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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose – la flessibilità a freddo – UNI EN 1109

Uno dei caratteri principali con cui si scelgono le guaine bituminose è la flessibilità a freddo!

Stabiliamo subito che la flessibilità a freddo non è la temperatura d’esercizio della guaina o a cui si può posare una guaina! Quella è scritta in scheda tecnica sulle note relative alla posa! Per le guaine bituminose non è mai sotto i +5°, ma è consigliabile avere temperature superiori ai +10°. Per le guaine sintetiche valgono le stesse regole anche se non serve la fiamma per posarle; il punto è che il phon ad aria calda deve poter scaldare il materiale e che questa temperatura sia costante durante la lavorazione di saldatura dei teli. Se la temperatura ambientale o del supporto fosse troppo bassa il phon non riuscirebbe a mantenere la temperatura di fusione dei materiali. Questo non vuol dire che non ci si possa provare, ma lo fareste a vostro rischio e pericolo!

Torniamo alla nostra caratteristica: la flessibilità a freddo. E’ normata dalla UNI EN 1109:2013 che la definisce come “la capacità di un provino di MBP di essere piegato sotto specifici condizioni senza rompersi. Di seguito viene definita la Temperatura di Flessibilità a Freddo come la“temperatura minima alla quale un provino di MBP può essere piegato intorno ad uno specifico mandrino senza rompersi; ultima definizione è la Rottura: “Fessura nella massa impermeabilizzante della MBP estesa fino all’armatura o che attraversa totalmente le membrane non armate”.

Specifichiamo un’altra cosa che non è descritta nella norma: la massa impermeabilizzante è quella che è attaccata (nei monostrati) alla soletta, ossia la parte bassa della guaina fino all’armatura; la parte superiore della guaina è uno strato di protezione.

Stabilite le definizioni, la norma ci descrive come viene eseguito il test: il provino di guaina viene immerso in una soluzione refrigerante e portato lentamente alla temperatura desiderata (da +20 a -40), arrivati alla temperatura il provino viene piegato lentamente (360mm/min) fino a portarlo fuori dalla soluzione refrigerante. Per definire la temperatura di flessibilità a freddo vengono eseguite 5 prove, se 4 su 5 sono positive, ossia il provino non si rompe, allora quella prova è superata! Quando la prova non viene superata allora si prende la temperatura precedente e quella sarà il valore di quella specifica guaina.

Ma a cosa serve avere questo valore? Effettivamente non ha una praticità di immediata rilevazione, anzi… vista così sembra non servire assolutamente a nulla, se non fosse che ci da indicazioni particolari che possono segnalare la tipologia del polimero utilizzato, la quantità di polimero e di filler utilizzato. Infatti più la temperatura è bassa più si può definire di qualità una guaina bituminosa.

Facciamo alcune distinzioni: le guaine bituminose, abbiamo visto nell’articolo precedente, si dividono in plastomeriche (tipo APP) ed in elastomeriche (tipo SBS o TPO). Le guaine plastomeriche, normalmente, hanno un range di temperatura di flessibilità a freddo che varia da 0° a -20° mentre le elastomeriche tra -10° e -30°. quindi se vogliamo un prodotto qualitativo sappiamo che un -15 APP o un -20 SBS sono dei valori medi che ci garantiscono un buon risultato, una buona risposta alla fiamma ed una buona adesione. Non ci garantiscono un ottimo risultato, quello dipende da chi lo posa!

Se dovessi guardare questo valore dalla parte di chi progetta o di chi compra il lavoro direi che è importante avere temperature di flessibilità a freddo piuttosto basse per potermi garantire un lavoro sicuramente duraturo; infatti maggiore è il contenuto di polimeri migliore è la durata della guaina.

Per quanto riguarda la progettazione utilizzerei sempre delle guaine con grande quantità di massa impermeabilizzante (quella sotto l’armatura) con una flessibilità a freddo intorno ai -20° per le coperture a vista (in APP) e dai -20° ai -30° per le fondazioni (SBS).

Quindi perchè troviamo delle guaine che sembra non essere di grande qualità sul mercato? La risposta è semplicissima: prima di tutto mantenere un prezzo di vendita remunerativo senza aggredire il cliente, battere la concorrenza con il prezzo (tanto la guaina bituminosa è impermeabile sempre anche se di bassa qualità), poter accedere a quelle quote di mercato che non sono in mano ai professionisti. Tra questi ultimi casi ci sono i magazzini di rivendita al dettaglio (Leroy Merlin, Brico, Castorama etc.) che propongono guaine bituminose di bassissima qualità. Potrebbe sembrare una mezza truffa, ma in fondo è una sorta di protezione del cliente; più è alta la qualità delle membrane maggiore deve essere la capacità del posatore in quanto molto più delicate e con punti di rammollimente più bassi. Quindi, come progettisti pretendete sempre di utilizzare membrane di alta gamma, come posatori utilizzate i produttori per migliorare sempre più le vostre conoscenze anche con corsi, come clienti pretendete di vedere le schede tecniche dei materiali che vi vengono proposti in modo da capire se il materiale è giusto e se il posatore è capace o no! Attenzione a non limitarvi a valutare un solo dato! Ce ne sono tanti altri che vedremo nei prossimi articoli e andranno visti nel loro insieme.

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Come leggere la scheda tecnica delle membrane bituminose

Comincio, con questo articolo, ad analizzare il mondo dei dati delle schede tecniche. In alcuni momenti saranno abbastanza monotoni ed incomprensibili; cercherò di dare il meglio di me per renderli fruibili a chiunque.
La serie di articoli si rivolge sia ai progettisti, sia agli impermeabilizzatori, sia ai clienti finali che potrebbero trovare spunti interessanti per poter valutare come e se le operazioni vengono eseguite bene e se i preventivi sono completi o no.

Cominciamo a parlare di impermeabilizzazioni con le sempiterne GUAINE BITUMINOSE, tanto bistrattate e malsfruttate ma sempre e comunque il miglior rapporto qualità-prezzo in campo di impermeabilizzazioni!

Non analizzerò il singolo prodotto o la destinazione d’uso, per ora, ma i dati derivanti dalle normative UNI EN … quelle che non si sa dove trovare!

Partiamo, quindi, con la norma UNI EN 13707:2013 – Membrane bituminose armate – Definizioni.

Innanzitutto la norma segnala che i dati, salvo diversa indicazione, sono gestiti dalle aziende produttrici, che hanno l’obbligo di fare costanti analisi sui materiali prodotti, ma anche di dare valori limite! Tali valori sono identificati con le sigle MLV (valore limite dato dal fabbricante, può essere minimo o massimo) e MDV (valore dichiarato dal fabbricante).

La norma chiarisce anche le definizioni di membrane bituminose dividendole in membrane fatte con bitume Elastomerico (ossia con l’aggiunte di sostanze termoplastiche) e con bitume Plastomerico (ossia con l’aggiunta di sostanze poliolefiniche o di copolimeri poliolefinici); non si parla di elastoplastomerico!!!! questa è una definizione puramente commerciale che non deve mai trarre in inganno!

La norma ci segnala anche quali siano le prove interne che devono essere fatte ed inserite in scheda tecnica; le sintetizzerò in una scheda che sarà traccia ed indice degli articoli successivi.

Prova sottostrato o strato intermedio strato superiore monostrato tetto giardino o con copertura pesante Norma di riferimento
Difetti visibili X X X X 1850
Dimensioni X X X X 1848 1849
Impermeabilità X X X X 1928
Prestazioni al fuoco esterno X X X   ENV 1187
Reazione al fuoco X X X X 13501
Impermeabilità dopo allungamento     X   13897
Resistenza alla pelatura     X   12316
Resistenza al taglio     X X 12317
Permeabilità al vapore acqueo         1931
Proprietà a trazione X X X X 12311
Resistenza all’urto     X X 12691
Resistenza al carico statico     X X 12730
Resistenza alla lacerazione X X X X 12310
Resistenza alla penetrazione delle radici       X 13948
Stabilità dimensionale   X X X 1107
Stabilità di forma in condizioni di variazioni cicliche di temperatura   X X   1108
Flessibilità a bassa temperatura X X X X 1109
Scorrimento a caldo X X X X 1110
Comportamento all’invecchiamento artificiale   X X   1296 1297
Adesione dei granuli   X X   12039

 

Altra caratteristica che può trovarsi nelle schede tecniche o è allegata come rapporto di prova è il valore di estrazione al vento! Molto importante in ogni zona geografica in quanto ci dice come si comporterà il manto bituminoso in caso di ventosità. La norma di riferimento è la 16002.

Queste sono le premesse, con i prossimi articoli passeremo ad analizzare le singole voci e capiremo come poterle utilizzare nella progettazione e nella realizzazione delle coperture.

Da leggere sullo stesso argomento:

Destinazione d’uso e marcatura CE delle membrana bituminose
La flessibilità a freddo
I difetti visibili
Determinazione della lunghezza, larghezza e rettilineità
Spessore e Massa areica
Determinazione della tenuta all’acqua
Reazione al fuoco
UNI EN 13707 – Membrane flessibili per impermeabilizzazione

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garanzie sulle impermeabilizzazioni

Il 7 Febbraio scorso, con pubblicazione dell’11 Giugno, la Corte di Cassazione ha deciso in tema di garanzie e risarcimento del danno per quanto riguarda le costruzioni.

Come sempre accade è difficile far sì che le imprese edili garantiscano ciò che fanno! La cosa ancora peggiore è che spesso, anche a torto, fanno come se le garanzie non esistessero!

Solitamente le imprese rispondono immediatamente per tutti i danni che riguardano la parte strutturale, anche perchè rischiano grosso e, detto tra di noi, hanno la competenza per capire se il danno esiste o meno.

Differente è quando si parla di impermeabilizzazioni! In questo caso le imprese fanno prima finta di sistemare le cose, poi le orecchie da mercante… o meglio, non hanno la più pallida idea di come fare per sistemare il danno causato.

Ma causato da chi? spesso proprio dall’imperizia delle imprese che invece di prendere professionisti delle impermeabilizzazioni vanno a reperire sul mercato il prezzo più basso senza capire se chi opererà è in grado di farlo o no!

Beh… la Cassazione ha deciso di dare uno stop a questo modo di pensare e di agire sentenziando che

L’incidenza negativa dei difetti costruttivi inclusi nell’art. 1669 c.c. può consistere, in particolare, in qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, purt non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determiandone la “rovina” od il “pericolo di rovina”), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinana (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l’impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo (così, Cass. n. 11740/03, pronunciata in un caso di defettosa impermeabilizzazione del manto di copertura dell’edificio con relativi problemi di infiltrazione

Ma la Cassazione si spinge ancora oltre dicendo che

l’interpretazione di detta norma si è spinta fino a considerare rientranti nella nozione di gravi difetti anche le infiltrazioni d’acqua determinate da carenze d’impermeabilizzazione (Cass. nn. 11740/03,117/00 e 2260/98) e da inidonea realizzazione degli infissi (Cass. nn. 8140/04 e 1164/95), difetti che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi di manutenzione ordinaria indicati dalla lettera a dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457 e cioè con “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici” o con “opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti” (così, Cass. n. 1164/95).

In soldoni la Cassazione ci sta dicendo che la garanzia di chi esegue il lavoro va al di là delle polizze, e che deve essere totale per i lavori fatti! Il cliente ha la possibilità di ricorrere all’autorità giudiziaria per far sistemare gli interventi eseguiti male o non funzionanti.

Sperando che si faccia tesoro di questa sentenza migliorando la qualità del lavoro eseguito e migliorando le conoscenze tecniche degli operatori, senza continuare a guardare solo ed esclusivamente il prezzo, vi auguro di soddisfare tutti i vostri clienti e, per i clienti, di trovare imprese che possano soddisfarvi.

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Blog costruzione assistita - autocostruzione

Manutenzione ORDINARIA o STRORDINARIA?

Cerchiamo di capire le principali differenze tra queste due tipologie di lavori, così come stabilite dal Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001).

1. Lavori di manutenzione ordinaria.

Cosa sono. I lavori di “manutenzione ordinaria” sono quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

Questo tipo di interventi di manutenzione rientra nell’ambito dell’attività di edilizia libera e non richiede particolari titoli edilizi, ovvero, questi lavori non sono soggetti a particolari obblighi di comunicazione al Comune in cui si trova l’immobile, a meno che gli interventi non interessino l’impiantistica (per impianti termici ed elettrici servono apposite certificazioni) o che l’edificio non sia sottoposto a un vincolo da parte della Soprintendenza ai beni architettonici (in tal caso servirà una specifica autorizzazione) o vincolo comunale. Si consiglia comunque di parlarne con il vostro tecnico di fiducia per valutare se il vostro comune ha particolari richieste (ogni comune ha un regolamento differente che comporta specifiche richieste)

Iva applicabile. Se gli interventi di manutenzione ordinaria riguardano immobili strumentali l’Iva è al 21%, se riguardano immobili a prevalente uso abitativo privato è al 10%. Al momento l’aliquota ridotta non ha scadenza.

Esempi di lavori ordinari. I lavori di manutenzione ordinaria sono finalizzati a tutelare l’integrità della costruzione e la conservazione della sua funzionalità, senza alterare l’aspetto esteriore dell’edificio. Tra questo tipo di interventi rientrano:
– demolizione e ricostruzione totale o parziale dei pavimenti (maioliche, parquet, linoleum);
– rifacimento pavimentazioni esterne e manti di copertura con medesimi materiali;
– riparazione e manutenzione degli impianti per servizi accessori (idraulico-fognari, allontanamento acque meteoriche, illuminazione, riscaldamento, ventilazione) tali da non comportare la creazione di nuovi volumi tecnici;
– redistribuzione degli spazi interni di un appartamento mediante demolizione di tramezzi e modifica delle ripartizione delle stanze;
– rivestimenti e tinteggiature (anche pulitura facciate) di prospetti esterni senza modificare i preesistenti materiali e colori;
– tinteggiatura e rifacimento di intonaci interni;
– sostituzione di tegole e delle altre parti deteriorate per lo smaltimento delle acque (comprese le grondaie) e il rinnovo delle impermeabilizzazioni;
– riparazione di balconi, terrazze con le relative pavimentazioni, balaustre;
– riparazioni di recinzioni, grondaie, comignoli, parapetti;
– sostituzione degli impianti citofonici;
– sostituzione degli infissi esterni e dei serramenti senza modificare i materiali esistenti (finestre, persiane, serrande, porte, vetrine di negozi);
– installazione di beni significativi (ascensori e montacarichi, infissi esterni ed interni, caldaie, videocitofoni, apparecchi di condizionamento e riciclo dell’aria, sanitari e rubinetterie da bagno, impianti di sicurezza, tende da sole o zanzariere).

ATTENZIONE: QUANTO SOPRA DETTO E’ VERO PER IL DPR 380/2001, MA LE NORME ENERGETICHE SUDDIVIDONO I LAVORI TRA MANUTENZIONE ORDINARIA E STRAORDINARIA IN MANIERA DIFFERENTE, PERTANTO SI CONSIGLIA DI CONTATTARE IL TECNICO DI FIDUCIA IN MODO TALE DA NON COMMETTERE ERRORI DI VALUTAZIONE.

2. Lavori di manutenzione straordinaria.

Cosa sono. I lavori di “manutenzione straordinaria” sono quelli che riguardano le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche alle destinazioni d’uso.

Per questa tipologia di interventi va richiesto uno specifico titol oedilizio al Comune (DIA, SCIA, CIL, ecc…) e deve essere compilata da un tecnico e firmata dalla proprietà.

Iva applicabile. Vale la stessa regola dei lavori ordinari. Se gli interventi di manutenzione straordinaria riguardano immobili strumentali l’Iva è al 21%, se riguardano immobili a prevalente uso abitativo privato è al 10%. Al momento l’aliquota ridotta non ha scadenza.

Esempi di lavori straordinari. Sono classificati come interventi di manutenzione straordinaria:
– sostituzione di infissi esterni e serramenti o persiane con serrande, con modifica di materiale e di tipologia di infisso;
– realizzazione e adeguamento di canne fumarie, centrali termiche, scale di sicurezza, impianti di ascensori;
– modifica dei materiali e dei colori di facciata degli edifici (intonaci e tinteggi);
– realizzazione di chiusure o aperture interne che non modifichino lo schema distributivo delle unità immobiliari e dell’edificio;
– demolizione o sostituzione dei solai di copertura con materiali diversi dai preesistenti;
– realizzazione, integrazione o eliminazione di servizi-igienico sanitari o tecnologici senza alterazione dei volumi e delle superfici;
– consolidamento delle strutture di fondazione e in elevazione, opere di sottomurazione e di deumidificazione, nonché interventi di consolidamento nel sottosuolo;
– rifacimento o spostamento di scale interne e rampe, demolizione e ricostruzione di pareti divisorie;
– realizzazione di chiusure o aperture interne che non modifichino lo schema distributivo delle unità immobiliari e dell’edificio;
– realizzazione di recinzioni, muri di cinta e cancellate;
– interventi finalizzati al risparmio energetico;
– interventi di messa a norma degli edifici ai sensi della L. 46/90 (adeguamento impianti elettrici, idraulici e per l’erogazione del gas);
– realizzazione di manufatti esterni per la protezione dei contatori.

ATTENZIONE: QUANTO SOPRA DETTO E’ VERO PER IL DPR 380/2001, MA LE NORME ENERGETICHE SUDDIVIDONO I LAVORI TRA MANUTENZIONE ORDINARIA E STRAORDINARIA IN MANIERA DIFFERENTE, PERTANTO SI CONSIGLIA DI CONTATTARE IL TECNICO DI FIDUCIA IN MODO TALE DA NON COMMETTERE ERRORI DI VALUTAZIONE.

Enrico Gradellini

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Come realizzare un bocchettone di scarico

Uno dei punti più delicati da realizzare è il bocchettone di scarico, detto anche messicano. A seconda del tipo di impermeabilizzazione che si intende utilizzare il bocchettone di scarico dovrà essere realizzato in modo diverso; partiamo dal più comune: il bocchettone di scarico per impermeabilizzazioni bituminose:

bocchettoneCome potete vedere il bocchettone deve essere incapsulato in modo tale da non avere possibilità di perdita in caso di reflusso.

La procedura di posa è la seguente:

  • Si applica un fazzoletto di guaina bituminosa che sia di una decina di centimetri per lato più grande del bocchettone
  • Si posiziona il bocchettone (a seconda di come è fatto può essere scaldato, incollato o lasciato libero)
  • Si posiziona lo strato a tenuta, ossia l’impermeabilizzazione che andremo a fare su tutta la superficie da trattare; che sia monostrato o doppio strato non importa in quanto la procedura non cambia.

bocchettone_coibentatoPer quanto riguarda il bocchettone posizionato in copertura coibentata, è necessario porre l’accento proprio per il caso di reflusso che può esserci in caso di cattiva manutenzione o di casi di congelamento dello scarico.

  • Si procede con il posizionamento del fazzoletto di guaina da posizionarsi sopra il supporto;
  • Si posiziona il bocchettone sopra il fazzoletto (fin qui le stesse regole del bocchettone senza coibentazione);
  • Posizionamento della barriera o del freno al vapore; si consiglia l’utilizzo di una guaina termoadesiva o biadesiva in modo tale che possa aderire al meglio sia al bocchettone, sia al coibente;
  • Posizionamento del coibente scelto;
  • Posizionamento dello strato di guaina termoadesiva o, nel caso di utilizzo di una guaina adesiva, di un fazzoletto di guaina adesiva più grande di circa 10 cm rispetto al bocchettone;
  • Posizionamento di un bocchettone che vada ad infilarsi dentro quello posizionato sul supporto! attenzione: negli ultimi tempi si utilizzano coibenti molto spessi e i bocchettoni hanno, solitamente, una lunghezza di 15cm; proprio per questo è bene far attenzione e chiedere bocchettoni con la parte tubolare di lunghezza superiore in modo che non vi possa essere sversamento casuale all’interno dello strato di coibentazione.

bocchettone_sintetico

Il bocchettone di scarico eseguito con guaine sintetiche cambia in quanto la tipologia è non solo diversa, ma anche perchè i bocchettoni di scarico sono fatti esattamente dello stesso materiale del telo impermeabilizzante.

  • Si posiziona il bocchettone di scarico direttamente sul supporto;
  • Si stende il telo sintetico (PVC, TPO, EPDM), si fissa secondo i canoni tipici del tipo di telo (Pistola ad aria calda o chimicamente);
  • Si procede con il fissaggio meccanico del sistema bocchettone/telo come se si procedesse al fissaggio meccanico al piede del muro in elevazione.

Per quanto riguarda il bocchettone di scarico fatto con resine o con malte cementizie, si procede come per il bocchettone in guaina non coibentato, facendo attenzione a sostituire la guaina bituminosa con la resina o la malta cementizia; in particolare è necessario porre l’accento sulle malte cementizie: essendo i bocchettoni di scarico in materiale termoplastico (solitamente) bisognerà usare l’attenzione di inserire il tessuto di armatura anche al di sopra del bocchettone in modo tale da creare un collegamento con l’impermeabilizzazione principale ed evitare che questa possa creare fessurazioni.

Una nota particolare deve essere fatta per i bocchettoni di scarico in rame o lamiera: sono resistentissimi, ma hanno la particolarità di essere delle lame pronte a tagliare lo strato a tenuta! Assolutamente sconsigliato con le malte cementizie, il bocchettone in rame o lamiera può essere usato tranquillamente a patto che si proceda all’uso di alcuni accorgimenti: arrotondare gli angoli in modo che non vi siano spigoli taglienti; procedere con delle sigillatura preventive con mastice bituminoso (nel caso di guaine bituminose) o mastice EPDM (nel caso di sintetici) che coprano completamente i bordi taglienti del bocchettone. Facendo così si crea uno strato gommoso e perennemente plastico che proteggerà lo strato a tenuta; nel caso di impermeabilizzazione con resine si richiede l’uso di idonea armatura con caratteristiche di plasticità e antipunzonamento; assolutamente non usare fibre di vetro! queste, altamente stabili, si romperebbero e non avrebbero alcuna utilità!

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Giardini Pensili – Capitolo 1

Quando parliamo di giardino pensile o tetto verde indichiamo un sistema composto da: supporto strutturale, impermeabilizzazione,elementi di recupero acqua e/o drenaggio, zona drenante naturale, substrato coltivo e vegetazione, il tutto ben separato dal suolo e sottosuolo.

Curiosando nel web notiamo che vi sono numerosi realizzatori di giardini pensili faccio notare che tutti diciamo pressoché le stesse cose e che abbiamo linee guida da seguire dettate dalla normativa UNI 11235:2007 “istruzioni per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione di coperture a verde” (se qualcuno vi dice il contrario vi invito a dubitarne) nel mio piccolo cercherò di parlarne nel modo più concreto possibile riassumendo molto, resto comunque a disposizione per chiarimenti. Altro piccolo consiglio non fermatevi mai ad un preventivo, cercate di capire il perché delle differenze di costo ( perché tanto è quello che sposta l’ago della bilancia) controllando o facendo controllare le schede tecniche dei materiali. I materiali che possono avere la stessa classificazione ma, nella realtà possono avere peculiarità differenti che sbilanciano la corretta realizzazione dell’opera. ATTENZIONE però a non concentrare sul risparmio incondizionato la scelta finale perché quello che risparmiate ora potete spenderlo con gli interessi successivamente.

Detto questo, perché voglio un giardino verde dove ho solo piastrelle o cemento?

Tralasciando momentaneamente le caratteristiche tecniche, le modalità costruttive, le filosofie e i miei commenti, (le scriverò più avanti) inizio subito a illustrare i benefici che un giardino pensile ci può dare.

Benefici personali ed ecologici:

  1. Benessere psico-fisico
  2. Aumento della Biodiversità vegetale e animale.
  3. Creazione di un micro-clima differenza di temperatura tra un tetto/terrazza bituminoso, coperto a piastrelle, coperto a verde.
  4. Riduzione dell’effetto isola di calore
  5. Riduzione dell’inquinamento sonoro
  6. Riduzione dell’inquinamento elettromagnetico o elettrosmog
  7. Fissaggio delle polveri trasportate dal vento sia naturali che inquinanti. Inoltre le piante trattengono le sostanze nocive eliminandole.

Benefici economici:

  1. Risparmio sui costi energetici di riscaldamento e raffrescamento
  2. Aumento della durata del tetto, con risparmio in costi di risanamento
  3. Risparmio idrico (inteso per l’irrigazione)
  4. Sgravio del carico idraulico sulla rete fognaria per via del ritardo dello scarico di acqua, evitando allagamenti.

Benefici alle guaine:

  1. Protezione meccanica della guaina e degli strati di copertura
  2. Protezione agli agenti estremi causati da gelate
  3. Protezione dai raggi solari

Svantaggi:

forse nessuno lo dice mai, ma ci sono anche quelli! Quando parliamo di giardino pensile, tetto verde o coperture a verde o qualsiasi altro termine, abbiamo una costante di un’ elemento VIVO: la vegetazione. Quest’elemento ha comunque bisogno di cure e permettetemi l’espressione di essere ascoltato e capito! Niente di trascendentale e difficile solo un po’ di manutenzione, pura e semplice manutenzione. Ma attenzione ci sono vari livelli di manutenzione:

Estetica: è naturale che se vogliamo mantenere un certo standard di bellezza e di gioia nel vivere il nostro giardino delle meraviglie bisogna mantenerlo.
Funzionale: tenere controllati e puliti gli scarichi, non lasciare che le infestanti crescano e arrechino danni

Di manutenzioni ne parleremo comunque nei prossimi capitoli.

Non mi sembra di aver dimenticato nulla! Ora analizziamo brevemente tutti i punti descritti:

Benessere psico-fisico: qui è semplice! Un’ esempio è arrivare a casa in piena estate togliersi le scarpe e girare a piedi nudi in terrazza senza bollirli! Esagero? Provate a farlo su una terrazza in estate e in pieno sole…… Esempi come questo se ne possono fare parecchi, lascio la libera interpretazione.

Biodiversità vegetale e animale: se noi riportiamo la natura con piante è normale che poi queste vengano abitate dagli insetti e piccoli animali esattamente come in un giardino a terra.

Micro-clima: studi hanno evidenziato, in piena estate, che tra un tetto o una copertura piana non ricoperta a verde e una copertura a verde si possono avere fino a 55°C di differenza (NON MI SONO SBAGLIATO), un risultato simile si ha anche tra strade e giardini. Ora le variabili che possono portare a questi risultati sono proporzionali al tipo di copertura che andremo a fare, comunque sono risultati impressionanti.

Riduzione dell’effetto isola di calore urbana: questo fenomeno à ampiamente descritto nel web. Comunque l’abbassamento delle temperature, indicato in micro-clima, fa si che anche l’ambiente circostante ne tragga beneficio diminuendo le temperature.

Inquinamento acustico: vi è una riduzione notevole, nel piano inferiore, dell’inquinamento sonoro. Un’ esempio che non stancherò mai di portare è: in cava, dove vi assicuro bisogna urlare per farsi sentire da chi è vicino, quando passi dietro ad un cumulo di lapillo vulcanico poi tranquillamente sussurrare. Provare per credere!

Inquinamento elettromagnetico: il giardino pensile riesce a bloccare più del 90% delle emissioni elettromagnetiche. Studi esteri lo dimostrano.

Riduzione delle polveri: ci sono studi condotti, anche da ammirevoli Amministrazioni Comunali, per ridurre l’inquinamento causato dalle polveri, a fine articolo metto tutti i link necessari per vedere questi trattati. Il manto erboso comunque trattiene le polveri per un po’, il tempo necessario perché la pioggia o l’irrigazione lavino le particelle più grosse. Per le polveri sottili e gli ossidi di azoto vengono eliminati in maniera proporzionale alla superficie fogliare, più ne abbiamo e più ne vengono smaltiti.

Risparmio sui costi energetici: il lapillo vulcanico è per natura un’isolante termico, per questo la dispersione di calore nei mesi invernali è contenuta. Nei mesi estivi si ha uno sfasamento temporale del flusso di calore. Questi due fenomeni sono proporzionali alla stratigrafia utilizzata e al tipo di copertura verde.

Risparmio sui costi di manutenzione del tetto e Benefici dello strato a tenuta all’acqua: l’azione che la copertura verde ha sulla salvaguardia e la longevità delle guaine impermeabili sono notevoli.
Meccanica: la guaina, soprattutto quella bituminosa, è protetta da uno strato di terreno coltivo e protezioni antiradici.
Termica: non ha sbalzi di temperatura, non subisce picchi di calore e non subisce il ghiaccio e il disgelo.
È sempre areata.
Tutto questo comporta un’ aumento della longevità, se si tratta di guaina bituminosa e una lunga, ma lunga vita se si tratta di guaina in EPDM.

Risparmio idrico: ci sono più elementi che possono aiutare a risparmiare acqua. Le lastre su cui si appoggia la stratigrafia coltiva, la stratigrafia coltiva che contiene Lapillo Vulcanico e le vasche di recupero acqua piovana (opzionali).

Sgravio sulla rete fognaria: i sistemi pensili offrono il vantaggio di ritardare l’inserimento di una parte dell’acqua nel circuito fognario, dando meno possibilità ai fenomeni eccezionali di allagare le zone circostanti alla nostra abitazione o lungo la rete. L’altra parte dell’acqua rimane intrappolata nei piccoli serbatoi che indicavo prima, nel substrato e nella parte drenante ricca di Lapillo Vulcanico. Una parte di quest’ultima viene utilizzata dalle piante per sopravvivere e un’altra evapora nell’atmosfera.

Indicherò due link per 2 pdf molto interessanti:

http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/mlg-78.3-2012-verde-pensile.pdf

http://ambiente.comune.forli.fc.it/public/cms_page_media/48/Sintesi%20Relazione%20Verde%20Urbano%20Forl%C3%AC_784_6788.pdf

 

Per il momento è tutto mi auguro di essere stato d’aiuto, nel prossimo capitolo parlerò delle filosofie e dei nostri metodi costruttivi.

Cordiali saluti

Fabio Cerè

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Coibentazioni Fotovoltaico Impermeabilizzazioni

I tessuti non tessuti

Quante volte ci siamo trovati a guardare un capitolato dove vi è scritto: “TNT da 200 gr”. Ma di cosa si tratta? A cosa serve? E’ corretta la dicitura? Come possiamo prenderci la responsabilità di montare ciò che non conosciamo?… beh quest’ultima domanda di solito me la faccio solo io…… ma penso che i miei dubbi e le risposte che ho trovato possano servire a tanti per capire un mondo sconosciuto (tranne per i pochi addetti ai lavori) che siamo costretti ad utilizzare.

Grazie all’incontro avuto con l’ing. Bianchini ho scoperto, innanzitutto, a cosa servono i TNT: per prima cosa sono dei separatori tra strati! Il loro maggior uso è nel mondo agricolo e stradale, ma hanno anche uno scopo di antipunzonamento e protezione.

In base al loro utilizzo dobbiamo renderci conto che dobbiamo andare a ricercare alcune caratteristiche che sono peculiari e fondamentali per la realizzazione del lavoro.

Separazione: ha lo scopo di separare due strati di materiali facendo sì che l’acqua penetri attraverso la stratigrafia senza portarsi dietro i materiali di ogni singolo strato; in questo caso dobbiamo cercare la permeabilità verticale, ossia la possibilità di far passare l’acqua verso il basso e l’ Apertura dei pori, ossia quale diametro di materiale riesce a trattenere. Nel primo caso la scelta è facile: più è leggero il TNT più acqua passa e in scheda tecnica dobbiamo cercare il materiale con il valore più alto, nel secondo caso dobbiamo sceglierlo in base a ciò che dobbiamo trattenere e più piccolo è il valore migliore è il sistema di filtraggio! Ovviamente la scelta deve ricadere nel prodotto che mi assolve meglio il problema principale o il miglior compromesso tra il primo e il secondo dato! Notare che scrivere 200g non ha scopo in questo caso! Quindi è sbagliato!

Antipunzonamento: In questo caso abbiamo un TNT che ha lo scopo di proteggere ciò che abbiamo messo sotto di esso da un’azione puntuale; esempio tipico è il TNT utilizzato come antiradice. In questo caso abbiamo un dato che troviamo in scheda tecnica da utilizzare: la Resistenza al punzonamento. Questo valore ci dice quanti chili riesce a resistere il materiale prima che il punzone passi! il punzone che spesso troviamo sono le radici delle piante! Attenzione: le radici hanno la cattiva abitudine di non spingere solo verticalmente, ma di arrendersi quando la resistenza è troppa e cercare un punto debole! Dobbiamo allora ricordarci di saldare il TNT in sormonta per evitare che ciò avvenga. In questo specifico settore abbiamo anche una importante caratteristica che il TNT ha e crea nel tempo di esercizio: facendo passare l’acqua attraverso le sue fibre, ma trattenendo il terriccio al di sopra crea uno strato, detto “Cake“, che funge da filtro, trattenendo ciò che deve rimanere nello strato superiore! Ecco il motivo per cui è necessario che la stratigrafia di filtraggio e coltura dei giardini pensili sia studiata con i materiali opportuni.

Protezione: Questo è il campo in cui i TNT  vengono usati a totale protezione della stratigrafia sottostante, spesso e volentieri un sistema impermeabile come una guaina sintetica o bituminosa. Lo troviamo nel caso di tetto zavorrato, di tetto rovescio, di copertura pesante. Nel tetto zavorrato e nella copertura pesante, spesso, il TNT ha la funzione di proteggere l’impermeabilità della struttura. Quale dato dovremmo considerare allora? Sicuramente non ci interessa la permeabilità verticale, sicuramente non ci interessa l’apertura dei pori e neanche la resistenza al punzonamento (prima di gridare allo scandalo continuate a leggere), ma ci interessa l’Efficienza protettiva. Si tratta di un test che dimostra come quel dato TNT sia in grado di proteggere lo strato sottostante dalle deformazioni dovute alla pressione dello strato sovrastante! In soldoni: se sopra una guaina bituminosa metto un massetto che spinge con un suo peso, dobbiamo impedire che questo deformi la guaina fino a romperla; così come se usiamo una guaina in un tetto zavorrato con ghiaia, dobbiamo scegliere un TNT che impedisca alla ghiaia di rompere la guaina sottostante. Nei sistemi sintetici abbiamo anche l’utilizzo di un TNT che funge da strato di scorrimento sotto il telo impermeabilizzante: in questo caso non abbiamo necessità di altro dato che lo spessore! questo serve solo ad impedire che la guaina venga deformata o rotta da eventuali ostacoli posti nel piano di posa.

I TNT vengono utilizzati come strato drenante anche nelle massicciate dei canali, dove vengono, spesso, ricoperti gli argini da sassi. In questo caso ci interessa utilizzare un dato particolare: il Test a caduta: possiamo così sapere come si deformerà il TNT dopo avergli scaricato dall’alto i sassi di copertura.

Non dimentichiamo mai  che le schede tecniche devono essere complete e dichiarare con quale materiale è fatto il TNT (PP, PE, a fiocco, in filo continuo, etc.) e che in base a questo sappiamo anche quanto durerà nel tempo integro e funzionante.

In ogni caso dobbiamo ricordare che i TNT vengono utilizzati per uno scopo e ne abbiamo di tante forme, colori e materiali, ma sempre hanno bisogno di avere un dato che li accomuna e che ci dice quali sono i suoi valori importanti. Quindi quando vi diranno che dovrete usare un TNT da 200g ricordate al progettista che si deve informare bene su cosa vuole, perchè detto così non ha detto proprio nulla.

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La manutenzione delle coperture

L’autunno è arrivato e, come tutti gli anni, arriva la pioggia! avrete visto torrenti che straripano, fiumi che innondano le campagne o che devastano città!

Certo su questo si può fare poco… e quel poco non viene neanche fatto, ma più importante è cosa possiamo fare noi, quotidianamente, per far si che il nostro tetto non perda acqua da dove non deve!

La cosa più importante da fare, soprattutto in questa stagione, è la manutenzione della copertura!

Sembra strano, ma, se ci pensiamo bene non è così: siamo abituati a fare il tagliando alla macchina ma non vogliamo spendere due minuti per controllare se gli scarichi della nostra terrazza sono intasati; siamo abituati a spendere soldi per far sfalciare l’erba davanti al nostro capannone, ma non vogliamo spendere soldi per controllare se l’impermeabilizzazione del tetto del capannone tiene o no!

A livello visivo il controllo di una copertura può farlo chiunque, anche il proprietario stesso e le operazioni più semplici di manutenzione, pulizia degli scarichi e rimozione di tutto ciò che si trova sulla copertura ma non dovrebbe esserci, risparmiando denaro; meno facile è capire se il manto è perfetto o vanno fatte opere di manutenzione ordinaria o straordinaria: in questo caso è necessario chiamare un professionista, meglio chi ha eseguito la copertura in quanto la deve garantire, che faccia i controlli sui sormonti, su eventuali danneggiamenti dovuti a manutenzione di impianti o passaggio di animali (non sembra, ma le gazze amano i tetti dei capannoni e ci depositano vetri di tutti i tipi per attirare le femmine).

Per poter tenere conto di ciò che è stato fatto e potersi avvalere di tutte le garanzie in caso di perdite, è necessario redigere un verbale di manutenzione o compilare un libretto di manutenzione che gli applicatori professionisti dovrebbero rilasciare! La documentazione su ciò che è stato fatto e i controlli eseguiti sono come i timbri sul libretto di manutenzione della macchina, vi permettono di usufruire delle garanzie di legge.

Un’ultima cosa: quante volte è necessario fare questa manutenzione? la parte che si può fare da soli almeno tre/quattro volte l’anno; quella ove è richiesto un professionista si può fare una sola volta l’anno nel periodo autunnale, prima che il freddo impedisca eventuali lavorazioni da eseguire.

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Quanto vale una buona coibentazione del tetto e cosa conviene fare

Spesso, parlando con la gente, mi accorgo che nessuno ha un’idea vera, seria, e soprattutto reale di come fare per risparmiare combustibile o migliorare le condizioni abitative di casa propria o di un altro locale in cui passa la maggior parte del tempo (uffici, magazzini, negozi, ecc…). Faccio un esempio per spiegarmi meglio: molti pensano che se si ha freddo in inverno o caldo in estate in un edificio di vetro la colpa è dell’impianto che non fa abbastanza caldo o freddo quando dovrebbe essere ovvio che un edificio di vetro è e sempre sarà un edificio energivoro. Oppure mi si dice spesso che il costo delle bollette dipende dagli “spifferi” che vengono dalle finestre… mentre in realtà gli spifferi non incidono più del 1 o 2% (e spesso meno dell’1%) sul consumo di energia per scaldare casa.
Il problema è proprio questo: molte persone si fidano delle chiacchiere da bar con soluzioni consigliate da persone che spesso non sanno nemmeno cosa voglia dire isolamento termico, ne tantomeno conoscono le proprietà (positive e negative) dei materiali.

Nel nostro mestiere la cosa migliore è prima isolare la cassa (l’edificio, che sia una casa o un capannone), poi migliorare gli impianti. Migliorare la cassa dell’edificio vuol dire isolare termicamente, ma da dove si deve iniziare?? Io innanzitutto consiglio di iniziare dal “bersaglio grosso”, ovvero cercare quel componente che ha i maggiori metri quadrati… e generalmente non sono i vetri. Questo perché se lavoro su una superficie molto grande isolerò una zona molto più grande e quindi con vantaggi molto più grandi, e il lavoro costerà sempre un po’ meno grazie alle “economie di scala” (il ponteggio è sempre uno, il sopralluogo è sempre uno, la contabilità è sempre una, ecc…).

Parliamo del tetto. Perché e come isolare i tetti.
Il perché è semplice ma innanzitutto bisogna capire di cosa stiamo parlando: di case o uffici (e quindi edifici di piccola metratura) o di capannoni e magazzini (ovvero edifici di grande metratura). Nel secondo caso il tetto è una delle aree maggiori, nel primo caso il tetto è una delle maggiori cause del riscaldamento estivo.

Il come dipende. Se il vostro problema è solo il periodo invernale l’isolamento termico che fa per voi è quello classico: fatto con un materiale isolante o a base plastica o a base naturale che abbia una buon coefficiente di isolamento termico (per i capannoni può essere interessate pensare ad isolamenti a spruzzo). Ma se il vostro problema è anche estivo allora quanto appena detto non va più bene; in caso di problema anche estivo dovrete utilizzare un materiale che lavori bene sia in inverno che in estate e le soluzioni sono sostanzialmente 2:
1) Usare un isolante “classico” abbastanza pesante, con un peso superiore ai 120kg/m2 (pannelli in perlite, in lana di roccia o di vetro, lana di pecora se volete un materiale veramente ecologico, lana di legno ma solo per i tetti in legno) che permetta un buon isolamento termico in inverno ed una buona massa per il periodo estivo, facendo così in modo che il calore ricevuto durante il giorno non entri in casa vostra ma stia sul tetto fino all’avvento della notte.
2) Usare un isolante riflettente. Questo isolante lavora con le onde elettromagnetiche. In inverno il calore che viene dalla casa e vuole uscire viene fatto rimbalzare verso l’interno. In estate il procedimento si inverte e l’onda termica che viene dal sole colpisce l’isolante che funziona come uno specchio e lo fa rimbalzare verso l’esterno.
Come vedete entrambe le soluzioni non sono quelle consigliate al bar sottocasa dal sempre presente “so tutto io”, ma sono soluzioni articolate che debbono esser prese conoscendo i pregi ed i difetti di ogni materiale.

Personalmente trovo entrambe le due tipologie di intervento utili e versatili in qualunque stagione; e le preferisco a soluzioni dove viene usato solamente un isolante plastico ed ho avuto esperienze molto interessanti sia sull’uso di isolanti riflettenti che sull’uso di materiali ad alta massa come la perlite.

Articolo redatto da Enrico Gradellini