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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose – determinazione della tenuta all’acqua – UNI EN 1928

Cominciamo a parlare di argomenti un po’ più spinosi: La tenuta all’acqua delle membrane bituminose (e sintetiche, la norma è la stessa)

Cominciamo con il dire che la norma specifica letteralemente che si parla di materiale “vergine” e “non posato”. Questo dovrebbe far pensare molto sulle garanzie che vengono date, ma pare, altresì, normale in quanto essendo materiali che vengono modificati durante la posa non è possibile creare un dato standard per tutti i posatori che, come sappiamo bene, hanno mani diverse e sensibilità diverse nel posare i materiali.

Tenendo conto di questa particolarità cominciamo con le definizioni.

  • LATO SUPERIORE: Il lato superiore delle membrane posate, solitamente la parte interna del rotolo
  • TENUTA ALL’ACQUA: Condizione delle membrane flessibili per impermeabilizzazioni se:
    1. In caso del metodo A: non si osserva alcuno scorrimento del filtro di carta sopra la superficie di un provino alla pressione dell’acqua applicata durante il periodo di prova totale.
    2. In caso del metodo B: la pressione massima iniziale non scende al di sotto del 5% del valore iniziale

Il METODO A si usa per le membrane non sottoposte a pressione (quelle di copertura ad esempio), il METODO B si utilizza per le membrane sottoposte a pressione.

METODO A: Il provino viene immesso in un macchinario che spinge acqua sul lato superiore. La caratteristica è che funziona al contrario di quello che ci si aspetterebbe, ciò per non creare problemi di pressione che non interessano: infatti l’acqua viene immessa in un recipiente che è chiuso superiormente dalla membrana da testare. Sopra la membrana si mette un foglio di carta ed una miscela di materiali che reagiscono al minimo contatto con l’umidità. Questo per capire se vi è o no passaggio di acqua anche minimo. Il test dura 24 ore con una pressione costante di 60KPa. Il test è superato se non vi è passaggio d’acqua alcuno!

METODO B: Questo metodo è similare al primo, ma in questo caso viene utilizzata una pressione specificata dal produttore che deve essere mantenuta costante per 24 ore con una tolleranza massima del 5%. Il test è superato se il provino rimane stagno.

Questi due metodi ci possono dire molto delle membrane bituminose: in primis ci parlano di assorbimento dell’acqua a contatto con la guaine. Se la guaina assorbe acqua può anche farla passare! se non la assorbe non la farà mai passare! Non solo, ci parla di come reagisce a contatto prolungato con l’acqua e se è in grado di sopportare le pressioni che è costretta a subire!

Ovviamente, come ricorda la norma, questo vale per il materiale vergine! Quindi attenzione: se il materiale viene usurato troppo nella fase della posa non potrà rispettare il parametro fondamentale per cui la si utilizza, se la guaina non viene manutenuta costantemente (togliendo sporco e controllando i sormonti nel tempo) non potrà dare garanzie di tenuta! il problema maggiore, quindi, è il posatore! tutto dipende da come la utilizza perchè è proprio lui che la va a modificare per applicarla!
bisogna ricordarsi le regole principali della posa: la fiamma deve essere adatta al materiale che si sta utilizzando, i sormonti non devono essere stuccati, ma rullati, la sfiammatura deve essere uniforme su tutta la superficie del lato inferiore della guaina etc.

Interessante diventa, questo test, quando si stressano le membrane! in test in sè stesso è uguale con le stesse caratteristiche e ci dice un “supera” o “non supera”, ma il bello è che la UNI EN 13897:2004 ci parla della tenuta all’acqua dopo l’allungamento.

Vengono fatti due provini, uno per senso di produzione del materiale e deve essere di 300mm e portati a -10°C di temperatura. Questo viene allungato alle seguenti tensioni: 1%, 5%, 10%. Sulla faccia superiore del provino viene messa una miscela di saponi. Viene attaccata una pompa che spinge l’acqua ad una pressione di 15KPa. Se dopo 60 secondi non sono visibili bolle sulla superficie del materiale il test è superato. IL test serve a valutare il comportamento delle membrane in situazione di forte stress fisico ed ambientale.

Se entrambi i test vengono superati possiamo essere sicuri che stiamo utilizzando un buon materiale che ha le giuste caratteristiche per ottemperare ai suoi doveri! sta a noi progettare e posare bene il sistema di impermeabilizzazione! E’ interessante, invece, sapere perchè non sempre si hanno entrambi i dati! beh. ovviamente non si può scrivere su una scheda tecnica che il materiale non ha superato il test…. e ovviamente è più facile non dare definizioni sulla singola norma.

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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose – Spessore e Massa Areica – UNI EN 1849-1

Spessore e massa areica sono tra i maggiori punti di contestazione di una membrana bituminosa, sia da parte dell’applicatore verso il produttore, sia da parte del cliente verso l’applicatore.

Purtroppo l’unico riferimento utilizzabile per un’eventuale contestazione è la difformità dei dati rilevabili dal rotolo con la scheda tecnica. Ecco perchè andiamo ad analizzare le definizioni della norma e come si eseguono i test, in modo che non si possa fare confusione e, come al solito, si sappia cosa vogliono dire quei dati scritti.

Definizioni

  • SPESSORE: “Dimensione normale al piano della membrana”
  • STRUTTURAZIONE PRONUNCIATA DELLA SUPERFICIE: “struttura impressa o goffratura su una o entrambe le facce della membrana aventi un’influenza maggiore del 10%
  • RIVESTIMENTO FIBROSO DELLA FACCIA SUPERIORE: “Uno strato di tessuto o di non tessuto di fibre sintetiche, di un peso maggiore di 80g/mq, fissato sulla faccia inferiore della membrana”
  • GOFFRATURA: “struttura impressa intenzionalmente su una o entrambe le superfici della membrana durante il processo di fabbricazione”
  • CIMOSA: “area della superficie della membrana priva di granuli o di similari protezioni destinata a facilitare la saldatura delle giunzioni”

Misurazioni

  • SPESSORE: Viene prelevato un provino largo 100mm e che prenda tutta la larghezza del rotolo, vengono fatte 10 misurazioni su tutta la superficie del provino facendo attenzione a che la prima sia a 100mm dal bordo iniziale, che l’ultima sia a 100mm da quello finale e che siano perfettamente distrubuite. A questo punto si fa la media matematica delle 10 misurazioni e si prende quello come dato finale con una tolleranza di 0,1mm
  • MASSA AREICA: Premettiamo che la massa areica è la massa della membrana per ogni metro quadrato. Si misura prendendo un campione di guaina di 0,4m di lunghezza e a tutta larghezza. Da questo si tagliano 3 provini che devono avere un’area di 100mmq. Questi provini vengono prelevati lungo una diagonale che taglia in due il campione da un angolo a quello opposto: il primo al centro e gli altri due ai vertici della diagonale facendo attenzione che siano a 100mm dal bordo senza contare la cimosa. A questo punto si segue la seguente formula: M= (M1+M2+M3)/3 – 10. Il valore è espresso in KG/mq con una tolleranza di calcolo di 10g/mq.

A questo punto abbiamo gli elementi per capire cosa vuol dire che una guaina è da 4mm o da 4,5kg.

Questo, purtroppo, non vuol dire che i materiali siano come ce li aspettiamo. Se andiamo ad analizzare una scheda tecnica, di una qualsiasi guaina bituminosa, notiamo che esiste una colonna relativa alle tolleranze: queste sono gli scostamenti che il produttore dichiara possano esservi nel prodotto finito senza che vi siano irregolarità o difetto di prodotto! in soldoni: se una guaina da 4mm ha una tolleranza di spessore del 10% vuol dire che potreste trovarvi una guaina che varia da 3,6mm a 4,4mm; ovviamente nessuno di voi si è mai trovato davanti una guaina da 4,4….. ma da 3,6 spesso e volentieri! Purtroppo su alcuni prodotti da prezzo vi sono tolleranze che possono arrivare al 20% … fatevi voi i conti! Stessa cosa vale sulla massa areica, con una differenza: di solito la massa areica si utilizza come valore nominale quando abbiamo una guaina ardesiata. Essendo l’ardesiatura un’aggiunta alla membrana è possibile che vi sia un calo di peso limitato dovuto al distacco di alcune scaglie di ardesia! nonostante ciò controllare sempre il valore della tolleranza dichiarata dal produttore

Una relazione interessantissima è, invece, quella che passa tra spessore e massa areica. Secondo le normative il bitume ha un peso specifico che varia da 1,1 a 1,5 Kg/dmc. Secondo le schede tecniche dell’ENI, il loro bitume industriale ha una densità che varia da 1,00 a 1,07. Insomma, possiamo dire che il bitume per le guaine viaggia da 1kg a 1,5kg/mq di peso. Se consideriamo che la nostra guaina ha lo spessore di 4mm vediamo che solo di bitume peserà da 4 a 6kg/mq. A questo punto dobbiamo aggiungere polimeri, armatura, filler che vanno a sostituire una parte della massa bituminosa (circa dal 10 al 30%) sapendo, poi, che i polimeri sono più leggeri del bitume o di uguale peso, mentre il filler ha un peso specifico maggiore a questo punto possiamo trarre conclusioni.

Se il la massa areica della guaina è molto vicina allo spessore in mm (4mm con un peso che va da 4 a 4,5 kg) allora avremo una guaina poco caricata (con poco filler) con un bitume distillato molto puro, mentre se una guaina ha una disparità notevole (4mm con massa areica oltre i 4,8kg/mq) cominciamo ad avere guaine di più scarsa qualità.

Abbiamo un altro parametro da guardare per valutare il reale valore di una guaina, utilizzando solo questi parametri: la goffratura. Questa viene utilizzata dai produttori di guaine per una maggior distribuzione della fiamma nello spessore della parte da fondere della membrana. E’ anche vero, però, che spesso viene utilizzata per migliorare i pesi del materiale togliendo vere e proprie quantità di materiale dalla guaina! per questo la norma alla Goffratura, affianca la Strutturazione pronunciata della superficie, dimenticando, però, di obbligare il produttore a segnalare la distinzione tra i due! Quindi, se vedete una goffratura particolarmente pronunciata sappiate che è stata fatta per far costare meno la guaina e allo stesso tempo poter aggiungere una maggior carica di filler per compensare i pesi.

Cosa diversa, invece, è il discorso delle guaine leggere. Oggi tutti i produttori hanno a listino le guaine leggere che sono membrane bituminose normali addittivate con polimeri e filler più leggeri del bitume. Se le guaine vengono fatte con i sacri crismi, abbiamo degli ottimi risultati, ma spesso i produttori hanno utilizzato alcuni stratagemmi per alleggerire le guaine: utilizzare al meglio le tolleranze sugli spessore (4mm con tolleranza del 20% che corrisponde a 3,2mm), forti goffrature e lunghezza dei rotoli ridotta a 7,5m. Quindi: leggete bene la scheda tecnica, confrontatela con il campione di membrana ed allora potete capire se la guaina che vi stanno proponendo è di buona qualità o no. Ah. Una guaina di buona qualità non costa poco! Anzi, possiamo dire che il prezzo, spesso è determinante per capire che cosa compriamo!

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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose – Determinazione della lunghezza, larghezza e rettilineità – UNI EN 1848-1:2002

Altro argomento che ci sembra scontato: le dimensioni di una guaina.

In scheda tecnica troviamo i parametri che snobbiamo perchè li diamo sempre per scontati, tranne quando un rotolo finisce prima dell’altro, allora gridiamo alla truffa, al raggiro, ma non teniamo conto che sempre in scheda tecnica vengono precisate delle tolleranze.

A questo punto penso sia opportuno sapere cosa dice la norma e come vengono fatti i test relativi.

Innanzitutto la 1848-1:2002 ci spiega di cosa parliamo con le definizioni:

  1. Lunghezza: Dimensione della membrana misurata nel senso della produzione
  2. Larghezza: Dimensione della membrana misurata perpendicolarmente al senso di produzione
  3. Rettilineità: Assenza di qualsiasi deviazione del bordo longitudinale della membrana da una linea retta

Le misurazioni vengono effettuate in questo modo:

  1. Lunghezza: si prendono le misure della lunghezza del rotolo in due punti precisi, ad un terzo e a due terzi della larghezza del rotolo e si fanno le misure che vengono effettuate con una possibile tolleranza di 10mm
  2. Larghezza: Si prendi la misura ad un metro prima della fine del rotolo e si ha una tolleranza di 10mm
  3. Rettilineità: Si prendono due punti a 100mm da uno dei bordi longitudinali, si fa un segno con un filo tracciante e si mette il rotolo in relazione con una riga perfettamente retta e si confronta l’andamento del rotolo. Si può avere una tolleranza di 5mm. In caso i rotoli siano più lunghi di 10 metri questa misurazione andrà ripetuta ogni 10 metro.

Da quello che si può vedere già nelle misurazioni esistono delle tolleranze; non è possibile avere una misurazione perfetta, perchè il rotolo potrebbe avere qualche movimento! a questo punto la norma ci dice quanto possono essere accettabili questi movimenti. Ma se per la larghezza la tolleranza di 1mm è assolutamente invisibile, per la lunghezza 1 cm comincia a farsi vedere! altrettanto dicasi per la rettilineità.

Quindi: se trovate un rotolo più lungo o più corto dell’altro prima di inveire su chi ha fabbricato il materiale verificate che la differenza sia oltre le tolleranze scritte in norma e a quelle scritte in scheda tecnica! Non solo: quando comprate una guaina controllate molto attentamente queste tolleranze! potrebbero nascondersi delle insidie particolare. Se, paradossalmente, vi fosse scritto che la tolleranza sulla lunghezza è del 10% vorrebbe dire che è un metro più corto il rotolo! ma voi lo paghereste come normale!

Tornando alla norma, come avete notato le misurazioni vengono fatte all’interno del rotolo! questo perchè sui bordi potrebbe avere delle piccole discrepanze dovute alla produzione stessa; questo ci dice anche che non possiamo criticare il prodotto se nei bordi non è perfetto, ma possiamo valutare come l’azienda produttrice cerca di venderci un prodotto il più vicino alla perfezione possibile e di come sia attenta alla qualità finale del prodotto anche dal punto di vista estetico! Riassumendo: non sempre il prezzo è il parametro migliore per valutare un prodotto, ma anche i dati che spesso diamo per scontati.

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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose – i difetti visibili – UNI EN 1850-1

Una delle parti che non si guarda mai, in una scheda tecnica, è quella dei difetti visibili! Probabilmente viene poco guardata perchè si da per certo il fatto che il materiale che compriamo sia privo di difetti! Ovvio, altrimenti entreremmo in argomenti da codice civile detti “difetto da prodotto”; ma sapere come vengono determinati questi difetti e, quindi, sapere cosa riguardano o cosa non riguardano è importantissimo.

In primo luogo la norma definisce i difetti visibili quelli che potrebbero “influenzare il comportamento delle membrane bituminose”; importante vedere che in parte contraddice il titolo stesso della norma, o meglio, lo precisa: non si parla di tutti i difetti che possono vedersi, ma solo quelli che pregiudicano il suo comportamento in opera!

Le definizioni sono le seguenti:

  1. BOLLA: “Innalzamento della superficie, di contorno e dimensione non regolare, con una cavità all’interno di essa”
  2. ROTTURA: “Fessura per penetra la superficie esterna del materiale o il suo intero spessore. Il materiale bituminoso risulta completamente separato tra le pareti della fessura”
  3. BUCO: “Apertura attraverso la membrana che permette il passaggio dell’acqua.”
  4. PUNTI SCOPERTI: “Area priva di protezione minerale superiore a 100 mmq”

Come si può notare vi sono definizioni ben precise sui difetti. Come si nota mancano i grumi e le bugne in quanto sono difetti puramente estetici ma che non pregiudicano il materiale, come manca la DELAMINAZIONE: a questo punto penso che sia il caso di suggerire al comitato scientifico di inserirla in quanto sempre più, cambiando i polimeri o facendo mescole sempre più stravaganti, si trovano difetti da delaminazione.

Come si esegue la prova: si apre il rotolo ad una temperatura di 23° C e lo si visiona su entrambe le facce. Quindi il test è di tipo visivo! ovviamente non esistono macchine che possono controllare se un rotolo di guaina è integro, basta l’occhio vigile del certificatore. Ma attenzione, perchè tale test, che può sembrare innocuo e senza grosse pretese, come tutti gli altri test fa parte di un sistema che può, quindi, essere utilizzato come prova di un eventuale difetto da prodotto e, quindi, risarcimento del danno!

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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose – la flessibilità a freddo – UNI EN 1109

Uno dei caratteri principali con cui si scelgono le guaine bituminose è la flessibilità a freddo!

Stabiliamo subito che la flessibilità a freddo non è la temperatura d’esercizio della guaina o a cui si può posare una guaina! Quella è scritta in scheda tecnica sulle note relative alla posa! Per le guaine bituminose non è mai sotto i +5°, ma è consigliabile avere temperature superiori ai +10°. Per le guaine sintetiche valgono le stesse regole anche se non serve la fiamma per posarle; il punto è che il phon ad aria calda deve poter scaldare il materiale e che questa temperatura sia costante durante la lavorazione di saldatura dei teli. Se la temperatura ambientale o del supporto fosse troppo bassa il phon non riuscirebbe a mantenere la temperatura di fusione dei materiali. Questo non vuol dire che non ci si possa provare, ma lo fareste a vostro rischio e pericolo!

Torniamo alla nostra caratteristica: la flessibilità a freddo. E’ normata dalla UNI EN 1109:2013 che la definisce come “la capacità di un provino di MBP di essere piegato sotto specifici condizioni senza rompersi. Di seguito viene definita la Temperatura di Flessibilità a Freddo come la“temperatura minima alla quale un provino di MBP può essere piegato intorno ad uno specifico mandrino senza rompersi; ultima definizione è la Rottura: “Fessura nella massa impermeabilizzante della MBP estesa fino all’armatura o che attraversa totalmente le membrane non armate”.

Specifichiamo un’altra cosa che non è descritta nella norma: la massa impermeabilizzante è quella che è attaccata (nei monostrati) alla soletta, ossia la parte bassa della guaina fino all’armatura; la parte superiore della guaina è uno strato di protezione.

Stabilite le definizioni, la norma ci descrive come viene eseguito il test: il provino di guaina viene immerso in una soluzione refrigerante e portato lentamente alla temperatura desiderata (da +20 a -40), arrivati alla temperatura il provino viene piegato lentamente (360mm/min) fino a portarlo fuori dalla soluzione refrigerante. Per definire la temperatura di flessibilità a freddo vengono eseguite 5 prove, se 4 su 5 sono positive, ossia il provino non si rompe, allora quella prova è superata! Quando la prova non viene superata allora si prende la temperatura precedente e quella sarà il valore di quella specifica guaina.

Ma a cosa serve avere questo valore? Effettivamente non ha una praticità di immediata rilevazione, anzi… vista così sembra non servire assolutamente a nulla, se non fosse che ci da indicazioni particolari che possono segnalare la tipologia del polimero utilizzato, la quantità di polimero e di filler utilizzato. Infatti più la temperatura è bassa più si può definire di qualità una guaina bituminosa.

Facciamo alcune distinzioni: le guaine bituminose, abbiamo visto nell’articolo precedente, si dividono in plastomeriche (tipo APP) ed in elastomeriche (tipo SBS o TPO). Le guaine plastomeriche, normalmente, hanno un range di temperatura di flessibilità a freddo che varia da 0° a -20° mentre le elastomeriche tra -10° e -30°. quindi se vogliamo un prodotto qualitativo sappiamo che un -15 APP o un -20 SBS sono dei valori medi che ci garantiscono un buon risultato, una buona risposta alla fiamma ed una buona adesione. Non ci garantiscono un ottimo risultato, quello dipende da chi lo posa!

Se dovessi guardare questo valore dalla parte di chi progetta o di chi compra il lavoro direi che è importante avere temperature di flessibilità a freddo piuttosto basse per potermi garantire un lavoro sicuramente duraturo; infatti maggiore è il contenuto di polimeri migliore è la durata della guaina.

Per quanto riguarda la progettazione utilizzerei sempre delle guaine con grande quantità di massa impermeabilizzante (quella sotto l’armatura) con una flessibilità a freddo intorno ai -20° per le coperture a vista (in APP) e dai -20° ai -30° per le fondazioni (SBS).

Quindi perchè troviamo delle guaine che sembra non essere di grande qualità sul mercato? La risposta è semplicissima: prima di tutto mantenere un prezzo di vendita remunerativo senza aggredire il cliente, battere la concorrenza con il prezzo (tanto la guaina bituminosa è impermeabile sempre anche se di bassa qualità), poter accedere a quelle quote di mercato che non sono in mano ai professionisti. Tra questi ultimi casi ci sono i magazzini di rivendita al dettaglio (Leroy Merlin, Brico, Castorama etc.) che propongono guaine bituminose di bassissima qualità. Potrebbe sembrare una mezza truffa, ma in fondo è una sorta di protezione del cliente; più è alta la qualità delle membrane maggiore deve essere la capacità del posatore in quanto molto più delicate e con punti di rammollimente più bassi. Quindi, come progettisti pretendete sempre di utilizzare membrane di alta gamma, come posatori utilizzate i produttori per migliorare sempre più le vostre conoscenze anche con corsi, come clienti pretendete di vedere le schede tecniche dei materiali che vi vengono proposti in modo da capire se il materiale è giusto e se il posatore è capace o no! Attenzione a non limitarvi a valutare un solo dato! Ce ne sono tanti altri che vedremo nei prossimi articoli e andranno visti nel loro insieme.

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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose

Comincio, con questo articolo, ad analizzare il mondo dei dati delle schede tecniche. In alcuni momenti saranno abbastanza monotoni ed incomprensibili; cercherò di dare il meglio di me per renderli fruibili a chiunque.
La serie di articoli si rivolge sia ai progettisti, sia agli impermeabilizzatori, sia ai clienti finali che potrebbero trovare spunti interessanti per poter valutare come e se le operazioni vengono eseguite bene e se i preventivi sono completi o no.

Cominciamo a parlare di impermeabilizzazioni con le sempiterne GUAINE BITUMINOSE, tanto bistrattate e malsfruttate ma sempre e comunque il miglior rapporto qualità-prezzo in campo di impermeabilizzazioni!

Non analizzerò il singolo prodotto o la destinazione d’uso, per ora, ma i dati derivanti dalle normative UNI EN … quelle che non si sa dove trovare!

Partiamo, quindi, con la norma UNI EN 13707:2013 – Membrane bituminose armate – Definizioni.

Innanzitutto la norma segnala che i dati, salvo diversa indicazione, sono gestiti dalle aziende produttrici, che hanno l’obbligo di fare costanti analisi sui materiali prodotti, ma anche di dare valori limite! Tali valori sono identificati con le sigle MLV (valore limite dato dal fabbricante, può essere minimo o massimo) e MDV (valore dichiarato dal fabbricante).

La norma chiarisce anche le definizioni di membrane bituminose dividendole in membrane fatte con bitume Elastomerico (ossia con l’aggiunte di sostanze termoplastiche) e con bitume Plastomerico (ossia con l’aggiunta di sostanze poliolefiniche o di copolimeri poliolefinici); non si parla di elastoplastomerico!!!! questa è una definizione puramente commerciale che non deve mai trarre in inganno!

La norma ci segnala anche quali siano le prove interne che devono essere fatte ed inserite in scheda tecnica; le sintetizzerò in una scheda che sarà traccia ed indice degli articoli successivi.

Prova sottostrato o strato intermedio strato superiore monostrato tetto giardino o con copertura pesante Norma di riferimento
Difetti visibili X X X X 1850
Dimensioni X X X X 1848 1849
Impermeabilità X X X X 1928
Prestazioni al fuoco esterno X X X   ENV 1187
Reazione al fuoco X X X X 13501
Impermeabilità dopo allungamento     X   13897
Resistenza alla pelatura     X   12316
Resistenza al taglio     X X 12317
Permeabilità al vapore acqueo         1931
Proprietà a trazione X X X X 12311
Resistenza all’urto     X X 12691
Resistenza al carico statico     X X 12730
Resistenza alla lacerazione X X X X 12310
Resistenza alla penetrazione delle radici       X 13948
Stabilità dimensionale   X X X 1107
Stabilità di forma in condizioni di variazioni cicliche di temperatura   X X   1108
Flessibilità a bassa temperatura X X X X 1109
Scorrimento a caldo X X X X 1110
Comportamento all’invecchiamento artificiale   X X   1296 1297
Adesione dei granuli   X X   12039

 

Altra caratteristica che può trovarsi nelle schede tecniche o è allegata come rapporto di prova è il valore di estrazione al vento! Molto importante in ogni zona geografica in quanto ci dice come si comporterà il manto bituminoso in caso di ventosità. La norma di riferimento è la 16002.

Queste sono le premesse, con i prossimi articoli passeremo ad analizzare le singole voci e capiremo come poterle utilizzare nella progettazione e nella realizzazione delle coperture.

Da leggere sullo stesso argomento:

Destinazione d’uso e marcatura CE delle membrana bituminose
La flessibilità a freddo
I difetti visibili
Determinazione della lunghezza, larghezza e rettilineità
Spessore e Massa areica
Determinazione della tenuta all’acqua
Reazione al fuoco
UNI EN 13707 – Membrane flessibili per impermeabilizzazione

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garanzie sulle impermeabilizzazioni

Il 7 Febbraio scorso, con pubblicazione dell’11 Giugno, la Corte di Cassazione ha deciso in tema di garanzie e risarcimento del danno per quanto riguarda le costruzioni.

Come sempre accade è difficile far sì che le imprese edili garantiscano ciò che fanno! La cosa ancora peggiore è che spesso, anche a torto, fanno come se le garanzie non esistessero!

Solitamente le imprese rispondono immediatamente per tutti i danni che riguardano la parte strutturale, anche perchè rischiano grosso e, detto tra di noi, hanno la competenza per capire se il danno esiste o meno.

Differente è quando si parla di impermeabilizzazioni! In questo caso le imprese fanno prima finta di sistemare le cose, poi le orecchie da mercante… o meglio, non hanno la più pallida idea di come fare per sistemare il danno causato.

Ma causato da chi? spesso proprio dall’imperizia delle imprese che invece di prendere professionisti delle impermeabilizzazioni vanno a reperire sul mercato il prezzo più basso senza capire se chi opererà è in grado di farlo o no!

Beh… la Cassazione ha deciso di dare uno stop a questo modo di pensare e di agire sentenziando che

L’incidenza negativa dei difetti costruttivi inclusi nell’art. 1669 c.c. può consistere, in particolare, in qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, purt non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determiandone la “rovina” od il “pericolo di rovina”), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinana (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l’impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo (così, Cass. n. 11740/03, pronunciata in un caso di defettosa impermeabilizzazione del manto di copertura dell’edificio con relativi problemi di infiltrazione

Ma la Cassazione si spinge ancora oltre dicendo che

l’interpretazione di detta norma si è spinta fino a considerare rientranti nella nozione di gravi difetti anche le infiltrazioni d’acqua determinate da carenze d’impermeabilizzazione (Cass. nn. 11740/03,117/00 e 2260/98) e da inidonea realizzazione degli infissi (Cass. nn. 8140/04 e 1164/95), difetti che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi di manutenzione ordinaria indicati dalla lettera a dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457 e cioè con “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici” o con “opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti” (così, Cass. n. 1164/95).

In soldoni la Cassazione ci sta dicendo che la garanzia di chi esegue il lavoro va al di là delle polizze, e che deve essere totale per i lavori fatti! Il cliente ha la possibilità di ricorrere all’autorità giudiziaria per far sistemare gli interventi eseguiti male o non funzionanti.

Sperando che si faccia tesoro di questa sentenza migliorando la qualità del lavoro eseguito e migliorando le conoscenze tecniche degli operatori, senza continuare a guardare solo ed esclusivamente il prezzo, vi auguro di soddisfare tutti i vostri clienti e, per i clienti, di trovare imprese che possano soddisfarvi.

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Come realizzare un bocchettone di scarico

Uno dei punti più delicati da realizzare è il bocchettone di scarico, detto anche messicano. A seconda del tipo di impermeabilizzazione che si intende utilizzare il bocchettone di scarico dovrà essere realizzato in modo diverso; partiamo dal più comune: il bocchettone di scarico per impermeabilizzazioni bituminose:

bocchettoneCome potete vedere il bocchettone deve essere incapsulato in modo tale da non avere possibilità di perdita in caso di reflusso.

La procedura di posa è la seguente:

  • Si applica un fazzoletto di guaina bituminosa che sia di una decina di centimetri per lato più grande del bocchettone
  • Si posiziona il bocchettone (a seconda di come è fatto può essere scaldato, incollato o lasciato libero)
  • Si posiziona lo strato a tenuta, ossia l’impermeabilizzazione che andremo a fare su tutta la superficie da trattare; che sia monostrato o doppio strato non importa in quanto la procedura non cambia.

bocchettone_coibentatoPer quanto riguarda il bocchettone posizionato in copertura coibentata, è necessario porre l’accento proprio per il caso di reflusso che può esserci in caso di cattiva manutenzione o di casi di congelamento dello scarico.

  • Si procede con il posizionamento del fazzoletto di guaina da posizionarsi sopra il supporto;
  • Si posiziona il bocchettone sopra il fazzoletto (fin qui le stesse regole del bocchettone senza coibentazione);
  • Posizionamento della barriera o del freno al vapore; si consiglia l’utilizzo di una guaina termoadesiva o biadesiva in modo tale che possa aderire al meglio sia al bocchettone, sia al coibente;
  • Posizionamento del coibente scelto;
  • Posizionamento dello strato di guaina termoadesiva o, nel caso di utilizzo di una guaina adesiva, di un fazzoletto di guaina adesiva più grande di circa 10 cm rispetto al bocchettone;
  • Posizionamento di un bocchettone che vada ad infilarsi dentro quello posizionato sul supporto! attenzione: negli ultimi tempi si utilizzano coibenti molto spessi e i bocchettoni hanno, solitamente, una lunghezza di 15cm; proprio per questo è bene far attenzione e chiedere bocchettoni con la parte tubolare di lunghezza superiore in modo che non vi possa essere sversamento casuale all’interno dello strato di coibentazione.

bocchettone_sintetico

Il bocchettone di scarico eseguito con guaine sintetiche cambia in quanto la tipologia è non solo diversa, ma anche perchè i bocchettoni di scarico sono fatti esattamente dello stesso materiale del telo impermeabilizzante.

  • Si posiziona il bocchettone di scarico direttamente sul supporto;
  • Si stende il telo sintetico (PVC, TPO, EPDM), si fissa secondo i canoni tipici del tipo di telo (Pistola ad aria calda o chimicamente);
  • Si procede con il fissaggio meccanico del sistema bocchettone/telo come se si procedesse al fissaggio meccanico al piede del muro in elevazione.

Per quanto riguarda il bocchettone di scarico fatto con resine o con malte cementizie, si procede come per il bocchettone in guaina non coibentato, facendo attenzione a sostituire la guaina bituminosa con la resina o la malta cementizia; in particolare è necessario porre l’accento sulle malte cementizie: essendo i bocchettoni di scarico in materiale termoplastico (solitamente) bisognerà usare l’attenzione di inserire il tessuto di armatura anche al di sopra del bocchettone in modo tale da creare un collegamento con l’impermeabilizzazione principale ed evitare che questa possa creare fessurazioni.

Una nota particolare deve essere fatta per i bocchettoni di scarico in rame o lamiera: sono resistentissimi, ma hanno la particolarità di essere delle lame pronte a tagliare lo strato a tenuta! Assolutamente sconsigliato con le malte cementizie, il bocchettone in rame o lamiera può essere usato tranquillamente a patto che si proceda all’uso di alcuni accorgimenti: arrotondare gli angoli in modo che non vi siano spigoli taglienti; procedere con delle sigillatura preventive con mastice bituminoso (nel caso di guaine bituminose) o mastice EPDM (nel caso di sintetici) che coprano completamente i bordi taglienti del bocchettone. Facendo così si crea uno strato gommoso e perennemente plastico che proteggerà lo strato a tenuta; nel caso di impermeabilizzazione con resine si richiede l’uso di idonea armatura con caratteristiche di plasticità e antipunzonamento; assolutamente non usare fibre di vetro! queste, altamente stabili, si romperebbero e non avrebbero alcuna utilità!

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I tessuti non tessuti

Quante volte ci siamo trovati a guardare un capitolato dove vi è scritto: “TNT da 200 gr”. Ma di cosa si tratta? A cosa serve? E’ corretta la dicitura? Come possiamo prenderci la responsabilità di montare ciò che non conosciamo?… beh quest’ultima domanda di solito me la faccio solo io…… ma penso che i miei dubbi e le risposte che ho trovato possano servire a tanti per capire un mondo sconosciuto (tranne per i pochi addetti ai lavori) che siamo costretti ad utilizzare.

Grazie all’incontro avuto con l’ing. Bianchini ho scoperto, innanzitutto, a cosa servono i TNT: per prima cosa sono dei separatori tra strati! Il loro maggior uso è nel mondo agricolo e stradale, ma hanno anche uno scopo di antipunzonamento e protezione.

In base al loro utilizzo dobbiamo renderci conto che dobbiamo andare a ricercare alcune caratteristiche che sono peculiari e fondamentali per la realizzazione del lavoro.

Separazione: ha lo scopo di separare due strati di materiali facendo sì che l’acqua penetri attraverso la stratigrafia senza portarsi dietro i materiali di ogni singolo strato; in questo caso dobbiamo cercare la permeabilità verticale, ossia la possibilità di far passare l’acqua verso il basso e l’ Apertura dei pori, ossia quale diametro di materiale riesce a trattenere. Nel primo caso la scelta è facile: più è leggero il TNT più acqua passa e in scheda tecnica dobbiamo cercare il materiale con il valore più alto, nel secondo caso dobbiamo sceglierlo in base a ciò che dobbiamo trattenere e più piccolo è il valore migliore è il sistema di filtraggio! Ovviamente la scelta deve ricadere nel prodotto che mi assolve meglio il problema principale o il miglior compromesso tra il primo e il secondo dato! Notare che scrivere 200g non ha scopo in questo caso! Quindi è sbagliato!

Antipunzonamento: In questo caso abbiamo un TNT che ha lo scopo di proteggere ciò che abbiamo messo sotto di esso da un’azione puntuale; esempio tipico è il TNT utilizzato come antiradice. In questo caso abbiamo un dato che troviamo in scheda tecnica da utilizzare: la Resistenza al punzonamento. Questo valore ci dice quanti chili riesce a resistere il materiale prima che il punzone passi! il punzone che spesso troviamo sono le radici delle piante! Attenzione: le radici hanno la cattiva abitudine di non spingere solo verticalmente, ma di arrendersi quando la resistenza è troppa e cercare un punto debole! Dobbiamo allora ricordarci di saldare il TNT in sormonta per evitare che ciò avvenga. In questo specifico settore abbiamo anche una importante caratteristica che il TNT ha e crea nel tempo di esercizio: facendo passare l’acqua attraverso le sue fibre, ma trattenendo il terriccio al di sopra crea uno strato, detto “Cake“, che funge da filtro, trattenendo ciò che deve rimanere nello strato superiore! Ecco il motivo per cui è necessario che la stratigrafia di filtraggio e coltura dei giardini pensili sia studiata con i materiali opportuni.

Protezione: Questo è il campo in cui i TNT  vengono usati a totale protezione della stratigrafia sottostante, spesso e volentieri un sistema impermeabile come una guaina sintetica o bituminosa. Lo troviamo nel caso di tetto zavorrato, di tetto rovescio, di copertura pesante. Nel tetto zavorrato e nella copertura pesante, spesso, il TNT ha la funzione di proteggere l’impermeabilità della struttura. Quale dato dovremmo considerare allora? Sicuramente non ci interessa la permeabilità verticale, sicuramente non ci interessa l’apertura dei pori e neanche la resistenza al punzonamento (prima di gridare allo scandalo continuate a leggere), ma ci interessa l’Efficienza protettiva. Si tratta di un test che dimostra come quel dato TNT sia in grado di proteggere lo strato sottostante dalle deformazioni dovute alla pressione dello strato sovrastante! In soldoni: se sopra una guaina bituminosa metto un massetto che spinge con un suo peso, dobbiamo impedire che questo deformi la guaina fino a romperla; così come se usiamo una guaina in un tetto zavorrato con ghiaia, dobbiamo scegliere un TNT che impedisca alla ghiaia di rompere la guaina sottostante. Nei sistemi sintetici abbiamo anche l’utilizzo di un TNT che funge da strato di scorrimento sotto il telo impermeabilizzante: in questo caso non abbiamo necessità di altro dato che lo spessore! questo serve solo ad impedire che la guaina venga deformata o rotta da eventuali ostacoli posti nel piano di posa.

I TNT vengono utilizzati come strato drenante anche nelle massicciate dei canali, dove vengono, spesso, ricoperti gli argini da sassi. In questo caso ci interessa utilizzare un dato particolare: il Test a caduta: possiamo così sapere come si deformerà il TNT dopo avergli scaricato dall’alto i sassi di copertura.

Non dimentichiamo mai  che le schede tecniche devono essere complete e dichiarare con quale materiale è fatto il TNT (PP, PE, a fiocco, in filo continuo, etc.) e che in base a questo sappiamo anche quanto durerà nel tempo integro e funzionante.

In ogni caso dobbiamo ricordare che i TNT vengono utilizzati per uno scopo e ne abbiamo di tante forme, colori e materiali, ma sempre hanno bisogno di avere un dato che li accomuna e che ci dice quali sono i suoi valori importanti. Quindi quando vi diranno che dovrete usare un TNT da 200g ricordate al progettista che si deve informare bene su cosa vuole, perchè detto così non ha detto proprio nulla.

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La manutenzione delle coperture

L’autunno è arrivato e, come tutti gli anni, arriva la pioggia! avrete visto torrenti che straripano, fiumi che innondano le campagne o che devastano città!

Certo su questo si può fare poco… e quel poco non viene neanche fatto, ma più importante è cosa possiamo fare noi, quotidianamente, per far si che il nostro tetto non perda acqua da dove non deve!

La cosa più importante da fare, soprattutto in questa stagione, è la manutenzione della copertura!

Sembra strano, ma, se ci pensiamo bene non è così: siamo abituati a fare il tagliando alla macchina ma non vogliamo spendere due minuti per controllare se gli scarichi della nostra terrazza sono intasati; siamo abituati a spendere soldi per far sfalciare l’erba davanti al nostro capannone, ma non vogliamo spendere soldi per controllare se l’impermeabilizzazione del tetto del capannone tiene o no!

A livello visivo il controllo di una copertura può farlo chiunque, anche il proprietario stesso e le operazioni più semplici di manutenzione, pulizia degli scarichi e rimozione di tutto ciò che si trova sulla copertura ma non dovrebbe esserci, risparmiando denaro; meno facile è capire se il manto è perfetto o vanno fatte opere di manutenzione ordinaria o straordinaria: in questo caso è necessario chiamare un professionista, meglio chi ha eseguito la copertura in quanto la deve garantire, che faccia i controlli sui sormonti, su eventuali danneggiamenti dovuti a manutenzione di impianti o passaggio di animali (non sembra, ma le gazze amano i tetti dei capannoni e ci depositano vetri di tutti i tipi per attirare le femmine).

Per poter tenere conto di ciò che è stato fatto e potersi avvalere di tutte le garanzie in caso di perdite, è necessario redigere un verbale di manutenzione o compilare un libretto di manutenzione che gli applicatori professionisti dovrebbero rilasciare! La documentazione su ciò che è stato fatto e i controlli eseguiti sono come i timbri sul libretto di manutenzione della macchina, vi permettono di usufruire delle garanzie di legge.

Un’ultima cosa: quante volte è necessario fare questa manutenzione? la parte che si può fare da soli almeno tre/quattro volte l’anno; quella ove è richiesto un professionista si può fare una sola volta l’anno nel periodo autunnale, prima che il freddo impedisca eventuali lavorazioni da eseguire.