innumerevoli materiali e svariate tecniche di posa. Il problema di base oggigiorno in questo settore è proprio questo: in assenza di norme chiare non vi è nulla che determini quale sia il corretto sistema di posa da adottare. A causa di queste mancanze i materiali si sono moltiplicati facendo precipitare inevitabilmente la qualità dei prodotti verso il basso. Il fatto che questi prodotti siano marchiati CE non è certo un’automatica garanzia di adeguatezza del prodotto. In fondo, per apporre questo marchio ad un prodotto, è necessario solo che questo risponda ad alcune normative tecniche generiche (norme tecniche volontarie).

Tra i tecnici si è aperta, ormai da molto tempo, una battaglia filosofica su chi sia il responsabile di questa situazione e sul come agire per poter uscire da questa “palude”. Possiamo identificare due correnti di pensiero prevalenti tra gli operatori del mondo della protezione dall’acqua: chi cerca di usare al meglio quello che il mercato dei prodotti gli fornisce e chi invece pretende materiali performanti e basta.

Quelli che appartengono al primo gruppo sostengono che, per eseguire una buona impermeabilizzazione, è necessario adottare tutte le tecniche adeguate per risolvere all’origine le problematiche dovute alle deficienze dei materiali. Un esempio tipico è la “memoria elastica” delle membrane bituminose: si tratta di un ritiro dovuto allo stiramento dell’armatura della guaina che è stato fatto in fase di produzione per permettere una maggior produzione oraria. Da quest’azione nascono diversi problemi quali: instabilità dimensionale, reptazione, mancanza di rettilineità, ritiri, etc. Per ovviare questi problemi il posatore deve adottare la posa in totale aderenza con, spesso e volentieri, l’aggiunta di zavorre localizzate nei punti di maggior estrazione al vento

Gli appartenenti al secondo gruppo, non ammettendo che vi siano materiali con carenze dovute a scelte economiche fatte durante la produzione, addossano le problematiche che ne scaturiscono ai produttori: se un’armatura di scarsa qualità può creare problemi, perché non usarne una che garantisca migliori prestazioni seppur più costosa? Quindi vanno alla ricerca dei materiali più performanti andando a richiedere specifici criteri di fabbricazione del materiale al produttore.

Se volessimo tastare con mano queste due filosofie di pensiero ci basterebbe fare da spettatori ad una delle tante discussioni sull’argomento tra l’arch. Broccolino e il geom. Piccinini, due emeriti rappresentanti di queste filosofie di pensiero: Broccolino per l’adattabilità a quanto presente sul mercato, Piccinini per la qualità totale.

Il punto nevralgico di queste discussioni è sempre lo stesso: giustificare o no i produttori di materiali per le impermeabilizzazioni. Chi scrive, pur rispettando l’esperienza e la cultura tecnica di Broccolino, è schieratissimo con Piccinini.

La questione è che i produttori di materiali hanno come scopo primario quello di produrre un utile (esattamente come tutte le aziende esistenti), attraverso la vendita di prodotti, mentre sono poco interessati al come si devono eseguire perfette impermeabilizzazioni. I posatori, che dovrebbero avere a cuore quest’argomento, sono però purtroppo sommersi da una “giungla” di prodotti dove, senza un’adeguata formazione obbiettiva, faticano ad orientarsi. Spesso si orientano su prodotti di scarsa qualità per poi lanciarsi in acrobazie tecniche per risolvere i problemi congeniti che da questi prodotti inevitabilmente arrivano.

Purtroppo il mercato, nel nostro settore, è ancora gestito dai produttori e dai rivenditori di materiali edili che, per produrre reddito, cercano continuamente di abbassare i costi produttivi (abbassando inevitabilmente la qualità del prodotto) in modo da poter vendere il maggior numero di pezzi. A chi verranno venduti questi prodotti, e quali prestazioni avranno effettivamente, poco gli importa… e proprio qui sta l’inghippo!

Fin quando il mercato del settore impermeabilizzativo verrà gestito da chi produce o vende i materiali, questi verranno ceduti a chiunque ne faccia richiesta, senza se e senza ma. Certo è che anche se questo mercato venisse affidato ai posatori si rischierebbe di cadere ancora più in basso. E’ vero che il posatore professionista dovrebbe mirare all’ottenimento del miglior risultato possibile ma sempre più spesso in questo settore i posatori sono “improvvisati” e mirano al solo principio di economicità del lavoro, cercando di ottenere un maggior rapporto tra costi e ricavi aumentando il più possibile l’utile del lavoro. Essendo inoltre così facile l’accesso a questi materiali, diventa altrettanto facile poter entrare nel mondo degli applicatori aumentando la concorrenza non qualificata e, conseguentemente, diminuendo i prezzi (legge della domanda e dell’offerta). Ma diminuire i prezzi non vuol dire, per forza, diminuire l’utile d’impresa: per mantenere costante il valore della posa si cercherà di diminuire il costo del materiale acquistato; se il produttore non abbasserà il prezzo del materiale che solitamente usano, sceglieranno il materiale di qualità inferiore. Così gli applicatori seri continueranno a ricercare i materiali migliori per realizzare opere perfette e durature, mentre gli altri (non è detto che non siano seri, magari sono solo ignoranti) cercheranno di combattere la concorrenza con il prezzo basso.

Ma allora chi dovrebbe gestire il mercato dei materiali impermeabilizzanti? A mio avviso rimangono solo i progettisti, ossia coloro che, pur essendo in parte interessati al costo delle opere d’impermeabilizzazione, dovrebbero avere come interesse primario le garanzie reali che i prodotti e la loro applicazione daranno nel tempo.

E come un cane che si morde la coda ecco che tutto torna in mano ai produttori, gli unici che fanno corsi di aggiornamento per i progettisti. Gli ordini professionali inoltre, che in questa vicenda dovrebbero essere garanti ed imparziali, sono purtroppo sempre più spesso complici. A loro poco importa chi tiene il corso e quali concetti vengono divulgati, l’importante è che qualcuno paghi per poterlo fare. In questo sistema solo i produttori sono disposti a pagare un ordine professionale affinché possa spiegare ai loro iscritti come e cosa fare….. ed essendo loro a farlo, appare ovvio che spingeranno i loro prodotti a prescindere dalla qualità e dalle prestazioni.

Urge una riforma di questo sistema! Una riforma che deve passare inevitabilmente attraverso professionisti intellettualmente onesti e, perché no, intransigenti. Solo così si potrà iniziare un percorso virtuoso che possa avere come traguardo la perfetta esecuzione delle opere impermeabili.

Così facendo gli applicatori saranno obbligati a dare delle vere garanzie, garantendo soprattutto di esistere per il tempo necessario (almeno 10 anni) per poter eseguire le eventuali manutenzioni sui lavori eseguiti. I produttori in questo scenario futuribile si dovranno arrendere e dedicare le loro energie a produrre solo materiali di alta qualità che corrispondano alle specifiche tecniche necessarie per la realizzazione di opere impermeabilizzative durevoli.

In attesa che si possa realizzare questo scenario la cosa migliore è quella che progettisti ed applicatori “qualitativi” si riuniscano in un progetto di operatività ad alto livello e che venga istituita la figura del tecnico delle impermeabilizzazioni che possa eseguire i giusti collaudi in corso d’opera. In questa strategia un passaggio fondamentale potrebbe essere quello di coinvolgere gli stessi produttori (quelli che ovviamente siano intenzionati a credere nella qualità totale del prodotto) inducendoli ad usufruire di questi professionisti per i collaudi in corso d’opera delle lavorazioni per cui concederanno la polizza postuma.