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La barriera al vapore

Vista la brutta stagione, come tutti, sto facendo una valanga di preventivi (speriamo ne vadano in porto il più possibile) e mi imbatto sempre di più in una casistica di guaine bituminose che si usano sempre meno: la barriera al vapore!

La barriera al vapore ha il compito di non far passare il vapore acqueo attraverso la struttura del tetto fermandolo e lasciandolo allo stato gassoso (se il coibente è stato ben calibrato).

Spesso mi sento dire che basta una guaina normalissima o un telo traspirante, in fondo perchè spendere tanti soldi per una guaina che ha un foglio di alluminio al suo interno?

Bene la risposta dovrebbe darla in automatico il termotecnico (oggi sempre più importante nella scelta dei materiali): per preservare il coibente nel tempo evitando che il vapore acqueo si condensi al suo interno rovinando il pannello termico.

Nonostante ciò molti termotecnici neanche sanno che esiste la barriera al vapore o com’è fatta; per questo faccio un piccolo elenco di materiali che normalmente vengono chiamati, spesso impropiamente, barriera al vapore:

Barriera al vapore: guaina bituminosa con un foglio di alluminio al suo interno accoppiato all’armatura (spesso velo vetro); potrebbe non avere l’alluminio ma comunque deve avere un “mu” (scusate ma non trovo la lettera greca sulla tastiera) di almeno 90.000; chiaramente più questo valore è alto meglio è il prodotto!

Freno vapore: tutti quei materiali bituminosi o sintetici che hanno un “mu” inferiore a 90.000;

Traspirante: esattamente il contrario della barriera al vapore; in questo caso il “mu” è bassissimo e il suo compito è proprio quello di far passare il vapore acqueo; si usa spesso nelle strutture in legno.

Dato per certo che la barriera al vapore è indispensabile quando posizioniamo un coibente nasce una diattriba sull’utilizzo del materiale con le fibre naturali: personalmente penso che non sia il caso di usare un prodotto bituminoso, semplicemente perchè è difficilmente accoppiabile con le fibre naturali, ma un prodotto similare sintetico lo metterei sicuramente proprio per evitare che le fibre, di cui è composto il coibente, si possano impregnare d’acqua nel tempo e, quindi, degradarsi non funzionando più!

Tra i materiali attualmente sostitutivi la barriera al vapore bituminosa ci sono dei teli sintetici in Polietilene, in PVC e i coibenti radianti ( o riflettenti) in quanto sono rivestiti d’alluminio.

Spero di aver fatto un po’ di chiarezza sull’argomento, nel quale ci sarebbe da discutere per un giorno intero; nel caso abbia fatto più confusione postate che cercherò di rimediare! Se avete, invece, da aggiungere fate tranquillamente! siamo quì per discutere dell’argomento!

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Impermeabilizzazioni

La barriera chimica

E’ vero che la pagina si chiama “impermeabilizzazioni” e che la barriera chimica non lo è…. o meglio possiamo dire che è un’impermeabilizzazione impropria!

La barriera chimica è quel procedimento per il quale si blocca la risalita di acqua capillare dai muri di una struttura (spesso in laterizio) che non hanno avuto alcun tipo di taglio meccanico in fase di costruzione (tagliamuro).

L’antagonista principale della barriera chimica è il taglio meccanico: si esegue, con particolari apparecchiature, il taglio del muro e vi si inserisce un tagliamuro. Secondo alcune interpretazioni il taglio meccanico sarebbe proibito in quanto destabilizza una struttura non consentendole più di resistere a scosse telluriche (lasciamo ad altri la dialettica sulla dottrina della norma in questione).

La barriera chimica, a differenza dell’altro sistema, non taglia fisicamente un muro, ma, con vari sistemi, “taglia” chimicamente la struttura impedendo all’acqua di risalita di bagnare il muro.

L’acqua risale su un muro (laterizio soprattutto) per capillarità e crea grossi problemi di salubrità dell’immobile, fino a grossi danni di stabilità dello stesso in quanto bagnando alcuni sali di alluminio presenti nei leganti e nei vecchi (o antichi) laterizi li fanno crescere fino a circa 1000 volte il loro volume; fin quando questo avviene al centro del muro, nulla questio, ma quando questo avviene nella parte esterna, le tensioni create tendono a sgretolare la superficie fino a farla esplodere e cadere (il classico distaccamento dell’intonaco, o la polvere rossastra frutto della disgregazione del laterizio).

Per bloccare questo processo, quando esso è particolarmente grave, si usa iniettare resine silano/silossano all’interno del muro; queste resine tenderanno a “vetrificare” (passatemi il termine) i capillari e impediranno all’acqua la risalita.

A grandi linee si possono avere due tipi di barriera chimica: a pressione e a caduta.

La B.C. a pressione si applica facendo alcuni fori di piccolo diametro alla base del muro e con una pompa si inietta la resina; la B.C. a caduta, invece, sfrutta la forza di gravità per penetrare nel muro (spesso attraverso l’utilizzo di sacchetti o vasi) e l’osmosi per arrivare a coprire tutti i capillari.

Il sistema è più che collaudato e può essere usato anche per “impermeabilizzare” particolari muri controterra, ove non si può intervenire dall’esterno, non si possono usare impermeabilizzanti cementizi, nè resinosi dall’interno (vedete zone abitate ove è necessario attaccare cose al muro): in questo caso si può effettuare una B.C. a reticolo (previa autorizzazione di un ingegnere strutturista) che impedirà la risalita dell’acqua attraverso il muro. Non si potrà mai impedire un’infiltrazione, ma, con l’aiuto di ottimi intonaci deumidificanti, si può rendere utilizzabile e vivibile il muro che altrimenti non avremmo potuto usare.